«Guardi, il santuario è imploso allo stesso modo che capitò nel 1991 all’Unione Sovietica: non per aver perso la guerra con gli avversari ma per l’eccesso di potere acquisito e le incredibili forzature fatte negli anni precedenti». Fabrizio Cicchitto, ex vicecoordinatore di Forza Italia con un passato nel Psi, analizza la fine dell’egemonia di Magistratura democratica alla Procura di Milano. La corrente di sinistra delle toghe prima di questa settimana aveva sempre espresso per quasi 40 anni e senza soluzione il procuratore del capoluogo lombardo. «Un santuario intoccabile», per usare le parole dell’ex presidente dell’Anm Luca Palamara. La nomina di un capo espresso dal gruppo moderato di Magistratura indipendente, Marcello Viola, segna fine del predominio di Md a Milano, ma anche l’incapacità, da parte di un ufficio giudiziario così importante, di esprimere dall’interno una nuova leadership. Ecco perché l’arrivo di Viola è anche la fine dell’interminabile stagione di Mani pulite, che Cicchitto visse in prima persona, schierandosi con Bettino Craxi al momento dello scoppio dell’inchiesta.

Onorevole, come nasce il predominio di Md a Milano?

Se ci rifacciamo al racconto di Palamara, il patto di ferro fra Md e la corrente di centro Unicost che ha condizionato per anni la magistratura italiana prevedeva che la Procura di Milano non potesse essere guidata da un magistrato non di sinistra.

Che spiegazioni si è dato?

Il discorso è complesso e articolato. La fine del comunismo nell’Urss ebbe immediate ripercussioni in Italia sul Pci. La fine del pericolo comunista, poi, creò enormi problemi agli altri partiti. Venne meno la loro rendita di posizione. I poteri forti del Paese ritirarono la delega che avevano consegnato loro, recuperando un capacità di controllo diretto. Penso ad esempio alle partecipazioni statali. Le racconto un aneddoto.

Prego.

Enrico Cuccia, vedendo quello che stava succedendo, mandò Salvatore Ligresti da Bettino Craxi, con cui era in ottimi rapporti, per dirgli di cavalcare l’ipotesi di una riforma di tipo presidenzialista, neo gollista. Craxi non capì lo spessore del messaggio e non accettò. Fu quella l’ultima sua occasione prima di finire travolto da Mani pulite.

Ed il Pci?

Il Pci nel frattempo si trovava davanti alla possibilità di dar vita con l’ala migliorista del partito ad un grande partito riformista, realizzando l’unità con i socialisti.

Però non andò così.

La scelta degli eredi di Enrico Berlinguer, orfani del 68, fu quella della rottura, con l’intenzione di abbattere Craxi.

A questo punto si inserisce il ruolo di Md.

Il procuratore Gerardo D’Ambrosio era stato un vecchio militante del Pci. Da capo del pool di Mani pulite disse chiaramente che era necessaria trovare un’alleanza con il Pds: le indagini fecero fuori cinque partiti e ne salvarono uno e mezzo: proprio il Pds e la sinistra democristiana. Ricordo l’espulsione di Tiziana Parenti dal pool perché voleva indagare anche a sinistra sul sistema delle tangenti. D’Ambrosio verra eletto in Parlamento con il Pds e lo stesso destino toccò ad Antonio Di Pietro, catapultato nel collegio blindato del Mugello. Non c’è bisogno di ricordare che non vennero fatte indagini quando Raul Gardini portò una valigetta con un miliardo di lire a Botteghe Oscure. Nel processo Enimont il presidente del collegio Tarantola arrivò addirittura negare l’autorizzazione a sentire come testimoni i segretari del partito: Achille Occhetto e Massimo D’Alema.

Oltre a questa “alleanza” con il Pds, la Procura di Milano ne strinse una fortissima con i giornali.

Oltre al pool dei magistrati c’era il pool dei direttori dei giornali che si sentivano ogni giorno alle 18 per concordare la prima pagina sulle indagini milanesi. E poi c’era il pool dei poveri cronisti giudiziari che si riunivano la sera dopo essere stati con il piattino in mano cercando un pm che gli concedesse una intervista.

La subalternità dei giornali fu totale.

Certamente. Silvio Berlusconi in quegli anni non venne mai toccato proprio perché le sue televisioni diedero grandissima visibilità all’inchiesta di Tangentopoli.

Mani pulite a Milano è stata anche un fiorire di inediti “trucchi” procedurali...

Quello raccontato dal gip Guido Salvini? Sì, i fascicoli, sempre con lo stesso numero, quello dell’arresto di Mario Chiesa, finivano tutti allo stesso gip, Italo Ghitti, poi eletto al Csm.

La magistratura milanese ebbe un potere immenso. È innegabile.

Un potere a più facce: quello del pool, dell’opinione pubblica, dell’ imprenditoria, dei giornali. Un potere fortissimo che ha destabilizzato la classe politica italiana. Il procuratore Francesco Saverio Borrelli in una intervista disse che i pm erano pronti a sostituirsi alla catastrofe dei partiti, però era necessario l’avallo del presidente della Repubblica.

Abbattuti i partiti il pool mise nel mirino Silvio Berlusconi.

Raggiungendo lo scopo nel 2013 con la cacciata dal Parlamento.

Veniamo ai giorni nostri.

Come ho detto all’inizio, la magistratura non era attrezzata per gestire tutto questo potere e si è sconfitta da sola a causa di una variante interna.

Palamara?

Sì. È stato sufficiente che Palamara e Unicost decidessero di rompere l’alleanza storica con Md, poi divenuta Area, per stringere accordi con un personaggio poliedrico come Cosimo Ferri, esponente di punta delle toghe moderate di Magistratura indipendente.

La magistratura di sinistra non lo ha perdonato.

Per far fuori Palamara non hanno utilizzato il cecchino ma hanno tirato la bomba atomica del trojan. Troppa grazia Sant’ Antonio, si potrebbe dire: per colpirlo hanno scoperchiato il Sistema.

Hanno fatto male i conti?

I magistrati sono di struttura politica molto bassa. Non hanno capito che era giunto il momento per cambiare tutto. Hanno pensato che eliminando Palamara si risolvesse ogni cosa. Il risultato? Dalle migliaia di persone che accompagnavano festanti il pool quando faceva una passeggiata in galleria a Milano, siamo finiti al crollo della fiducia dei giorni nostri. Le chat di Palamara hanno messo in luce la lottizzazione selvaggia, le dinamiche spartitorie sulle nomine. Il Csm di Palamara ha fatto 1.000 nomine con questo criterio. Mentre noi parliamo questi fanno i procuratori.

Torniamo a Milano.

Sono emerse situazioni senza precedenti. Mi riferisco alla gestione dei fascicoli da parte di Fabio De Pasquale. Lo scontro con questo modo di agire è deflagrato con il Paolo Storari, il Trotsky della situazione, difeso da tutti i sostituti.

Cosa dice della loggia Ungheria?

È una questione irrisolta, L’avvocato Piero Amara parla, più che di logge, di lobby. Ma non sono state fatte indagini. O è una invenzione, o Ungheria è così forte che nessuno vuole metterci le mani dentro.

Una riforma da fare subito?

La separazione delle carriere. Le correnti sono dominate dai pm che a loro volta dominano il Csm e decidono della carriera dei magistrati giudicanti. Poi serve il sorteggio per l’elezione dei componenti togati di Palazzo dei Marescialli.

Che futuro vede per la sinistra giudiziaria?

Io ricordo la prima Md, laica, libera, e garantista. È durata 4 anni, dal 1964 al 1968. In quegli anni la magistratura subiva il condizionamento dei retaggi del regime fascista. Poi il 68 ha estremizzato tutto e i magistrati si sono investiti di una missione etica. Una involuzione rispetto allo Stato di diritto e rispetto alla stessa sinistra. A ciò va aggiunto l’ingranaggio infernale di scambi fra Md e Pds/ Ds/ Pd con esponenti di quella corrente che venivano eletti in Parlamento e poi tornavano in Procura.

Lo scambio è continuato con l’ex procuratore di Milano Francesco Greco, nominato dal sindaco Pd di Roma Gualtieri delegato alla legalità.

Greco ha toppato su tutto, nella sua gestione, e Gualtieri lo nomina... mah. Spero si realizzi il progetto di Luciano Violante: smontiamo tutto e torniamo alle origini con un magistratura effettivamente garantista.