«Il reato di surrogazione di maternità è perseguibile anche quando è commesso in territorio estero da un cittadino italiano». La proposta di legge della deputata di Forza Italia Mara Carfagna si racchiude in questa semplice frase. Un ddl, il suo, per il quale è previsto domani il voto in Commissione Giustizia e poi l’approdo in Aula a Montecitorio il 26 aprile. Ma la sua proposta fa il paio con il ddl della Lega e di Fratelli d’Italia, che mira a modificare sempre l'articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (norme in materia di procreazione medicalmente assistita): «Al fine di ostacolare qualunque pratica che possa configurarsi come traffico commerciale di bambini - si legge -, è vietato accedere alla surrogazione di maternità in Paesi stranieri». Il cittadino italiano che ricorre alla surrogazione di maternità all'estero, secondo il progetto della Lega, deve dunque essere punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600mila a un milione di euro. Quella contro il cosiddetto utero in affitto è una battaglia che il Carroccio intende portare a fondo in maniera radicale, tanto da non accontentarsi della semplice iniziativa parlamentare. «Visto che c'è gente che la pensa diversamente saranno i cittadini a farci man forte», ha infatti dichiarato il leader della Lega, Matteo Salvini, che nei giorni scorsi si è presentato in Cassazione, assieme ai rappresentanti di alcune associazioni per il diritto alla vita (tra le altre: Alleanza Cattolica, Family Day, Medici cattolici, Movimento per la Vita, Nonni 2.0, Pro Vita, Steadfast eccetera), con lo scopo di depositare un disegno di legge di iniziativa popolare. Il testo è composto da tre articoli, secondo cui «la pratica della surrogazione di maternità offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane», tanto da dover essere considerata un reato da inserire nel Codice penale, all’articolo 600 (Riduzione e mantenimento in schiavitù o in servitù), «punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da 600mila a 2 milioni di euro» e «perseguito anche se il fatto è commesso in tutto o in parte all’estero». Ma non solo: «Il pubblico ufficiale che annoti nei registri dello stato civile il nato da maternità surrogata è punito ai sensi dell’articolo 567 comma 2 del Codice penale». Ovvero per false dichiarazioni nella formazione dell’atto di nascita, reato che prevede una pena da 5 a 15 anni. «Abbiamo presentato insieme a tante associazioni che si occupano di famiglia una pdl su cui raccoglieremo le firme in contro l'utero in affitto - ha dichiarato il leader della Lega -, la maternità surrogata, la donna usata come oggetto e i bimbi venduti come merce. Si tratta di un business da 6 miliardi di euro all'anno in tutto il mondo che va fermato in ogni maniera possibile». Il centrodestra, dunque, si schiera in maniera compatta contro la surrogazione di maternità. L’idea di fondo del ddl Carfagna è che non si tratti solamente di una tecnica riproduttiva, ma di una pratica «che incide su molti diritti umani e temi etici». Ovvero, che riduce a merce il bambino e la donna a strumento, mortificando la dignità umana, spesso «a causa di situazioni di coercizione o di bisogno». Sono diversi i Paesi in cui non vige un divieto per questa pratica: in quasi più della metà degli Stati membri dell’Unione europea, ad esempio, come nel caso del Belgio, della Danimarca, della Grecia e dei Paesi Bassi. Nel resto del mondo, invece, «la maternità surrogata è ammessa e praticata in Paesi estremamente diversi per cultura e per ricchezza – si pensi alla Thailandia, al Messico, all'India e al Nepal e a Paesi molto differenti da essi come gli Stati Uniti d'America e il Canada – e dove altrettanto diversi sono gli orientamenti giuridici e le leggi in materia». In Canada e negli Usa, ad esempio, viene distinta la «gestazione altruistica» da quella «lucrativa»: in Canada è permesso solo il primo tipo di pratica, mentre in alcuni Stati americani, come California e Florida, è ammessa in entrambe le tipologie. Il diritto internazionale ed europeo, dunque, non prevede nessuna norma che vieti la maternità surrogata. In Italia, invece, la legge 40 del 19 febbraio 2004 prevede il divieto di pratiche riconducibili al cosiddetto “utero in affitto”, le cui conseguenze, secondo il ddl Carfagna, sarebbero di difficile gestione. «È, pertanto, necessario attivarsi in tutte le sedi opportune per riconoscere e per tutelare in maniera omogenea negli ordinamenti nazionali e internazionali i diritti delle donne e dei bambini oggetto di sfruttamento e di mercificazione e porre fine a questa moderna forma di schiavitù». Da qui la necessità di estendere la perseguibilità della maternità surrogata «anche quando è compiuta in territorio estero da un cittadino italiano, in modo da poter contrastare in modo più efficace ed effettivo quei casi, purtroppo frequenti, di mercificazione imprenditorialmente organizzata realizzati da nostri connazionali all'estero». Punto sul quale non sono d’accordo i membri dell’Associazione Luca Coscioni, che con esperti e altre associazioni hanno depositato alla Camera dei deputati, a firma dell’onorevole Guia Termini, una terza proposta di legge che mira a regolamentare la gestazione per altri in Italia nella versione solidale, quindi senza commercializzazione. E il 13 aprile, in Commissione Giustizia alla Camera, la segretaria nazionale Filomena Gallo, avvocata esperta in diritto di famiglia e biodiritto, è stata audita per dire la sua sulla proposta del centrodestra. «La fecondazione medicalmente assistita deve essere trattata come una regolamentazione dell’aiuto che la scienza può dare per realizzare il diritto alla genitorialità e non come creazione di una struttura penale volta a impedire orribili azioni come alcuni contrari a queste tecniche pretendono di raccontare - ha dichiarato Gallo -. Il divieto che le due proposte all’esame della Commissione Giustizia vogliono introdurre è realisticamente e giuridicamente inapplicabile, irragionevole, privo di fondamento giuridico. La legge 40/04, prevede che i nati a seguito dell’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime. La stessa legge prevede che i nati non possono essere disconosciuti dalla coppia. Le due proposte di legge fanno emergere che il legislatore italiano, nel voler introdurre divieti, è incapace anche di intervenire sulla norma che vuole modificare, perché di fatto vuole introdurre un divieto che entra in contrasto con la stessa legge n.40 e le tutele tutte per i diritti dei nati». Ma non solo: definire la gestazione per altri “una barbarie e un business miliardario”, secondo Gallo, «è un insulto alle migliaia di persone che nel nostro Paese vogliono mettere su famiglia e avere dei figli, ma per diversi motivi non possono portare avanti una gravidanza. Il deposito della proposta di legge di iniziativa popolare contro la maternità surrogata da parte della Lega dimostra ancora una volta come parte della politica - ha aggiunto - preferisca adottare soluzioni punitive e coercitive per impedire una pratica normata e legale in altri Paesi e che in molti casi rappresenta l'unica possibilità di provare ad avere un figlio. L'obiettivo di tutti dovrebbe essere quello di evitare situazioni di incertezza normativa e fornire piena tutela ai diritti di tutti i soggetti coinvolti, in primis, ai minori. E invece il divieto di questa pratica non tutela nessuno in nessuna situazione, costringendo le coppie ad andare all'estero sostenendo costi importanti sotto diversi profili. Per questo chiediamo che la proposta di legge elaborata dall'Associazione Luca Coscioni venga presto discussa in Parlamento».