Convincetevi: i sistemi diversi dal proporzionale a poco a poco compromettono la “rappresentanza”
Si sostiene che il sistema proporzionale non consente ai cittadini di votare per il governo dimenticando, credo dolosamente, che appunto nell’ultima legislatura si sono costituiti tre governi che gli elettori non si sarebbero mai sognati di indicare.
La settimana scorsa si è svolto un convegno a Roma organizzata da partiti e associazioni varie sul sistema elettorale proporzionale e si sono poste le basi per una iniziativa referendaria nel caso il Parlamento si rifiutasse di prendere iniziative in tal senso.
Dopo le elezioni del Presidente della Repubblica e prima della guerra in Ucraina si era sviluppato un dibattito sulla necessità di scomporre e ricomporre i movimenti e i partiti per ritrovare la propria identità avendo tutti constatato la fine delle coalizioni.
La coalizione di centro destra, che dichiarava solennemente unità di azione ha constatato la sua disgregazione; la coalizione di centro sinistra che aspirava a un “campo largo” come diceva Enrico Letta, ha potuto verificare il “campo stretto” per la evanescenza del Movimento Cinque Stelle e la inaffidabilità del suo contestato leader. Di conseguenza tutti si stanno convincendo della necessità di modificare l’attuale equivoco sistema elettorale denominato Rosatellum per ritornare al sistema proporzionale e per ricercare appunto la identità del partito. Una lista di partito che sia capace di presentarsi agli elettori senza equivoci e per il nome che ha, per la sua consistenza e appunto la sua identità e che abbia la possibilità di essere riconosciuta dagli elettori: è questa l’esigenza più avvertita.
Se si modificherà il sistema elettorale possiamo considerare superati tutti gli innaturali collegamenti tra le liste elettorali che hanno caratterizzato la vita politica in questi ultimi trent’anni.
Tuttavia siccome vi sono spinte contrarie alla modifica del sistema elettorale sostenute anche da autorevoli personaggi, ritorniamo sull’argomento con la speranza di convincere i più riottosi, e ci poniamo alcune domande. Come è possibile affermare, dopo l’esperienza degli ultimi trent’anni e in particolare degli ultimi quattro anni, che il ritorno al proporzionale rischi di generare “un Parlamento ingovernabile”?!.
Il tradimento delle indicazioni degli elettori con i vari e diversi governi costituiti nella legislatura in corso non fa riflettere sulla necessità di trovare una modalità sostanziale e formale per far rispettare la volontà del corpo elettorale?
Si sostiene che il sistema proporzionale non consente ai cittadini di votare per il governo dimenticando, credo dolosamente, che appunto nell’ultima legislatura si sono costituiti tre governi che gli elettori non si sarebbero mai sognati di indicare.
Perché allora questo preconcetto, questo pregiudizio insistente da parte di tanti politici o politologi.
Io ritengo che derivi dalla paura di presentarsi all’elettorato per quello che si è, cioè senza l’identità perché ogni movimento è inconsistente e crede di accreditarsi o di nascondersi dietro una coalizione possibilmente vincente per avere l’investimento del governo del Paese.
Su questa illusione si è creato un bipolarismo astratto forzato che avrebbe dovuto rappresentare la maturità della politica non più frazionata o affollata di partiti piccoli o grandi, e invece sono stati i partiti personali e ogni giorno si preannunciano di nuovi, per cui il panorama politico è avvolto da una nebbia fitta che crea un distacco marcato con i cittadini.
“Le coalizioni sono nate non per convinzione ma per necessità” dice giustamente D’Alimonte, necessità dettate da regole elettorali inevitabili, sembra aggiungere per la fine del comunismo e per le conseguenze di Mani Pulite. Siccome le coalizioni si sono fatte per “necessità” non sono risultate valide e non hanno governato il Paese. La crisi politica e l’assenza di partiti deriva da questo. L’esperienza del ’ 94 di Berlusconi è stata valida per pochi anni, ma successivamente, riconosciamolo, abbiamo assistito ad un’ingovernabilità che ha fatto danni al Paese. Quindi le coalizioni non sono né fasulle né inesistenti. L’esodo dei parlamentari da un gruppo a un altro deriva da questo disagio, da queste incertezza per cui ognuno sta male ed è provvisorio in ogni gruppo. Viene da sorridere quando l’onorevole Segni imperterrito da trent’anni continua a dire che il proporzionale ci porterebbe al disastro, ritenendo dunque l’attuale Parlamento e i partiti politici attuali una cosa positiva?!!.
Non c’è bisogno di alcun commento. E D’Alimonte aggiunge che “adottando il sistema proporzionale che consente le alleanze tra gruppi parlamentari dopo le elezioni si determinerebbe una discontinuità con i sistemi elettorali per le Regioni e i Comuni stabiliti sin dal 1993”.
“Nel momento in cui cresce la voglia di proporzionale, c’è anche il rischio di consolidare un sistema incoerente in cui gli elettori votano direttamente sindaci e presidente, ma non il governo nazionale: si rischia di ritrovarsi con un Parlamento ingovernabile”.
“Di questo passo si finirà per buttare a mare quel poco di stabilità che abbiamo faticosamente raggiunto finora”. È un mistero dove D’Alimonte veda un “poco di stabilità” perché le cose che sono capitate in questa legislatura non hanno precedenti nella storia repubblicana.
Le coalizioni a livello locale non sono politiche né consolidate, sono fasulle e artificiose e procurano l’ingessatura del Presidente delle Regioni, e il dominio del Sindaco nei comuni dove i consiglieri comunali non hanno nessun ruolo e gli scioglimenti dei consigli comunali sono all’ordine del giorno.
I sistemi diversi da quello proporzionale, determinano “l’indistinto” e a poco a poco compromettono la “rappresentanza”. Infatti in assenza di un sistema proporzionale i partiti sono diventati personali, hanno perduto la loro peculiarità, la loro specificità, e hanno consentito il più bieco trasformismo, l’indifferenza rispetto alle scelte, e hanno diseducato e corrotto la classe dirigente.
Sorprende, dunque, che dopo l’esperienza fatta in questi lunghi anni con i sistemi elettorali sempre diversi ma con costanti incertezze politiche e con assenza di governabilità, si continui a ritenere che il sistema proporzionale sia invece la causa della ingovernabilità e delle divisioni, e meraviglia che anche firme autorevoli del giornalismo, così come raffinati politologi possano non tenere conto di quelle esperienze e continuare a ripetere che il sistema proporzionale è dannoso.
La frase a effetto che si pronunzia e che è di una stupidità disarmante è che bisogna sapere la sera delle elezioni chi ha vinto: io dico che dopo trent’anni non so ancora chi ha vinto le varie elezioni in questi lunghi anni tenuto conto che l’onorevole Berlusconi che certamente ha vinto due o tre volte, non ha avuto stabilità, è stato interrotto nel suo governo e costretto alle dimissioni così come il governo di Prodi, ed è certamente arduo stabilire chi ha vinto nelle ultime elezioni del 2018.
Il Parlamento deve essere rappresentante di quello che c’è nel Paese e al suo interno debbono costituirsi le alleanze che non sono “inciuci” ma alleanze che dovrebbero essere fatte, queste sì, nell’interesse del Paese.
In conclusione l’auspicio è che dopo la sciagurata delibera del taglio dei parlamentari che “taglia” la democrazia, il Parlamento rinsavendo introduca finalmente una legge elettorale che raccolga il consenso in maniera proporzionale per tutte le espressioni culturali e politiche presenti nel Paese.
Convincetevi: i sistemi diversi dal proporzionale a poco a poco compromettono la “rappresentanza”
La settimana scorsa si è svolto un convegno a Roma organizzata da partiti e associazioni varie sul sistema elettorale proporzionale e si sono poste le basi per una iniziativa referendaria nel caso il Parlamento si rifiutasse di prendere iniziative in tal senso.
Dopo le elezioni del Presidente della Repubblica e prima della guerra in Ucraina si era sviluppato un dibattito sulla necessità di scomporre e ricomporre i movimenti e i partiti per ritrovare la propria identità avendo tutti constatato la fine delle coalizioni.
La coalizione di centro destra, che dichiarava solennemente unità di azione ha constatato la sua disgregazione; la coalizione di centro sinistra che aspirava a un “campo largo” come diceva Enrico Letta, ha potuto verificare il “campo stretto” per la evanescenza del Movimento Cinque Stelle e la inaffidabilità del suo contestato leader. Di conseguenza tutti si stanno convincendo della necessità di modificare l’attuale equivoco sistema elettorale denominato Rosatellum per ritornare al sistema proporzionale e per ricercare appunto la identità del partito. Una lista di partito che sia capace di presentarsi agli elettori senza equivoci e per il nome che ha, per la sua consistenza e appunto la sua identità e che abbia la possibilità di essere riconosciuta dagli elettori: è questa l’esigenza più avvertita.
Se si modificherà il sistema elettorale possiamo considerare superati tutti gli innaturali collegamenti tra le liste elettorali che hanno caratterizzato la vita politica in questi ultimi trent’anni.
Tuttavia siccome vi sono spinte contrarie alla modifica del sistema elettorale sostenute anche da autorevoli personaggi, ritorniamo sull’argomento con la speranza di convincere i più riottosi, e ci poniamo alcune domande. Come è possibile affermare, dopo l’esperienza degli ultimi trent’anni e in particolare degli ultimi quattro anni, che il ritorno al proporzionale rischi di generare “un Parlamento ingovernabile”?!.
Il tradimento delle indicazioni degli elettori con i vari e diversi governi costituiti nella legislatura in corso non fa riflettere sulla necessità di trovare una modalità sostanziale e formale per far rispettare la volontà del corpo elettorale?
Si sostiene che il sistema proporzionale non consente ai cittadini di votare per il governo dimenticando, credo dolosamente, che appunto nell’ultima legislatura si sono costituiti tre governi che gli elettori non si sarebbero mai sognati di indicare.
Perché allora questo preconcetto, questo pregiudizio insistente da parte di tanti politici o politologi.
Io ritengo che derivi dalla paura di presentarsi all’elettorato per quello che si è, cioè senza l’identità perché ogni movimento è inconsistente e crede di accreditarsi o di nascondersi dietro una coalizione possibilmente vincente per avere l’investimento del governo del Paese.
Su questa illusione si è creato un bipolarismo astratto forzato che avrebbe dovuto rappresentare la maturità della politica non più frazionata o affollata di partiti piccoli o grandi, e invece sono stati i partiti personali e ogni giorno si preannunciano di nuovi, per cui il panorama politico è avvolto da una nebbia fitta che crea un distacco marcato con i cittadini.
“Le coalizioni sono nate non per convinzione ma per necessità” dice giustamente D’Alimonte, necessità dettate da regole elettorali inevitabili, sembra aggiungere per la fine del comunismo e per le conseguenze di Mani Pulite. Siccome le coalizioni si sono fatte per “necessità” non sono risultate valide e non hanno governato il Paese. La crisi politica e l’assenza di partiti deriva da questo. L’esperienza del ’ 94 di Berlusconi è stata valida per pochi anni, ma successivamente, riconosciamolo, abbiamo assistito ad un’ingovernabilità che ha fatto danni al Paese. Quindi le coalizioni non sono né fasulle né inesistenti. L’esodo dei parlamentari da un gruppo a un altro deriva da questo disagio, da queste incertezza per cui ognuno sta male ed è provvisorio in ogni gruppo. Viene da sorridere quando l’onorevole Segni imperterrito da trent’anni continua a dire che il proporzionale ci porterebbe al disastro, ritenendo dunque l’attuale Parlamento e i partiti politici attuali una cosa positiva?!!.
Non c’è bisogno di alcun commento. E D’Alimonte aggiunge che “adottando il sistema proporzionale che consente le alleanze tra gruppi parlamentari dopo le elezioni si determinerebbe una discontinuità con i sistemi elettorali per le Regioni e i Comuni stabiliti sin dal 1993”.
“Nel momento in cui cresce la voglia di proporzionale, c’è anche il rischio di consolidare un sistema incoerente in cui gli elettori votano direttamente sindaci e presidente, ma non il governo nazionale: si rischia di ritrovarsi con un Parlamento ingovernabile”.
“Di questo passo si finirà per buttare a mare quel poco di stabilità che abbiamo faticosamente raggiunto finora”. È un mistero dove D’Alimonte veda un “poco di stabilità” perché le cose che sono capitate in questa legislatura non hanno precedenti nella storia repubblicana.
Le coalizioni a livello locale non sono politiche né consolidate, sono fasulle e artificiose e procurano l’ingessatura del Presidente delle Regioni, e il dominio del Sindaco nei comuni dove i consiglieri comunali non hanno nessun ruolo e gli scioglimenti dei consigli comunali sono all’ordine del giorno.
I sistemi diversi da quello proporzionale, determinano “l’indistinto” e a poco a poco compromettono la “rappresentanza”. Infatti in assenza di un sistema proporzionale i partiti sono diventati personali, hanno perduto la loro peculiarità, la loro specificità, e hanno consentito il più bieco trasformismo, l’indifferenza rispetto alle scelte, e hanno diseducato e corrotto la classe dirigente.
Sorprende, dunque, che dopo l’esperienza fatta in questi lunghi anni con i sistemi elettorali sempre diversi ma con costanti incertezze politiche e con assenza di governabilità, si continui a ritenere che il sistema proporzionale sia invece la causa della ingovernabilità e delle divisioni, e meraviglia che anche firme autorevoli del giornalismo, così come raffinati politologi possano non tenere conto di quelle esperienze e continuare a ripetere che il sistema proporzionale è dannoso.
La frase a effetto che si pronunzia e che è di una stupidità disarmante è che bisogna sapere la sera delle elezioni chi ha vinto: io dico che dopo trent’anni non so ancora chi ha vinto le varie elezioni in questi lunghi anni tenuto conto che l’onorevole Berlusconi che certamente ha vinto due o tre volte, non ha avuto stabilità, è stato interrotto nel suo governo e costretto alle dimissioni così come il governo di Prodi, ed è certamente arduo stabilire chi ha vinto nelle ultime elezioni del 2018.
Il Parlamento deve essere rappresentante di quello che c’è nel Paese e al suo interno debbono costituirsi le alleanze che non sono “inciuci” ma alleanze che dovrebbero essere fatte, queste sì, nell’interesse del Paese.
In conclusione l’auspicio è che dopo la sciagurata delibera del taglio dei parlamentari che “taglia” la democrazia, il Parlamento rinsavendo introduca finalmente una legge elettorale che raccolga il consenso in maniera proporzionale per tutte le espressioni culturali e politiche presenti nel Paese.
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