Sette anni di processo e poi tutti assolti «perché il fatto non costituisce reato». Si è conclusa così la vicenda della «correzione di errore materiale» al piano regolatore ( Prg) di Celle Enomondo, in provincia di Asti, paesino di 470 abitanti che nel 2015 ha visto sindaco, vicesindaco e tecnico comunale finire sotto accusa per una piccola modifica al piano regolatore. Su proposta del tecnico comunale (un geometra), si procedette infatti a una modifica dello strumento urbanistico nella parte che riguardava dei fabbricati di pertinenza di sei cittadini.

Secondo la procura di Asti si trattava di un caso di abuso d'ufficio, in quanto, alla luce di una legge regionale risalente al 1977, la «correzione dell'errore» andava considerata come una vera e propria «variante», che invece avrebbe richiesto una procedura diversa. Nel 2019 il tribunale cittadino inflisse al sindaco Andrea Bovero otto mesi e quindici giorni di reclusione, alla vicesindaco Monica Omedé un anno e quindici giorni, al tecnico Paolo Gardino dieci mesi e quindici giorni. Il 23 aprile 2021 la Corte d'appello cancellò però le condanne «perché il fatto non costituisce reato», sia per difetto dell'elemento oggettivo che dell'elemento soggettivo dello stesso. Una decisione confermata dalla Cassazione, che ha ora dichiarato inammissibile il ricorso della procura generale del Piemonte. La Corte di appello, hanno evidenziato i giudici del Palazzaccio, «non solo ha ritenuto legittimo nella specie il ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale, ma ha anche escluso la sussistenza del dolo intenzionale con riferimento a ciascuno degli imputati.

Per converso il Procuratore generale ricorrente ha impugnato solo le statuizioni della sentenza relative ai profili oggettivi della condotta, deducendo l'illegittimità del ricorso alla procedura di correzione dell'errore materiale e l'assenza di margini di discrezionalità amministrativa in capo agli imputati. Il ricorso si rivela, dunque, aspecifico, in quanto, raccoglimento delle censure formulate in ordine al profilo oggettivo della condotta, sarebbe pur sempre inidoneo a scalfire le statuizioni della sentenza impugnata in ordine all'elemento soggettivo del reato contestato, rispetto al quale è medio tempore intervenuto il giudicato».