Un prefetto, certo. Un «servitore dello Stato», come ama definirsi. Ma non un tecnico. Perché Matteo Piantedosi, ministro dell’Interno ed estensore del “decreto rave”, sembra aver chiari in mente obiettivi e scopi politici del suo ruolo. Almeno a giudicare da quanto dichiarato al Corriere della Sera in un’intervista rilasciata per spiegare la ratio del provvedimento che inasprisce le pene per organizzatori e frequentatori di feste da ballo illegali e forse anche per altri tipi di eventi. «Questo governo ha ottenuto un forte mandato elettorale dai cittadini su temi precisi. So cosa devo fare», dice il titolare del Viminale, entrando subito nella parte di chi condivide pienamente la visione del mondo di Giorgia Meloni e Matteo Salvini, al quale è legato da un sentimento di «gratitudine per la fiducia che mi ha sempre dimostrato». Del resto, si sa, Piantedosi, già capo di gabinetto al dicastero un tempo guidato dal “capitano”, ha affiancato Salvini all’epoca dei “porti chiusi” e dei decreti sicurezza, non bisogna dunque stupersi del «rapporto di amicizia» che lo lega al leader del Carroccio.

È la dimensione politica del prefetto che forse sorprende un po’. «La tutela della sicurezza è una priorità per la coalizione che ha vinto le scorse elezioni» , spiega Piantedosi. «Occorre agire su più fronti contemporaneamente, rafforzando la presenza delle forze di polizia nelle nostre città ma anche affrontando questioni come il degrado urbano, le fragilità e le marginalità, le difficoltà dei nostri giovani, operando insieme con il mondo della scuola e della cultura», aggiunge il ministro dell’Interno, muovendosi perfettamente nel solco melonian- salviniano. Ovviamente anche sulla questione migranti. «Auspichiamo che la tanto sbandierata solidarietà europea si realizzi», dice Piantedosi, ricalcando le posizioni della Lega ai tempi dei fasti gialloverdi.

«E non solo attraverso i ricollocamenti, peraltro finora sostanzialmente falliti, ma anche accettando di farsi carico dell’accoglienza di quella minima parte che sostanzialmente mette piede per la prima volta in quegli stessi Paesi europei ai quali appartengono le navi che li raccolgono in acque internazionali». Dunque, «non derogheremo mai ai nostri doveri di salvataggio delle persone in mare, ma crediamo sia arrivato il momento che la solidarietà europea diventi finalmente concreta», conclude Matteo Piantedosi, svestendo definitivamente i panni del “tecnico”. O almeno quelli che parecchi osservatori gli avevano messo addosso all’indomani della nomina.