«Ritengo che sia un dovere di tutti i cittadini partecipare ai referendum ed esprimersi. Ritengo, in secondo luogo, che bisognerà votare a favore di quei quesiti che affrontano problemi che non saranno stati risolti dal Senato nell’ultimo passaggio della riforma Cartabia. Il referendum è uno strumento poco adatto alla riforma della giustizia, ma può diventare un mezzo di sollecitazione di un Parlamento che non riesce a decidere». A dirlo, in una intervista a La Stampa, Sabino Cassese, giurista ed ex giudice costituzionale. Riguardo al Csm, Cassese è convinto «che vedrà la soluzione dei suoi problemi quando la smetterà di ritenersi organo di autogoverno e comincerà a svolgere davvero le funzioni che ad esso assegna la Costituzione. Ben due volte, all’articolo 87 e all’articolo 104, la Costituzione dispone che il presidente della Repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura. L’articolo 105 definisce chiaramente i compiti del Consiglio: "Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti nei riguardi dei magistrati". Solo queste sono le funzioni e vanno svolte secondo i criteri dettati dalla legge». Esprimendosi sulle riforme Cartabia del penale e del civile, Cassese sottolinea che «non credo che risolveranno i problemi, ma credo che vadano nella direzione giusta. L’idea di fondo che la giustizia sia un organismo della cui organizzazione, della cui efficienza, delle cui performance ci si deve interessare, costituisce il punto d’avvio di ogni possibile riforma della giustizia. Purtroppo, tra i magistrati è diffusa un’idea diversa della giustizia, atemporale, incapace di misurare se stessa e i propri effetti, non correlata con la domanda sociale». E sullo sciopero dei magistrati: «ho già detto, prima del suo svolgimento, che si trattava di un atto suicida. I risultati hanno confermato il giudizio».