Mentre il faccia a faccia tra Giuseppe Conte e Mario Draghi viene rimandato a lunedì, ci pensa Luigi Di Maio a gettare nuova benzina sul fuoco coi suoi ex compagni di partito. Il leader di Insieme per il futuro sceglie infatti di parlare ai cronisti con la gravità istituzionale stampata sul volto di chi pensa a come uscire da una crisi internazionale senza precedenti. Ma bastano pochi secondi per trasferire da Putin a Conte il focus del ragionamento. «In un momento così difficile della storia, in Italia non credo che si possa continuare a picconare il governo», dice il ministro degli Esteri, entrando a gamba tesa sul dibattito infuocato tra il Movimento 5 Stelle e Palazzo Chigi. «Minacciare crisi a giorni alterni non fa nient’altro che indebolire il Paese. Chi colpisce oggi il governo crea un problema al Paese», aggiunge Di Maio, nella nuova veste moderata e responsabile.

Il leader scissionista invoca «l’unità» della coalizione e del governo per poter fornire risposte adeguate alle famiglie e alle imprese. E per ottenerla, l’unità, si scaglia contro quella che fino a “ieri” era la prima forza della maggioranza, la sua ex organizzazione. Perché, paradossalmente, argomenta Di Maio, «alcuni partiti dell’opposizione si dimostrano a volte più responsabili di alcuni partiti della maggioranza» . Serietà e stabilità diventano le nuove parole d’ordine del ministro degli Esteri, una copia sbiadita di quel “Masaniello” che chiedeva l’impeachment per il Capo dello Stato, arrivava fino a Parigi per corteggiare i gilet gialli, si affacciava da un balcone per dichiarare abolita la povertà.

Il nuovo Di Maio, invece, che ha creato il Gruppo di Ipf al Senato grazie al simbolo del “Centro democratico” preso in prestito dal generoso Bruno Tabacci, non comprende più le «scorribande politiche» del M5S, men che meno le «minacce di crisi». «Chi fa propaganda parla di pace la mattina e poi la sera trama per crisi di governo o problemi politici che mettono in difficoltà e a repentaglio la stabilità del nostro Paese. Dobbiamo andare avanti e occuparci dei problemi seri», insiste l’inquilino della Farnesina, convinto che le questioni interne ai partiti debbano passare immediatamente in secondo piano. E col piglio dello statista, il fu capo politico grillino fa un appello a quelle forze «che hanno messo al centro della loro azione la loro crisi di voti: non si possono seguire i sondaggi o il calo di consensi in questo momento, bisogna lavorare a soluzioni». Ma siccome i problemi sono complessi, anche le soluzioni devono esserlo.

Invece, constata rammaricato Di Maio, «il dibattito, anche di questi giorni, che c’è stato rispetto a presunti e non verificati scambi di messaggi nel mezzo di un vertice storico della Nato a Madrid, è stato surreale». Perché «è surreale che ci siano forze politiche che passino il tempo a parlare di se stesse anche nei giorni in cui il governo, al massimo livello, sedeva a un tavolo importantissimo», è l’accusa del leader di Ipf.

Ma per quanto Di Maio faccia di tutto per tenersi lontano dalla piccole “beghe di bottega” interne, non può non rispondere anche a Beppe Grillo, che poco prima aveva pubblicato un post sul Blog intitolato «Fenomenologia del tradimento e del traditore». Il testo, scritto da Pasquale Almirante, analizza la figura del traditore nella Divina commedia e in altre opere letterarie. E ricorda che «Dante colloca i traditori nel IX cerchio dell’Inferno», proprio «nei pressi del perfido per eccellenza, Lucifero».

Ma «i traditori dei benefattori» sono «i più ferali tra i traditori, simili a Giuda che si vendette per trenta denari, tradendo la fiducia». Sono «coloro che hanno violato il sacro principio di bene dovuto ai benefattori e che sono i più vicini a Lucifero che è poi il prototipo di colui ha ingannato», recita ancora il post. Che conclude: «Questo nostro è forse il tempo in cui tradire non lascia traccia nell’animo del traditore che con ogni probabilità non si sente neanche tale. Talvolta può perfino tendere a sentirsi un eroe, ma agli occhi solo di qualche suo compare Jago, giammai nell’animo di chi ha fatto della lealtà e della schiettezza la sua bandiera e la sua ragione di vita».

Un atto d’accusa pesantissimo, quello arrivato dal Garante, che nei giorni scorsi si era raccomandato coi parlamentari 5S perché non portassero rancore nei confronti dei fuoriusciti. «Noi pensiamo al bene dell’Italia», replica Di Maio. Ma dopo il suo intervento la serenità in maggioranza è forse ancora più lontana di prima.