La Corte d’Appello di Parigi ha respinto le richieste di estradizione per i dieci ex terroristi italiani di estrema sinistra rifugiati nel Paese e condannati oltralpe a pesanti pene detentive per attentati terroristici negli anni '70 e '80. Tutti loro erano stati arrestati nell'ambito dell'operazione "Ombre rosse" nell'aprile 2021. La decisione della Chambre de l’Instruction della Corte si è basata sugli articoli 6 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo. Il primo articolo fa riferimento al diritto ad un equo processo, in particolare al fatto che i processi a loro carico si siano tenuti in contumacia, il secondo al rispetto della vita privata e familiare. I dieci italiani al centro della richiesta di estradizione erano Enzo Calvitti (pena: 18 anni, 7 mesi), Giovanni Alimonti (11 anni, 6 mesi), Roberta Cappelli (ergastolo), Marina Petrella (ergastolo) Sergio Tornaghi (ergastolo), tutti delle Brigate Rosse, ma anche Giorgio Pietrostefani (14 anni, 2 mesi) di Lotta Continua, Narciso Manenti (ergastolo) dei Nuclei Armati per il Contropotere territoriale, Maurizio Di Marzio (5 anni e 9 mesi), Raffaele Ventura dell'ex Formazioni Comuniste Combattenti (20 anni), Luigi Bergamin (16 anni e 11 mesi) ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo. Ad ascoltare la decisione della Chambre de l'Instruction c'erano tutti loro, ad eccezione del più anziano, Giorgio Pietrostefani, 78 anni. Da tempo malato per le conseguenze di un trapianto è spesso in ospedale e in condizioni che non gli hanno consentito di essere presente alla altre udienze che lo riguardavano. Durante le udienze, che si sono svolte tra il 23 marzo e il 15 giugno, gli ex attivisti, oggi tra i 61 e 78 anni, che hanno accettato di parlare hanno raccontato ai magistrati la loro vita in Francia negli ultimi decenni. Jean-Louis Chalanset, avvocato di Enzo Calvitti, ha dichiarato che «è stata un pò una sorpresa per tutti perché ci si aspettava un altro rinvio. Ma siamo molto contenti, è una decisione normale - ha aggiunto -. Francia e Italia avevano una volontà comune, hanno fatto un accordo politico sull’estradizione di queste persone, ma la giustizia oggi ha dimostrato di essere indipendente dalla linea politica del governo», ha concluso Chalanset. Ora solo la procura francese, e non il nostro Paese, potrà fare ricorso contro la decisione. E ha solo cinque giorni di tempo. «Rispetto le decisioni della magistratura francese, che agisce in piena indipendenza -  ha commentato la Ministra della Giustizia Marta Cartabia - . Aspetto di conoscere le motivazioni di una sentenza che nega indistintamente tutte le estradizioni. Si tratta di una sentenza a lungo attesa dalle vittime e dall’intero Paese, che riguarda una pagina drammatica e tuttora dolorosa della nostra storia. Resta tutta l’importanza della decisione di un anno fa con cui il Ministro Eric Dupond-Moretti ha rimosso un pluridecennale blocco politico: un gesto, il suo, che è segno della piena comprensione dei drammi vissuti nel nostro Paese durante gli anni di piombo e soprattutto della fiducia del Governo francese nei confronti dei magistrati e delle istituzioni italiane». La Guardasigilli nell'ambito della cooperazione giudiziaria bilaterale e europea lo scorso anno aveva avuto due colloqui con il suo omonimo francese Eric Dupond Moretti, durante i quali aveva chiesto espressamente che gli ex terroristi fossero assicurati alla giustizia prima che intervenisse una nuova prescrizione. La Francia ruppe con la dottrina Mitterrand - che prevedeva la concessione di asilo politico ai militanti che accettavano di abbandonare la lotta armata -  e rispose positivamente alla richiesta dell'Italia. Soddisfazione per gli arresti che seguirono era stata poi espressa anche dal premier Mario Draghi.

Le reazioni

 Il primo a reagire è stato il leader della Lega Matteo Salvini: «Altro che “solidarietà europea”, proteggere terroristi che hanno ucciso in Italia è una vergogna, uno schifo!». Poi il coordinatore nazionale di Forza Italia, Antonio Tajani: «Negare l’estradizione da parte della Francia ad un gruppo di terroristi rossi è un atto gravissimo che non ha nulla a che vedere con il garantismo e la libertà di espressione sempre difesi da Parigi. Qui si tratta di partecipazione attiva ad un progetto criminale ed eversivo». Delusione per Maurizio Campagna, fratello di Andrea, per il cui omicidio fu condannato per concorso morale (pena prescritta) Luigi Bergamin: « dicono che è cambiato, è un altro uomo, sta facendo un'altra vita, un altro percorso. Certo, lui ha avuto la possibilità di fare la bella vita per 40 anni, mentre mio fratello è 40 anni che è dentro una tomba. Ecco perché secondo me un assassinio non dovrebbe mai andare in prescrizione». A noi Mauro Palma, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, ha ribadito il concetto espresso pochi giorni fa nella sua Relazione al Parlamento: «Articoli 6 e 8 della Cedu. Due elementi che hanno guidato la decisione della Corte d'Appello francese. Due elementi che ovviamente vengono fuori nel momento in cui si intendeva intervenire dopo 40 anni e più. Di intervenire, nei confronti di persone da anni radicate in Francia senza commettere alcun reato e ormai diverse da allora, non con la ricerca di un modo che tenesse insieme il riconoscimento di quanto compiuto e la necessità di ricostruire - in forme da pensare, costruire - un legame in positivo verso collettività e vittime, bensì con lo strumento dell'estradizione. Tornare in carcere qui: per cosa? Il rischio sarebbe stato quello di una pena meramente retributiva, distante dalla finalità assegnata dalla Costituzione alle pene». Sulla situazione di Pietrostefani, condannato come mandante dell'omicidio del commissario Luigi Calabresi, suo figlio Mario Calabresi ha dichiarato: «Da tempo sono convinto, insieme a mia madre e ai miei fratelli, che mettere oggi in carcere Giorgio Pietrostefani, condannato per l’omicidio di mio padre, non abbia più molto senso, perché è passato mezzo secolo e perché si tratta di una persona anziana e molto malata».