Le dichiarazioni dell’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara continuano a tenere impegnate le procure. In particolare quelle di Perugia e Milano, i cui vertici martedì si sono incontrati a Firenze per coordinare le attività di indagine anche a seguito della richiesta di archiviazione avanzata dall’Ufficio giudiziario umbro relativamente all’ipotesi dell’esistenza di una loggia denominata Ungheria.

Una bufala, secondo quanto concluso dal procuratore Raffaele Cantone, in quanto le indagini hanno «portato a ritenere integralmente o parzialmente non riscontrate numerose propalazioni» di Amara. Che ha fatto i nomi e cognomi di circa 90 presunti affiliati ad un’associazione segreta capace di interferire su enti, istituzioni pubbliche e organi costituzionali, a partire dal Csm, «soprattutto con riferimento alle due precedenti consiliature». Ma nella miriade di dichiarazioni dell’ex avvocato “pentito” ci sarebbe ancora tanto materiale su cui lavorare. In due possibili direzioni: da un lato ci sono nuovi spunti investigativi sui soggetti tirati in ballo da Amara per fatti che nulla hanno a che vedere con la fantomatica loggia - tra i quali quello relativo all’ex consigliere del Csm Luca Palamara, oggetto di una chirurgica fuga di notizie -, dall’altro ci sono ipotesi di calunnia e autocalunnia, che vanno ad accumularsi alle decine già formulate dalla procura di Milano.

Sin dalla pubblicazione dei primi verbali dell’ex avvocato sulla presunta associazione segreta, infatti, la procura oggi retta da Marcello Viola è stata tempestata di denunce da parte di coloro che venivano tirati in ballo come componenti della loggia. Loggia la cui importanza è stata poi sgonfiata dallo stesso Amara a Perugia, che avrebbe sminuito «in modo inspiegabile il ruolo di quella che aveva indicato come una nuova “P2”, dichiarando anzi che essa era nata con finalità nobili e che non tutti gli adepti sarebbero stati a conoscenza delle interferenze effettuate dall’associazione su organi pubblici o costituzionali». Un tentativo, forse, per correggere il tiro e mettersi al riparo dalla pioggia di querele alle quali dovrà rispondere. Ma ormai il danno è fatto e sono diversi i fascicoli nati nel tempo singolarmente, a seguito di trasmissione di atti o a seguito di denunce e querele da parte dei soggetti che si sono ritenuti lesi. E tra i tanti c’è anche quello che vede come presunta vittima di calunnia l'ex ministro della Giustizia e avvocato Paola Severino, mentre è già in fase di udienza preliminare il procedimento a carico dell’ex avvocato per una presunta calunnia ai danni dell'ex componente del Csm Marco Mancinetti.

Alla riunione di martedì hanno preso parte i due procuratori Cantone e Viola, l’aggiunto di Milano dell’ufficio giudiziario meneghino, Laura Pedio, il sostituto procuratore di Milano Monia Di Marco ed i sostituti procuratori di Perugia, Gemma Miliani e Mario Formisano. Ed è stata quella l’occasione per la consegna formale ai magistrati milanesi della corposa richiesta di archiviazione sulla fantomatica oggi, nonché di tutti gli atti di indagine svolti per verificare la configurabilità di eventuali fatti di calunnia ed autocalunnia che si sarebbero verificati a Milano, ufficio dove Amara, per la prima volta, ha iniziato i propri racconti su Ungheria affidandoli a Pedio e al pm Paolo Storari. Ma la riunione è servita anche per stabilire uno scambio di informazioni e notizie, pure in prospettiva futura, «anche con riferimento ad altri filoni di indagine di cui si stanno occupando le rispettive procure, a seguito sempre di dichiarazioni dell’avvocato Amara non strettamente connesse alla cosiddetta loggia Ungheria».

A Milano, intanto, continua il lavoro dei magistrati sul fronte del “Falso complotto Eni”, fascicolo dal quale sono scaturite le dichiarazioni di Amara e la fuga di notizie sui verbali che ha poi portato ad un vero e proprio terremoto all’interno della procura e del Csm. I pm milanesi non hanno ancora deciso il da farsi, ma tra le ipotesi in gioco c’è anche quella circa la possibilità di chiedere l’archiviazione delle posizioni dell'amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e del capo del personale Claudio Granata, ritenute parti offese di calunnie. Più probabile, invece, che Amara finisca a processo anche in questo caso.