La pace si costruisce dal ritiro russo dall’Ucraina. Partono da questo assunto gli organizzatori della manifestazione organizzata per oggi pomeriggio a Roma, con inizio alle 18.30, davanti all’ambasciata della Federazione Russa.

La piattaforma dell’appello “Non c’è vera pace senza verità. Non c’è verità senza libertà” è stata lanciata da Marco Bentivogli, Angelo Moretti Marianella Sclavi, Riccardo Bonacina e dagli intellettuali Luigi Manconi, Massimo Recalcati e Sandro Veronesi.

In questo contesto l’Europa deve ritagliarsi un ruolo da protagonista, stare in prima linea per costruire un nuovo quadro di pace e sicurezza per tutti, basato sul miglioramento delle democrazie, rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di ogni paese. «Non possiamo fermare la guerra – dice Marco Bentivogli di Base Italia - con le nostre mani, ma insieme possiamo chiedere di far avanzare la pace! Siamo tutti Ucraini, Siamo tutti Europei».

L’iniziativa per la pace contro la guerra unisce attivisti ed esponenti politici. Cosa proponete concretamente?

Il cessate fuoco immediato e il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina. Chiediamo inoltre l’avvio di negoziati a livello internazionale, il rispetto della libertà di espressione, di parola, di obiezione di coscienza e di manifestazione in Russia. È fondamentale l’avvio di un percorso, viste le minacce nucleari, basato su accordi internazionali finalizzati proprio al disarmo nucleare.

All’iniziativa di oggi chi ha aderito?

Contrariamente a quello che si dice, questa è una iniziativa costruita dalla società civile. È partita dal Movimento europeo azione non violenta ( Mean), Base Italia e Liberi Oltre. Siamo impegnati da diverso tempo con iniziative anche in Ucraina, a Kiev e a Leopoli. Saremo nuovamente a Leopoli con i sindaci dal 24 al 26 ottobre prossimi. Hanno aderito alcune forze politiche, come Pd, + Europa e Verdi. A titolo personale parteciperanno alcuni esponenti del terzo polo. Abbiamo pensato di adottare una modalità ben precisa: quella di chiedere la pace, considerando la necessità di pensare che non può esserci equidistanza tra aggredito ed aggressore. In questa fase Putin sta perdendo sul campo e per questo minaccia di usare le armi nucleari. Bisogna ritornare ai confini definiti nel 1991 e riconoscere la piena sovranità ed indipendenza di tutto il territorio ucraino.

Il luogo della manifestazione non è casuale… Proprio così. La manifestazione davanti all’ambasciata russa intende ribadire le responsabilità di Putin. Su questo anche le iniziative che sottolineano lo scontro tra la Nato e la Russia possono avere un carattere fuorviante, perché negano il diritto alla autodeterminazione dei popoli. Alcuni hanno un riflesso pavloviano per cui diventano pacifisti solo nei conflitti in cui sentono la parola “Nato”. Per noi vale per i curdi, per i vietnamiti e per gli ucraini. L’autodeterminazione dei popoli prevede, in assenza di altre soluzioni, la resistenza. Non è pace chiedere al popolo ucraino di arrendersi, per riprendere il pensiero di Emmanuel Mounnier. I costruttori di pace combattono contro i guerrafondai, ma anche contro i pacifisti ideologici che identificano la pace come una resa.

Se si dovesse trovare di fronte all’ambasciatore russo, cosa gli direbbe?

Gli direi che rappresenta una potenza imperialista, che ha la responsabilità dei massacri e delle violenze barbariche che non hanno alcuna giustificazione. E che stanno mettendo in ginocchio il popolo russo, sempre più povero. Gli chiederei contemporaneamente di cambiare registro rispetto alla “guerra sporca” che da anni la Russia conduce con le campagne di disinformazione su tutti i temi - dai vaccini alla guerra - e con il sostegno esplicito alle forze nazional- populiste.

Pacifismo e sostenitori della pace, i pacificatori, mai come in questo periodo stanno facendo emergere le loro differenze di approccio in riferimento alla guerra in Ucraina. I pacifisti hanno un approccio ideologico, i pacificatori propendono per soluzioni concrete. Cosa ne pensa?

Come dice Luigi Manconi, il movimento della pace ha avuto da sempre al suo interno due elementi. Da un lato una visione profetica, di origine laica o religiosa; dall’altro una visione più politica soprattutto più concreta in termini di iniziative da mettere in campo. Questi due elementi sono assolutamente fondamentali, ma non esiste il primo senza il secondo. Per questo come Mean e Base Italia sosteniamo nel nostro paese e a livello europeo il rilancio dei corpi civili di pace. Si tratta di una grande intuizione di Alexander Langer, che restituiva e può restituire alle popolazioni e ai governi la battaglia per la pace. La pace non la costruiscono solo i governi. Svolge un ruolo fondamentale anche la popolazione, i mondi vitali di ogni paese.

L’ismo messo in correlazione con la parola pace, in questa fase, raccoglie solo la visione profetica e al tempo stesso fa confusione con un atteggiamento che ben spiega Alessandro Maran, secondo il quale “più che la pace vogliamo essere lasciati in pace”. Ormai, nell’occidente, a causa anche di una sorta di assuefazione dalla partecipazione politica, si considerano la pace, la democrazia e i diritti come elementi acquisiti, dati per scontati. La resistenza ucraina per questo motivo viene vista quasi con fastidio.

Base Italia e Mean ritorneranno presto in Ucraina, dopo l’esperienza dello scorso luglio. Sfiderete di nuovo i bombardamenti?

Ritorneremo alla fine di ottobre nell’ambito di un progetto già lanciato e destinato a proseguire nel tempo. Saremo a Leopoli dal 24 ottobre, favorendo il gemellaggio tra i sindaci italiani e i sindaci ucraini. Il progetto va avanti perché c’è un grande bisogno di mettere insieme la società civile dell’Italia e dell’Ucraina. L’Ucraina è ferita sotto tanti punti di vista e cercheremo, con i progetti di cooperazione e di interscambio, di costruire un’Europa con dei punti di contatto e la condivisione di valori.