Lo sciopero dell'Anm contro la riforma di mediazione Cartabia si avvia il verso il flop? Dai dati di cui siamo in possesso al momento la percentuale di adesione si aggira intorno al 49%, mentre il Presidente dell'Anm Santalucia, a Sky Tg24, ha parlato «di oltre il 60%, tra il 63 e il 65%», specificando che si tratta tuttavia di dati provvisori. Dato più drammatico quello proveniente da Roma e Milano dove l'adesione si attesterebbe sul 40%, mentre a Napoli avrebbe raggiunto il 55,17%. In Cassazione hanno scioperato 102 su 449 Consiglieri, pari ad una percentuale del 22,71%. Le altre percentuali ad ora: Milano distretto 47,22%,  Catania: 62,5%, Brescia: 65,44%, Campobasso: 44,06%, Trieste, 47,46%, Venezia: 43,20%, Lecce: 58,88%, Perugia: 50%, Messina: 34%, Emilia Romagna: 72,68%, Brescia: 65,44%, Abruzzo: 37,91%, Palermo: 56,35%, Liguria: 49,31%, Sardegna: 38,98%, Marche: 63,42%, Toscana: 39,09%, Friuli Venezia Giulia 50%. Se a fine giornata non si raggiungerà la soglia di sicurezza dell'85% lo sciopero non sarà riuscito.

La giornata

Il Presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia ha scelto il Palazzo di Giustizia di Milano per intervenire in una sala dove erano presenti circa 100 magistrati: lo sciopero delle toghe contro la riforma dell'ordinamento giudiziario è «senza enfasi un atto di generosità che la magistratura sta facendo, perché nel periodo di maggiore crisi della sua immagine e della capacità di comunicazione all'esterno si è addossata una fortissima responsabilità». Forte responsabilità che è appunto quella, ha aggiunto, «di indire uno sciopero dicendo a tutti coloro che si aspettano che questo fallisca, e che segni un'ulteriore caduta della capacità dell'associazionismo di aggregare i magistrati attorno a un progetto di difesa dell'organo giudiziario e di realizzazione degli obiettivi costituzionali, che lo abbiamo fatto mettendoci in gioco, perché non è questa la strada» per riformare la giustizia. Ma è sempre da Milano che arriva una stoccata dal giudice Guido Salvini che non aderisce allo sciopero che definisce da «lotta politica» e che mira a influenzare «l'indirizzo legislativo del Parlamento». Uno sciopero "inventato" che, forse, mira a distrarre dai problemi veri che negli ultimi tempi hanno portato ai minimi storici la credibilità della magistratura. «Si può essere o meno d'accordo con i vari aspetti della riforma, ma di certo - spiega Salvini intervistato dall’Adnkronos - non si può scioperare contro un provvedimento votato dal legislatore a larga maggioranza e dopo numerosi confronti nelle Commissioni anche con i magistrati. I magistrati hanno il diritto e forse il dovere di scioperare ma nel caso di leggi sulla giustizia che appaiono in modo grave e diretto anticostituzionali e certo questo non è il caso della riforma Cartabia». Qualche dato sulle adesioni arriva già da Palermo dove solo la metà dei giudici ha aderito allo sciopero.  «Siamo al 50 per cento di astensione, lontani dai numeri dell’altro sciopero», dice all’Adnkronos Clelia Maltese, presidente dell’Anm di Palermo che non nasconde un po' di delusione. «Forse si ritiene che non saremmo ascoltati e si ritiene lo sciopero inutile - spiega la giudice - per noi è uno sciopero sofferto, tanto è vero che continuiamo a lavorare, ma era l’unico modo per tentare di fare sentire le nostre proposte». La giudice Maltese, ad esempio, si trova a Napoli per un corso professionale. «Eppure, oggi sono venuta e partecipo al corso nonostante io aderisca allo sciopero», dice. «La riforma - spiega - tradisce i fini, noi non siamo contrari alla riforma ma a questa riforma Cartabia. Sia chiaro». Da Roma arriva un no all'astensione da parte del pm Paolo Ielo. Seppur «il mio giudizio sul disegno di legge delega per la riforma dell’ordine giudiziario è pesantemente negativo - spiega - perché ispirato ad una logica punitiva della magistratura in tutte le sue articolazioni, come tale inidoneo a migliorare il servizio giustizia»  tuttavia «in questo caso e in questo momento, dissento - spiega il procuratore aggiunto di Roma- dall’utilizzazione dello sciopero come forma di protesta, perché inutile e inopportuna».