Alessandra Annoni è professoressa associata di Diritto internazionale nell’Università di Ferrara e vicedirettrice del “Centro studi giuridici europei sulla grande criminalità (Macrocrimes)”. Insegna, sempre a Ferrara, anche Diritto internazionale penale militare, uno dei pochi corsi in Italia dedicati a questa materia oggi più che mai attuale. «Qualche giorno fa – racconta al Dubbio – il Procuratore della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha definito l’Ucraina una scena del crimine».

Professoressa Annoni, la guerra in Ucraina sollecita diverse branche del diritto internazionale?

Proprio così. Da un lato l’invasione russa è stata qualificata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come un atto di aggressione contro l’Ucraina, chiamando in causa le norme che vietano l’uso della forza nelle relazioni internazionali, le cosiddette norme di ius ad bellum. La comunità internazionale ha reagito a questo illecito internazionale adottando sanzioni economiche contro la Russia, ma anche fornendo armi ed addestramento militare all’Ucraina. Tutto ciò sollecita una riflessione da parte degli studiosi di diritto internazionale sulla applicabilità delle norme internazionali che disciplinano la neutralità nei conflitti armati. A questo conflitto si applicano poi le norme di ius in bello, che disciplinano la condotta delle ostilità, il trattamento da riservare ai militari e ai civili. Le notizie che ci arrivano dal fronte ci dicono che non sempre queste norme sono rispettate. Ci sono chiari indizi di gravi violazioni, che, se fossero provate, determinerebbero, da un lato, la responsabilità internazionale dello Stato al quale sono ascrivibili tali violazioni e, dall’altro, la responsabilità penale individuale dei soggetti che si sono macchiati delle atrocità commesse.

Cosa dice il diritto internazionale penale militare rispetto al teatro di guerra ucraino?

Le norme di diritto internazionale penale distinguono quattro categorie di crimini internazionali, contemplate dallo Statuto della Corte penale internazionale. Il genocidio è il cosiddetto “crimine dei crimini”, previsto dall’articolo 6 dello Statuto di Roma. Richiede l’elemento oggettivo e quello soggettivo. Il primo è la prassi genocidiaria, che può sostanziarsi non solo nell’uccisione dei membri di un gruppo etnico, razziale o religioso, ma anche, ad esempio, nel trasferimento forzato dei minori di un gruppo ad un altro gruppo. In Ucraina ci sono indizi di una prassi genocidiaria, ma tutto potrà essere stabilito con esattezza solo nell’ambito di un processo.

L’elemento oggettivo deve accompagnarsi all’elemento soggettivo, che è più difficile da provare, perché nel caso del genocidio si richiede il dolo specifico, ovvero l’intento di distruggere, in tutto o in parte, il gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso. Oltre al genocidio, ci sono i crimini contro l’umanità, che sono gravi violazioni dei diritti umani fondamentali, come la tortura, gli stupri, i trattamenti disumani o degradanti, le sparizioni forzate. Sono crimini contro l’umanità quando non sono azioni isolate, ma vengono perpetrati intenzionalmente nell’ambito di un attacco su larga scala o sistematico contro una popolazione civile.

Nella situazione attuale in Ucraina entrano in gioco pure i crimini di guerra…

Sono violazioni non necessariamente sistematiche ma anche singole, particolarmente gravi, di norme sulla condotta delle ostilità. Per esempio lanciare un attacco deliberato contro i civili oppure utilizzare armi vietate. Infine, il crimine di aggressione. È stato definito in maniera puntuale solo di recente con gli emendamenti di Kampala allo Statuto della Cpi.

Si sostanzia nella pianificazione, nella esecuzione materiale di un atto di aggressione ovvero di una violazione del divieto dell’uso della forza contro la sovranità, l’integrità territoriale e l’indipendenza politica di uno Stato. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha qualificato espressamente l’attacco armato russo come una aggressione. Questo è un elemento importante. Un conto, però, è l’illecito internazionale dello Stato che si è macchiato di aggressione, un conto è la responsabilità penale individuale per tale crimine. Sono situazioni che si intrecciano ma hanno un regime probatorio diverso.

Da quanto apprendiamo nessuna causa di giustificazione può essere addotta dalle truppe di entrambi gli schieramenti rispetto ai gravi fatti che vengono denunciati?

Le norme di diritto internazionale penale prevedono alcune cause esimenti. L’articolo 31 dello Statuto di Roma prevede delle ipotesi in presenza delle quali una persona, pur essendosi macchiata di uno dei gravissimi crimini contemplati, va esente da responsabilità.

Si pensi alle ipotesi di chi commette un crimine internazionale sotto l’effetto di droghe che gli sono state somministrate a sua insaputa. La legittima difesa può essere una circostanza esimente, come lo stato di necessità. Bisognerà sempre verificare le singole posizioni individuali. Lo Statuto di Roma stabilisce che l’ordine del superiore non può essere considerato, quasi mai, una circostanza esimente. Non ci si può difendere, se accusati di un crimine internazionale, dicendo “io ho commesso il fatto, perché me lo ha ordinato il mio superiore”. Questa esimente può essere riconosciuta solo a determinate condizioni e in riferimento ai soli crimini di guerra.

Come verranno perseguiti coloro che appartengono ai ranghi irregolari, come i mercenari e i cittadini stranieri che combattono con gli ucraini e i russi?

I crimini di cui stiamo parlando possono essere commessi da chiunque. Il fatto di far parte di un esercito regolare non è una condizione. Anche un civile può commettere un crimine di guerra o macchiarsi di genocidio o crimini contro l’umanità, così come può farlo un mercenario o foreign fighter. A processare questi soggetti potrebbe essere l’autorità giudiziaria dello Stato di cui hanno la cittadinanza. Potrebbe essere l’Ucraina, essendo il luogo in cui vengono commessi i crimini, o eventualmente uno Stato terzo. Potrebbe essere la Cpi in via sussidiaria.