Non c'è analista politico che non sia pronto a sostenere, con dovizia d'argomenti e abbondanza di esempi, che la politica ha le sue rigorose leggi, ignorare o trasgredire le quali è sempre esiziale. Gli stessi dotti, tuttavia, non esiteranno a riconoscere, alla faccia della contraddizione implicita, che in politica la fortuna ha tutto il suo peso e che i rari politici baciati dalla sorte hanno una marcia in più che sfugge a ogni legge: vengono innalzati anche al di là dei loro meriti, godono di una rendita di posizione dovuta alle circostanze oltre che alle loro eventuali doti, quando capitombolano cadono in piedi.

L'esempio più universalmente citato è quello di Romano Prodi, a proposito del quale i compagni di scuola ricordano l'abitudine di toccargli i capelli prima delle interrogazioni per ingraziarsi il fato. Stando ai sondaggi il M5S di Giuseppe Conte è la forza politica che più cresce in campagna elettorale e che promette di affermarsi come terzo partito italiano dopo FdI e Pd. Nonostante una campagna mediatica schiacciante che da mesi lo dipinge come il reprobo traditore e infido che ha provocato la caduta del Migliore, l'instabilità che minaccia il Paese e i suoi abitanti, la prevedibile vittoria della destra. Se le cose andranno davvero così per Conte si tratterà non di una semplice vittoria ma di un trionfo e alla fortuna, per l'ennesima volta nella folgorante carriera politica dell'avvocato, bisognerà attribuirne almeno buona parte del merito.

Le quotazioni del M5S appena due mesi fa scendevano a precipizio. L'appoggio a un governo Draghi che non teneva in alcun conto le richieste di quello che era all'epoca il primo partito della maggioranza e un'alleanza sempre più ancillare e subordinata con il Pd ne stavano erodendo i consensi con la velocità di un roditore gigante. Conte però sembrava avere le mani legate dalla legge elettorale e dalla potenza dell'armata mediatica. Provare a tirarsi fuori da un percorso che lo condannava all'irrilevanza avrebbe infatti significato dover affrontare da solo la prova dei collegi e subìre il classico massacro mediatico che in questi casi puntualmente scatta. Il Pd era convinto che Conte non avrebbe osato e in effetti Conte tutto voleva tranne che arrivare a una rottura irrecuperabile, nonostante i duri spingessero in quella direzione.

Nei calcoli dell'ex premier, la decisione di astenersi dal voto era una mossa di mediazione, anche perché scelte del genere erano sinora sempre state interpretate così. Dopo l'esplosione sarebbe stato più che disposto a ricucire un'alleanza, anche solo elettorale e in funzione anti destra con Letta. Il suo tentativo era quello di divincolarsi, recuperare una parte dei consensi la cui emorragia era appena stata certificata dalle amministrative, ma senza arrivare alla rottura totale.

Oggi, con i sondaggi squadernati davanti, è facile affermare che per Conte e per il Movimento affrontare le urne senza le ipoteche del sostegno totale e sottomesso al governo e dell'alleanza con il Pd era l'unica chance di sopravvivenza. Sul momento le cose erano molto meno chiare. Il Pd riteneva che rompere fosse al contrario un suicidio, e proprio per questo forzava tanto, e il leader dei 5S temeva fortemente che il Pd avesse ragione. Se si trova oggi in postazione che gli permetterà forse non solo di salvarsi ma anche di uscire vincente dalle urne è perché le circostanze e gli errori del Pd lo hanno collocato, controvoglia, in quella postazione. Questione di fortuna più che di calcolo strategico.

Che l' “avvocato del popolo” sia fortunato, del resto, era già evidente. Si è trovato premier contro ogni attesa e previsione per un gioco di circostanze. È rimasto a palazzo Chigi, alla guida di un'alleanza opposta alla prima e contro ogni logica, grazie a un gioco di equilibri politici che prescindeva dalla sua persona e dal suo operato. Ha conquistato una popolarità immensa e non ancora dissipata grazie a una pandemia imprevedibile.

Non significa che Conte non ci metta del suo. Vanta una capacità di bucare lo schermo invidiabile e superiore a quella di quasi tutti i competitor. È certamente astuto anche se spesso non assistito dall'audacia. Ma di certo anche al fattore misterioso e incontrollabile che tanto aiutava Romano Prodi Giuseppe Conte deve parecchio.