È il candidato più antisistema di tutti. Uno di quelli che invocava il tanto deprecato sorteggio per liberare il Csm dalle correnti, le stesse che hanno bocciato la sua nomina a ministro e a procuratore di Reggio Calabria. Ed è forse proprio per questo che Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, potrebbe essere luomo giusto per la poltrona di procuratore nazionale antimafia. Una nomina che, in queste ore, rappresenta anche il taglio del nastro ufficiale della campagna elettorale per il nuovo Csm, dove tutti sono decisi a scegliere il cavallo vincente per poi giocare bene le proprie carte sul territorio e nellarena delle correnti. I giochi si chiuderanno il 4 maggio, lo stesso giorno in cui la riforma dellordinamento giudiziario approderà in Commissione Giustizia al Senato. Le toghe saranno dunque con le orecchie puntate su due fronti: da un lato quello che deciderà il futuro del Csm e che determinerà la conferma dello sciopero già deciso dal sindacato delle toghe sabato scorso; dallaltro quello che deciderà la poltrona più importante, da un punto di vista simbolico, per la vita della magistratura. Perché il posto di procuratore antimafia ha più un sapore simbolico che fattuale e potrebbe rappresentare il giusto palcoscenico per un magistrato che, da sempre, si è dimostrato estraneo a logiche correntizie e corporative. Il palcoscenico dal quale ammonire quei magistrati che, invece, continuano a rispondere a logiche di corrente. Non è un mistero, infatti, che Gratteri abbia spesso lanciato strali contro i propri colleghi, arrivando addirittura ad affermare che il 6-7% sia corrotto - e parliamo dunque di circa 400 toghe, magari dislocate nei posti più importanti. Il che, al netto di quello che può sembrare un atteggiamento imprudente da parte di un magistrato che spesso è stato criticato, anche dalle colonne di questo giornale, per i suoi risultati investigativi, rappresenta comunque un segnale: di certo non è disposto a fare sconti a nessuno, nel bene e nel male. Come noto, il procuratore di Catanzaro è attualmente in corsa assieme a Giovanni Melillo, procuratore di Napoli ed ex braccio destro dellallora ministro della giustizia Andrea Orlando, e Giovanni Russo, ex numero due delluscente Federico Cafiero de Raho e attuale reggente di via Giulia. La battaglia si giocherà allultimo secondo: i rumors di Palazzo dei Marescialli danno già per scontato il ballottaggio tra Gratteri e Melillo, salvo un passo indietro di Russo (auspicato da parte di alcune correnti). E al testa a testa a vincere potrebbe essere proprio Melillo, che dovrebbe poter contare su un pacchetto di voti più consistente, in particolare quello di Area, corrente che in Calabria non ha mai risparmiato critiche al procuratore di Catanzaro. Anche perché la sfida, come già chiarito, si svolgerà anche sul piano della campagna elettorale per le prossime elezioni del Csm e quindi anche sulla dote territoriale che ogni candidato porta con sé. Il gioco, ancora una volta, sarà in mano alle correnti. «Non sono un indovino e non posso prevedere il risultato - ha commentato dalla Calabria lex presidente dellAnm Luca Palamara -. Gratteri è sempre stato un magistrato fuori dal mondo delle correnti, un magistrato che a un certo punto è stato stoppato mentre stava per diventare ministro. La sua candidatura è una sfida, bisogna vedere se il "sistema" in qualche modo ancora vince oppure se prevale la meritocrazia». Fu proprio Palamara a svelare come avvenne la bocciatura di Gratteri quando il suo nome fu scelto dallallora premier Matteo Renzi per occupare la casella di via Arenula. Convocato durgenza a Roma, Gratteri chiese carta bianca al senatore di Rignano sullArno per «ribaltare il sistema della giustizia». E quando la voce prese a circolare tra le correnti, il Sistema - raccontò Palamara - si mise in moto per bloccare tutto». La sua colpa? Essere «molto autonomo, fuori dalle correnti e per di più intenzionato a fare rivoluzioni». Il Quirinale, ha raccontato lex capo dell'Anm nel suo primo libro, fu dunque preso dassalto dai «procuratori più importanti lo stesso Pignatone mi confiderà di aver avuto in quelle ore contatti e dai capicorrente». Così, Napolitano prese atto «che la cosa non si poteva fare». Renzi, però, salì comunque al Colle con quel nome, ricevendo in risposta un no secco. «Gratteri non era un problema solo in quanto Gratteri»: la mossa di Renzi, secondo Palamara, era una «sfida» al «sistema delle correnti e dei grandi procuratori». La sfida, ora, si ripropone: la nomina del procuratore della Dna potrebbe rappresentare la cartina di tornasole per stabilire lo stato di salute del Sistema. Che, per paradosso, potrebbe decidere di accomodare il magistrato calabrese nella prestigiosa ma innocua Via Giulia. Per levarselo di torno.