Escono dal carcere, ma si trovano senza il sostegno delle istituzioni. Un problema che in realtà ha una sua soluzione fin dal 1975, quando furono varate le norme sull'ordinamento penitenziario, attraverso i Consigli di aiuto sociale (Cas) che hanno la finalità istituzionale di assistere i detenuti, in particolar modo quelli che finiscono di scontare la pena. Una realtà, unica in Italia, che è stata recentemente costituita dal presidente del Tribunale palermitano Antonio Balsamo. Ora la richiesta della sua istituzione è stata avanzata alla presidente del tribunale cosentino, da parte del direttivo della Camera Penale di Cosenza, assieme alla coordinatrice osservatorio Carcere Chiara Penna e la referente dell’Osservatorio nazionale Valentina Spizzirri.

Nella richiesta avanzata alla presidente del Tribunale, l’Osservatorio Carcere della Camera Penale di Cosenza sottolinea che la norma in vigore dal 1975, ma che ancora non ha avuto seguito, prevede che presso il capoluogo di ciascun Circondario sia istituito un Consiglio di aiuto sociale, presieduto dal Presidente del Tribunale o da un magistrato da lui delegato, e composto dal Presidente del tribunale dei minorenni o da un altro magistrato da lui designato, da un magistrato di sorveglianza, da un rappresentante della regione, da un rappresentante della provincia, da un funzionario dell’amministrazione civile dell’interno designato dal prefetto, dal sindaco o da un suo delegato, dal medico provinciale, dal dirigente dell’ufficio provinciale del lavoro, da un delegato dell’ordinario diocesano, dai direttori degli istituti penitenziari del circondario. Ne fanno parte sei componenti nominati dal Presidente del Tribunale fra i designati da enti pubblici e privati qualificati nell’assistenza sociale.

«Il Consiglio di Aiuto Sociale - si legge nella richiesta avanzata dai penalisti di Cosenza viene, infatti, informato dal Direttore dell’istituto penitenziario, della prevista dimissione del detenuto, almeno tre mesi prima e cura che siano fatte frequenti visite ai liberandi, al fine di raccogliere tutte le notizie occorrenti per accertare i loro reali bisogni. Il Consiglio studia, dunque, il modo di provvedervi, secondo le attitudini dei liberandi e le condizioni familiari, assistendo poi il liberato con efficaci interventi a suo favore, per curarne il reinserimento sociale». Non solo. Nella richiesta indirizzata alla presidente del tribunale, si sottolinea che il Cas presta soccorso, con la concessione di sussidi in natura o in denaro, alle vittime del delitto e provvede alla assistenza in favore dei minorenni orfani a causa del delitto.

«È talmente rilevante, dunque, il ruolo affidato dal Legislatore ai Consigli di Aiuto Sociale – osservano i penalisti dell’osservatorio carcere - che la loro assenza dimostra evidentemente il disinteresse della politica al reale reinserimento sociale dei detenuti - che, com’è facile comprendere e come dimostrano le statistiche sulle misure alternative, fa diminuire notevolmente il rischio di recidiva - nonché alla effettiva tutela delle vittime di crimini violenti».

Con questa richiesta, sollecitano la presidente del tribunale, per quanto di competenza, a predisporre i necessari atti per la formazione dei Consigli di Aiuto Sociale, dando così attuazione all’art. 74 dell’ordinamento penitenziario. Ricordiamo, come ha riportato Il Dubbio, che recentemente il Dap ha emanato una circolare indicando delle linee guida per preparare i detenuti ad affrontare la libertà. Qualche tempo prima, ad ottobre scorso, il deputato Roberto Giachetti di Italia Viva – su segnalazione di Rita Bernardini del Partito Radicale - ha depositato una interrogazione parlamentare rivolta alla ministra della Giustizia, proprio per chiedere contezza della mancata costituzione dei Cas.