«Lo scopo perseguito da Storari nel rivolgersi a Davigo» era quello di «segnalare ciò che costituiva, secondo la sua versione dei fatti, una inerzia investigativa pericolosa posta in essere dal procuratore capo Greco e dalla dottoressa Pedio, in quanto relativa a fatti gravi, di rilievo sia penale che disciplinare, a carico o a danno ( anche) di componenti del Csm, al fine di valutare la necessità di "veicolare" tali informazioni al Csm tramite un interlocutore ritenuto istituzionalmente qualificato a riceverle, il quale si era impegnato a fare da “tramite” con il Comitato di Presidenza».

È quanto scrive il gup di Brescia, Federica Brugnara, nelle motivazioni con le quali ha assolto il sostituto procuratore di Milano Paolo Storari (difeso dall’avvocato Paolo Dalla Sala) dall’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio, per aver consegnato i verbali segreti dell’ex avvocato esterno di Eni Piero Amara sulla presunta loggia Ungheria all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Un’assoluzione che elimina ogni sospetto su eventuali altri scopi perseguiti da Storari nel percorrere una strada ritenuta «irrituale», ma non del tutto illegittima, alla luce delle famose circolari del 1994 e del 1995 più volte tirate in ballo da Davigo.

Il pm milanese non avrebbe avuto dunque l’intenzione - invece contestata a Davigo, per il quale il processo a Brescia inizierà ad aprile - di screditare Sebastiano Ardita, consigliere del Csm tirato in ballo da Amara nei suoi verbali come presunto appartenente alla loggia, ipotesi ritenuta «congetturale. Fu Davigo, infatti, ad informare altri membri del Csm, le sue segretarie e il presidente della Commissione antimafia Nicola Morra della sua presunta appartenenza ad una loggia, consigliando dunque di «prendere le distanze» da lui.

Secondo la giudice, Storari sarebbe incorso «in errore» su una norma extrapenale, ovvero in relazione ai poteri di inchiesta e di acquisizione delle informazioni coperte dal segreto da parte del Csm, che ha determinato «un errore sul fatto», essendo convinto «di rivelare informazioni segrete a soggetto deputato a conoscerle e pertanto di non commettere alcuna rivelazione illegittima, ma “autorizzata” e/ o addirittura dovuta».

Un errore «scusabile» in primo luogo per il ruolo di Davigo, componente del Csm ed ex presidente dell’Anm nonché giudice di Cassazione, che aveva «rassicurato l'imputato della insussistenza del segreto istruttorio». Cosa che, afferma la giudice, è «in astratto compatibile con quanto affermato nelle circolari, seppur in modo non del tutto chiaro e lineare» e si evince anche dalla decisione presa dal Csm in sede cautelare, che ha escluso, nel valutare la posizione di Storari, «una grave inosservanza delle norme regolamentari», alla luce «delle problematiche interpretative delle Circolari del 1994 e del 1995 e della ' interpretazione normativa di non piana soluzione”».

Storari, nel rivolgersi a Davigo, non ha fatto riferimento ad alcun magistrato il cui nome fosse contenuto nei verbali di Amara. E il fatto che poi Davigo abbia allertato diversi consiglieri del Csm «in ordine alla presunta appartenenza dei dottori Ardita (che sarà parte civile al processo, ndr) e Mancinetti alla c. d. Loggia Ungheria», non può valere, «in via retroattiva, quale interpretazione “autentica” delle finalità perseguite da Storari all’atto della consegna dei verbali. Né quest’ultimo può rispondere della condotta eventualmente posta in essere da altro soggetto in un momento successivo, in quanto non prevedibile e non sottoposta al suo dominio».

Qualunque fosse l’obiettivo di Davigo, Storari avrebbe agito nella convinzione di muoversi nell’alveo della legge, col fine di segnalare «una gestione delle indagini non del tutto appropriata» da parte di Greco e Pedio «e di comunicare al Csm il possibile coinvolgimento di magistrati ( anche appartenenti alla medesima istituzione) in fatti gravissimi, per le valutazioni di competenza». L’ex pm di Mani Pulite, dal canto suo, ha assicurato «che avrebbe fatto da suo tramite con il Comitato di presidenza».

Il fatto che poi abbia ritenuto di rivolgersi al procuratore generale della Cassazione per sollecitare le indagini, cosa non richiesta da Storari, «non può ripercuotersi sugli obiettivi, di diverso tipo (...), perseguiti dall’imputato». E anche se il pm milanese ha deciso di non seguire la via del plico riservato da inviare al Comitato di Presidenza del Csm, anche quanto riferito dal vice presidente David Ermini in ordine alla irricevibilità degli atti, «lumeggia certamente l’irritualità della strada seguita, non già l’insussistenza di competenza del Csm in ordine a quanto appreso. D'altronde lo stesso, proprio alla luce della gravità delle notizie, si determinava a riferirne il contenuto al Presidente della Repubblica».

Una versione, quella di Ermini, parzialmente contestata da Davigo, «ma sarà la sede dibattimentale, in relazione al reato per cui si procede separatamente, a colmare le lacune e le contraddizioni emerse, anche sulle finalità perseguite da Davigo nella consegna dei verbali allo stesso ed agli altri consiglieri».