La precipitosa ritirata dall’Afghanistan e la conseguente caduta di Kabul in mano ai Talebani, il 15 agosto 2021, scosse le coscienze e mobilitò l’opinione pubblica internazionale, in maniera forse imprevista, anche considerato il periodo feriale. La pressione sui governi occidentali fu molto forte e, probabilmente, indusse alcuni di questi, tra i quali il nostro, ad organizzare dei ponti aerei che, però, consentirono solo in minima parte la salvezza alle migliaia di persone che si accalcavano fuori del perimetro dell’aeroporto di Kabul, ultima enclave ancore non caduta nelle mani dei talebani. Si trattava in massima parte di donne ed uomini che avevano collaborato, credendoci fortemente, a 20 anni di sviluppo sociale e di costruzione di uno Stato di diritto. Tra di essi numerosi avvocati, giudici e procuratori. Alcuni di loro si trovano attualmente in Pakistan, Iran o negli Emirati Arabi Uniti in attesa di trovare un paese ospitante. Altri meno fortunati sono rimasti in Afghanistan. Non dimenticheremo mai quelle scene. A distanza di un anno dalla presa di Kabul l’Osservatorio internazionale per gli avvocati in pericolo (OIAD) ha lanciato una campagna sui social media, che si è svolta tra l’8 ed il 15 agosto, per dimostrare il proprio impegno in favore dei colleghi afghani rimasti nel Paese o costretti all’esilio, affinché venga garantita l’esistenza di un ordine forense indipendente in Afghanistan. Una delle prime decisioni del nuovo Ministero della Giustizia talebano, infatti, è stata quella di richiedere a tutti gli avvocati afghani l’obbligo di un esame di abilitazione per continuare a esercitare la professione. Secondo le informazioni in possesso dell’Oiad e le testimonianze dirette dei colleghi afghani, alcune delle quali raccolte in brevi video che sono stati pubblicati nei giorni scorsi sui social media e sul sito dell’Oiad (con nomi di fantasia ed il volto oscurato per tutelare l’incolumità di quelli che si trovano ancora in Afghanistan), il 23 novembre 2021, un gruppo di talebani armati ha preso il controllo dell'Afghan Independent Bar Association (AIBA) per conto del governo. Da allora, i Talebani hanno avuto accesso al database dell'AIBA, che include informazioni personali dettagliate su famiglie e clienti degli avvocati, mettendoli a serio rischio di ritorsioni. È per questo che l'Osservatorio, nel condannare tutte le misure di rappresaglia e ritorsione contro gli avvocati afghani nell'esercizio della professione, invita le autorità degli Stati che hanno ricevuto le richieste di asilo a tener conto delle minacce di cui sono vittime. I talebani hanno allontanato con le maniere forti il personale ed i membri dell’AIBA dai loro uffici, e alcuni di essi sono stati arrestati. Hanno acquisito tutti i computer ed i dati in essi contenuti ed hanno anche sequestrato i fondi appartenenti agli avvocati iscritti all’Ordine, come riferito dal Presidente dell’AIBA Rohullah Qarizada. L’AIBA garantiva una quota di avvocate ed una vice presidenza femminile in tutti i comitati esecutivi. La situazione delle avvocate afghane è adesso difficilissima, come risulta dalla video testimonianza dell’avvocata, Hakima Alizada che si è specializzata nella difesa dei diritti delle donne, dei bambini e dei diritti umani ed ha lavorato per anni in questo campo, per il Ministero della Giustizia e per la Commissione indipendente dei diritti umani e che, da quando i Talebani hanno preso il potere nell'agosto 2021, vive in esilio. Le azioni poste in essere nei confronti dell’Ordine forense afghano hanno il fine di smantellare uno dei cardini dello stato di diritto. Tutti gli avvocati del paese iscritti all’Afghan National Bar Association dovranno infatti acquisire una nuova licenza dal ministero della Giustizia per poter esercitare la professione. Gli avvocati ancora presenti nel Paese devono superare un esame di abilitazione che include domande su argomenti religiosi e non legali. Continueremo a sostenere gli avvocati afghani, chiedendo ai Governi di fare tutto quanto in loro potere per garantire la loro incolumità e quella delle loro famiglie, attraverso l’accoglimento delle richieste di asilo, e compiendo ogni sforzo per sostenere l’Ordine forense afghano. Francesco Caia, V. Presidente OIAD, coordinatore Commissione diritti Umani del CNF Roberto Giovene di Girasole, componente commissione Rapporti internazionali e Paesi del Mediterraneo CNF