«Il tema su cui riflettere, credo molto sinceramente, è la pressoché totale assenza di ricadute, di qualsiasi genere, sul percorso professionale del magistrato». A dirlo è l’avvocato Giandomenico Caiazza, presidente dell’Unione delle camere penali, commentando con il Dubbio i dati dell’ultima relazione sulle misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione.

Avvocato Caiazza, il Dubbio ha pubblicato ieri alcune tabelline estrapolate dalla relazione per l’anno 2021 sulle misure cautelari personali e riparazione per ingiusta detenzione, presentata dal ministero della Giustizia al Parlamento l’altro giorno. Il dato che balza subito all’occhio è la completa mancanza di provvedimenti sanzionatori nei confronti dei magistrati che hanno arrestato persone poi rivelatesi innocenti. E questo anche in caso di macroscopici errori giudiziari. Si pensi, tanto per fare un esempio, che non risultano sanzioni disciplinari comminate neppure per i magistrati che si sono dimenticati agli arresti persone che invece dovevano essere scarcerate.

Guardi, è inutile insistere sugli aspetti che toccano anche la responsabilità civile dei magistrati. Abbiamo tutti visto in questi anni che il meccanismo, nel modo in cui è strutturato, non funziona affatto.

E allora che cosa si può fare?

Almeno che ci sia una valutazione di questi errori ai fini della carriera professionale del magistrato. Adesso al magistrato che sbaglia non succede assolutamente nulla. In altre parole, prosegue la sua carriera tranquillamente senza intoppi: non ci sono penalizzazioni economiche o impedimenti per il conseguimento di un incarico direttivo.

La riforma recentemente approvata alla Camera, pur fra molti mal di pancia, prevede sul punto un cambio importante di rotta. Mi riferisco al fascicolo delle performance dove dovrebbero essere inseriti gli esisti del procedimenti che il magistrato ha aperto.

Si tratta di strumenti valutativi che di fatto sono presenti nell’ordinamento giudiziario del 2007. Ci sono le schede di autovalutazione. Bisognerà vedere a regime come funzioneranno le nuove regole.

L’Associazione nazionale magistrati, comunque, ha fatto le barricate contro il fascicolo della performance, considerato come un pericolo per l'autonomia e l'indipendenza delle toghe, e ha proclamato uno sciopero che poi si è però rivelato un flop.

A parte lo sciopero, che è segno di un certo atteggiamento da parte della magistratura, io vorrei porre l’attenzione sui una circostanza particolarmente emblematica del contesto in cui ci troviamo ad operare.

Prego.

Tramite l’Osservatorio delle Camere Penali stiamo cercando in tutti i modi da anni di conoscere quante volte vengo accolte le misure cautelari, i sequestri, richiesti dal pm.

Non si trova questo dato?

No, non si trova da nessuna parte, né al ministero della Giustizia, né al Consiglio superiore della magistratura. Pare che sia un dato che non viene censito ed invece sarebbe di fondamentale importanza conoscerlo.

Perché una delle “scuse” da parte dei pm in caso di arresti poi finiti in una bolla di sapone è che i provvedimenti sono stati emessi dal gip?

Sì. È così. Vedere in dettaglio il numero di richieste respinte aiuterebbe a comprendere il livello di “appiattimento” del gip sul pm.

Molti suoi colleghi parlano anche di un doppio appiattimento: il “copia e incolla” effettuato dal gip nei confronti del pm, verrebbe effettuato da quest’ultimo riguardo all’informative della polizia giudiziaria. La conseguenza di questo modus operandi sempre più diffuso è, per estremizzare, che l’ordinanza di misura cautelare viene di fatto scritta dal maresciallo.

Il problema di fondo è che in Italia ormai manca la cultura della giurisdizione. Si è persa completamente. Ed invece dovrebbe essere riscoperta se vogliamo veramente realizzare il tanto auspicato cambio di passo in tema di garanzie e rispetto dei diritti.