Giuseppe Gulotta ha trascorso 22 anni, ossia 8030 giorni, in carcere da innocente. Il suo è forse il più grande errore giudiziario della storia italiana. Ora ci dice: «Bisogna andare a votare domenica per i referendum e votare sì anche con la speranza che casi come il mio non accadano più». Tutto ha inizio il 27 gennaio 1976 quando due carabinieri - Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta - vengono trucidati mentre dormono nella caserma di Alcamo Marina, in provincia di Trapani. Giuseppe aveva poco più di diciotto anni, lavorava come muratore e non immaginava la tragedia che di lì a poco lo avrebbe travolto. Uno dei principali indiziati per l’omicidio fa il suo nome. L'uomo fu posto in stato di fermo e, in assenza di un avvocato, venne sottoposto a torture e sevizie al punto da confessare un reato che non aveva commesso. Quando giunse finalmente davanti al magistrato, ritrattò la confessione ma ormai era troppo tardi. Nessuno gli credette. Dopo ben 8 processi, che ora lo assolsero ora lo condannarono, gli fu comminato l'ergastolo nel 1990. Ventidue anni dopo, il 13 febbraio 2012, Giuseppe, assistito dai legali Pardo Cellini e Baldassare Lauria, è stato assolto con formula piena, dopo la revisione del processo. I giudici hanno stabilito che la confessione venne estorta e gli venne riconosciuto un risarcimento di sei milioni e mezzo di euro. Fu possibile riaprire caso grazie ad un ex brigadiere che raccontò come effettivamente erano andati i fatti: l'uomo che aveva accusato ingiustamente Gulotta subito dopo l’arresto venne portato presso una casermetta di campagna e sottoposto a torture terribili. Bendato, fu costretto a ingerire enormi quantitativi di acqua e sale, con l’ausilio di un imbuto mentre lo stesso veniva schiacciato fra due piani di legno. Subì anche scariche elettriche. Dopo arrivò la chiamata in correità per Gulotta e altri, poi rivelatasi falsa. La strage di Alcamo è tuttora un mistero irrisolto: anni di indagini e processi hanno fallito l’obiettivo di assicurare alla giustizia i colpevoli.

Giuseppe Gulotta lei domenica andrà a votare? E se sì cosa?

Bisogna andare a votare e votare sì anche con la speranza che casi come il mio non accadano più. Credo che quello di domenica sia un appuntamento importante per cominciare a riformare la giustizia, dando un forte segnale. Ho già partecipato a un incontro con il Partito radicale a Roma perché condivido la loro battaglia a cui si è aggiunta anche la Lega. Mi auguro che tutti vadano a votare, anche se, purtroppo, nelle tv c’è un silenzio totale sui referendum, a parte qualche piccola informazione che danno fra uno spazio e l’altro. I talk show non se ne occupano, forse qualcosa in più la sta facendo Mediaset.

Lei ha trascorso 22 anni in carcere da innocente.

È stata un vera tragedia per me e per la mia famiglia. E ogni volta che un innocente finisce in carcere si ripete lo stesso dramma.

Quando si scopre un errore giudiziario, anche la famiglia della vittima rivive il dramma perché vuol dire che non è stata fatta giustizia.

Sì, senza dubbio. È quello che è successo nel mio caso. Io sono stato condannato ingiustamente ma allo stesso tempo non sappiamo ancora, dopo oltre quarant'anni, chi abbia ucciso quei due carabinieri.

Cos'è che non ha funzionato nel suo caso?

Oltre alla confessione estorta sotto tortura, poi i magistrati non hanno valutato bene le prove. A loro bastava avere un colpevole, non il colpevole. Avevano trovato quattro ragazzini e si sono accontentati senza vagliare altre piste. E non scordiamo che il mio avvocato di allora si era recato in caserma ma gli venne detto che non era nulla di importante e che dopo poco mi avrebbero riportato a casa. E intanto ci picchiavano e ci facevano fare false confessioni. Dunque il sistema è marcio e va rifondato.

Qualcuno le ha mai chiesto scusa?

No, nessuno, tranne in privato qualche carabiniere. Nessuno si è assunto le responsabilità per quanto accaduto.

Ma i carabinieri che l'hanno torturata non si sono mai fatti avanti?

Mai, non so se qualcuno di loro è ancora in vita. Io sarei disposto anche ad incontrarli. Non ho alcun problema, a differenza delle loro coscienze.

Molti dicono che non bisogna andare a votare perché basta la riforma in discussione ora al Senato.

Io non sono un esperto, non sono un tecnico in grado di analizzare compiutamente la riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario. La riforma del ministro Cartabia è sicuramente importante sotto alcuni aspetti ma penso che l'occasione offerta dai referendum rappresenti una maggiore spinta per riformare la giustizia.

Quali sono i quesiti che sente più vicini?

La mia storia è emblematica di come si possa finire in carcere senza aver commesso alcun reato. Io ho trascorso oltre due anni in misura cautelare e poi mi hanno dato l'ergastolo da innocente. Quindi sicuramente quello sull'abuso della custodia cautelare. Ma anche quello sulla separazione delle funzioni lo ritengo molto importante. Un pm che va a braccetto con il giudice è una cosa abnorme. Quando ero sotto processo, il pm, a fine udienza, quasi quasi andava in camera di consiglio con la Corte e la giuria popolare. Ecco, io spero che con il sì si arrivi alla parità fra accusa e difesa, e spero che il pm cominci a valutare anche le prove a favore del reo. Il giudice deve giudicare in piena libertà, deve essere terzo, super partes.

La vittoria dei Sì sarebbe risolutiva oppure rappresenterebbe solo un primo passo?

Non so se la vittoria dei sì, con il superamento del quorum, renderà più difficile che si verifichino casi come quelli di cui sono stato vittima io, so però che di ingiuste detenzioni e errori giudiziari ce ne sono tanti. Ogni giorno 3 innocenti finiscono in carcere, mille all’anno. Quando mi invitano per raccontare la mia storia lo faccio per fare in modo che casi come il mio non succedano più. Purtroppo, però, la realtà è molto diversa da ciò che speravo. Dunque invito a votare sì anche con la speranza che casi come il mio non accadano più. Così come invito i mass media a dare un’informazione maggiore sui referendum, anche perché il periodo è un po’ particolare, la gente magari pensa ad andare al mare, ma speriamo che il 12 giugno si rechi a votare per i referendum.