La procura di Caltanissetta, «che si era imposta la rigorosa consegna del silenzio, è costretta a intervenire per smentire notizie che possano causare disorientamento nella pubblica opinione e profonda ulteriore amarezza nei prossimi congiunti delle vittime delle stragi, che si verrebbe a sommare al tremendo dolore sofferto». È quanto si legge in una nota della stessa procura nissesa, guidata da Salvatore De Luca. «Non compete a questo Ufficio esprimere valutazioni generali in ordine alla completezza e tempestività delle indagini coordinate da altra autorità giudiziaria a meno che le stesse non abbiano una rilevanza penale in un procedimento di sua competenza; qui si intende solamente affermare che sono del tutto destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese dal Lo Cicero sugli argomenti sopra indicati e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci ed anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina - si legge nel testo - Questa Procura ha già espresso il proprio convincimento circa la sussistenza di mandanti e concorrenti esterni nella strage di via D’Amelio, chiedendo nel processo per il depistaggio la condanna degli imputati con la contestata aggravante di mafia, riguardante la finalità di coprire le alleanze di alto livello di cosa nostra in quel periodo. Tuttavia, le difficilissime indagini che possono consentire l’accertamento della verità devono essere ancorate ad elementi di fatto solidi e riscontrati». Allo stesso modo, la procura definisce «destituite di fondamento le affermazioni circa la sussistenza di specifiche e tempestive dichiarazioni rese da Alberto Lo Cicero e, quindi, che sarebbe stato possibile evitare la strage di Capaci e anticipare di alcuni mesi la cattura di Salvatore Riina». «Nell’ambito della trasmissione televisiva Report, andata in onda il 23 maggio sono state inserite le interviste al luogotenente dei Carabinieri in congedo Walter Giustini e alla signora Maria Romeo, dalle quali è emerso complessivamente che, nel corso delle indagini condotte nel 1992 dai Carabinieri del Gruppo 1 - Palermo, coordinate dalla Procura di Palermo, sono state fornite da parte di Alberto Lo Cicero, prima quale confidente e poi quale collaboratore di giustizia, preziose informazioni circa la preparazione della strage di Capaci (quindi prima del tragico evento), nonché circa la funzione svolta da Salvatore Biondino quale autista del latitante Salvatore Riina, molti mesi prima che lo stesso venisse catturato in compagnia dello stesso Biondino», si legge nella nota. Dichiarazioni che, spiega la Procura, «sono totalmente smentite dagli atti acquisita sia presso gli archivi dei Carabinieri, sia nell’ambito del relativo procedimento penale della Procura di Palermo». .«Il riscontro negativo emerge dalle trascrizioni delle intercettazioni ambientali fatte nei confronti del Lo Cicero, prima della sua collaborazione, nonché da tutti i verbali di sommarie informazioni e di interrogatorio dallo stesso resi prima dei su indicati eventi - si legge nella nota della procura - In particolare, nel corso delle sommarie informazioni in data 25 agosto 1992, il Lo Cicero dichiara di aver riscontrato delle anomalie nel comportamento di alcuni uomini d’onore poco prima della strage di Capaci, pensando però che volessero organizzare qualcosa per ucciderlo (Lo Cicero era già stato vittima di un tentato omicidio nel dicembre del 1992), concludendo ’Mai avrei pensato quello che poi è avvenutò». Per quel che riguarda la rilevanza di Biondino, Lo Cicero ha affermato, «sia nel corso delle discussioni intercettate, che nell’ambito degli interrogatori antecedenti alla cattura di Salvatore Riina, che Biondino era l’autista del latitante Giacomo Giuseppe Gambino Giuseppe, arrestato già diversi anni prima delle dichiarazioni in esame, non facendo in alcun modo menzione del Salvatore Riina, se non in data 22.1.1993 (cioè in data successiva alla cattura del detto latitante): »vedendo la sua immagine proprio sui giornali e in televisione, mi sono ricordato che quella persona l’ho vista qualche volta nella villa del Troia». Allo stesso modo «Lo Cicero, sia nel corso delle conversazioni intercettate, sia nel corso degli interrogatori da lui resi, al Pubblico Ministero e ai carabinieri, non fa alcuna menzione di Stefano Delle Chiaie».