Finalmente una buona notizia. Lunedì prossimo, 6 giugno, gli italiani «terminano» di versare le tasse e i contributi previdenziali allo Stato e da martedì scatta il cosiddetto tax freedom day (giorno di liberazione fiscale). Rispetto al 2021, anno che ha registrato il record storico di pressione fiscale , questanno l'appuntamento più atteso dagli italiani arriva un giorno prima anche se è del 2005 il primato del «giorno di liberazione fiscale» più «precoce». È la Cgia di Mestre ad elaborare il calcolo che è un puro esercizio teorico che serve a dimostrare, «se ancora ce ne fosse bisogno, leccessivo peso fiscale che grava sugli italiani». E a dimostrazione del fatto ricorda come a giugno si profili un vero e proprio ingorgo fiscale: i contribuenti italiani dovranno assolvere ben 141 scadenze fiscali e di queste, ben 122, l86,5% del totale, imporranno agli italiani a mettere mano al portafoglio. «Dopo poco più di 5 mesi dallinizio dellanno, praticamente dopo 157 giorni lavorativi inclusi i sabati e le domeniche, il contribuente medio finisce di lavorare per assolvere tutti i versamenti fiscali dellanno (Irpef, Imu, Iva, Tari, addizionali varie, Irap, Ires, contributi previdenziali, etc.) e da martedì 7 giugno inizia a guadagnare per sé», spiega ancora la nota che da una comparazione con i Big dellUe evidenza come «solo la Francia, nel 2021, ha registrato una pressione fiscale superiore alla nostra. Se a Parigi era al 47,2% del Pil, a Berlino si è attestata al 42,5% e a Madrid al 38,8%. Da noi, invece, il peso fiscale ha raggiunto la soglia record del 43,5%. Tra i 27 dellUe, lItalia si è collocata al sesto posto: ci hanno preceduto la Danimarca (48,1%), la Francia (47,2%), il Belgio (44,9%), lAustria (43,8%) e la Svezia (43,7%). Lanno scorso la media Ue si è »fermata« al 41,5%, due punti in meno rispetto allItalia. Lanno maggiormente «in ritardo» è stato il 2021, giacché la pressione fiscale ha raggiunto il record storico del 43,5 per cento e, di conseguenza, il «giorno di liberazione fiscale» è scoccato l8 giugno. È corretto segnalare, prosegue la Cgia, che questo picco record di pressione fiscale non è ascrivibile ad un aumento del prelievo imposto lanno scorso a famiglie e imprese, ma alla decisa crescita registrata dal Pil nazionale (oltre il 6,5%) che, dopo la caduta verticale registrata nel 2020 (-9%), ha contribuito ad aumentare notevolmente le entrate. E il mese di giugno, denuncia ancora Cgia, è caratterizzato da un vero e proprio ingorgo fiscale:141 le scadenze fiscali da rispettare di cui 122, l86,5% del totale, imporranno agli italiani a mettere mano al portafoglio. «Un calendario fiscale da far tremare i polsi, che solleva ancora una volta un grande problema: in Italia non solo subiamo un prelievo fiscale eccessivo, ma anche le modalità di pagamento delle imposte provocano un costo burocratico che non ha eguali nel resto dEuropa». Nel 2022, comunque, nonostante la crescita economica dovrebbe attestarsi attorno al 2,5 % il peso del fisco è destinato a diminuire di 0,4 punti percentuali grazie alla riduzione delle imposte e dei contributi decisa dal Governo Draghi. «Se teniamo conto del leggero miglioramento in corso delle principali variabili economiche che si riflette sullandamento del gettito, secondo il Mef nel 2022 lo Stato dovrebbe incassare quasi 40 miliardi di imposte e contributi in più rispetto al 2021», annota ancora Cgia che segnala come però «una parte di questo incremento di gettito è sicuramente ascrivibile anche al forte aumento dellinflazione che, secondo le previsioni, questanno dovrebbe oscillare tra il 6 e il 7%». «Pertanto, in un momento in cui le famiglie stanno subendo dei rincari spaventosi che rischiano di far crollare i consumi interni, sarebbe auspicabile che il Governo restituisse parte di questo extra gettito con meccanismi di fiscal drag. Una misura che rafforzerebbe il potere dacquisto dei pensionati e dei lavoratori dipendenti, dando un sensibile sollievo soprattutto a coloro che attualmente si trovano in serie difficoltà economiche», conclude