Per la senatrice Licia Ronzulli, quarantenne di punta di Forza Italia, che la rivista francese Madame Le Figaro collocò già nel 2010 quando era europarlamentare al terzo posto delle donne più influenti dell’anno, si sono scomodate sui social tutte le categorie dell’ampio catalogo della misoginia di ieri, oggi e domani.

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Non è questione di politically correct ma della oggettiva sproporzione tra qualsiasi posizione lei prenda e la gogna di critiche, spesso condite da insulti, cui è sottoposta via web. Nel mirino la sua rigorosa posizione sui vaccini e la politica sanitaria dei tempi del lockdown. Persino l’essere una ex infermiera, con tanto di specializzazione in management ospedaliero, per lei è diventato motivo di scherno. Ma social a parte, sul piano politico sarebbe anche, come scrive l’agenzia giornalista Agi, la sua posizione rigorosa su vaccini e restrizioni in pandemia, non condivisa da FdI, a costarle ora la mancata nomina al ministero della Salute. Un ministero di peso per Ronzulli chiesto da Silvio Berlusconi, di cui la vicecapogruppo uscente dei senatori è la più stretta collaboratrice. Il Cav, comunque, non molla per ministeri chiave e comunque con portafoglio sulla senatrice e sul suo numero due Antonio Tajani, peraltro cofondatore di FI con Antonio Martino, dato sempre in pole per gli Esteri. Da FdI vengono varie dichiarazioni, come quelle di Francesco Lollobrigida, capogruppo alla Camera, e di Fabio Rampelli cofondatore del partito e vicepresidente di Montecitorio, che smentiscono «veti» nei confronti di Ronzulli e di alcun altro. Resta il fatto che il “caso” ormai è finito sotto i riflettori del toto-nomi.

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C’è anche chi parla di diffidenza nei confronti di Ronzulli, che per FI è anche responsabile per i rapporti con gli alleati, perché ritenuta dell’area azzurra filo-leghista, vicina a Matteo Salvini. Area che però in realtà, anche se cambiano stagioni e esponenti politici, c’è sempre stata e sarebbe più preciso definire filo diretto tra Arcore e Via Bellerio, cementato da oggettive politiche di impronta liberal-imprenditoriale del Nord. Ronzulli è la “capa” dello staff di Arcore, persona di stretta fiducia oltre che dell’ex premier, fondatore del centrodestra, della stessa figlia del Cav Marina Berlusconi, la presidente di Fininvest e del Gruppo Mondadori, indicata più volte come possibile successore del padre in politica, ipotesi però sempre seccamente smentita dalla stressa top manager, una delle donne ritenute più influenti del mondo dalle classifiche di quotate riviste. La fiducia di “Marina” in “Licia” non sarebbe solo di carattere personale, in quanto ritenuta persona di famiglia ma di natura soprattutto politica. E, comunque, molti ancora ricordano la grinta con cui la senatrice tenne testa allo stesso Cav, per ammorbidirne alcune uscite molto aspre soprattutto con i Cinque Stelle, nella difficile campagna elettorale del 2018, quando ci fu il sorpasso mai digerito da Berlusconi su FI da parte della Lega. Figlia di un carabiniere, contraddistintasi, quando nel 2010 arrivò a Strasburgo, per aver aver portato in aula sua figlia piccolissima, proprio per rimarcare la necessità di politiche a favore delle madri lavoratrici, il ruolo di potere che occupa a Arcore non poteva non fruttarle anche alcuni veleni e invidie interne al partito, da parte di non ricandidati soprattutto a causa del taglio dei parlamentari. I maligni parlano anche di scarsa empatia tra Ronzulli e la premier in pectore Giorgia Meloni, ma qui siamo sul piano del gossip e l’empatia è questione che ovviamente riguarda i rapporti di tutti, donne e uomini anche in politica. Resta il fatto che Berlusconi oltre che sul vicepresidente e coordinatore di FI Tajani, non intende mollare neppure su Ronzulli. E se non sarà, come sembra, la Salute, per lei chiede un ministero con portafoglio. Il borsino del toto-nomi fino a ieri sera dava Ronzulli in quota Turismo. Il capogruppo azzurro a Montecitorio, Paolo Barelli, ha dichiarato anche lui oltre agli esponenti di FdI che per la senatrice veti non ci sono. Rampelli (FdI) assicura che sarà un governo di «alto profilo» e si stanno cercando «le personalità migliori». Ma dentro il partito azzurro fanno notare che è difficile mettere in discussione la capacità del Cav di individuare la classe dirigente, dal momento che proprio lui candidò per primo Marcello Pera e Giulio Tremonti, personalità che oggi sono state elette con FdI.