Quando il politicamente corretto sfocia nel grottesco, la censura bellica si trasforma in esplicita russofobia. Non c'è persona, prodotto o animale che non finisca nel mirino di quanti pensano di dare un contributo alla causa antiputiniana colpendo a casaccio. L'ultima trovata riguarda la vodka, finita all'indice di Bernabei, storico marchio romano del beverage, che ha deciso di bloccare la vendita del distillato russo attraverso i propri canali commerciali. Online «è completamente oscurata, non si può ne vedere né comprare, e la vogliamo eliminare totalmente dal nostro catalogo», rivendica il patron dell'azienda. Ma la vodka, dicevamo, è solo una delle iniziative nate un po' a casaccio in tutto il mondo. Solo due giorni fa, la guerra allo zar si è combattuta sul versante felino. Sì, perché pure i gatti russi vengono esclusi dalle competizioni internazionali per dare un segnale forte di fronte ai gatti del resto del mondo. Un trattamento che nemmeno i colleghi persiani hanno mai dovuto subire pur provenendo da un Paese in cima alla lista degli Stati canaglia stilata dal governo Usa. E dopo aver escluso Mosca dai mondiali di calcio e i club russi dalle competizioni Uefa, è toccato agli atleti paralimpici russi e bielorussi - che ieri avrebbero dovuto inaugurare i Giochi invernali di Pechino (in programma dal 4 al 13 marzo) - scoprire di essere stati estromessi da ogni gara. Un segnale forte che però ottiene un risultato insperato: fornire argomenti alla propaganda putiniana. «Questa situazione è decisamente mostruosa», ha avuto gioco facile nel commentare il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Grazie a una certa disparità di trattamento, il tennista numero uno al mondo Daniil Medvedev è riuscito invece a scamparla: dopo una scia lunghissima di polemiche e isterismi potrà continuare a gareggiare World Tour (Grand Slam compresi) purché senza bandiera russa. I censori più creativi, però, restano gli italiani. A cominciare dal sindaco di Milano, nonché presidente della Fondazione teatro alla Scala, Beppe Sala, che ha tolto la bacchetta dalle mani del maestro Valery Gergiev. Il motivo? La mancata abiura al putinismo. E senza prendere nemmeno in considerare eventuali ripercussioni in patria per Gergiev e la sua famiglia, il sindaco di Milano ha stabilito che oggi il maestro non dirigerà La dama di picche di Cajkovskij. Ed è sempre a Milano che va in scena la commedia più ridicola di questa saga. L'università Bicocca chiede allo scrittore Paolo Nori di rinviare un seminario di quattro lezioni gratuite e aperte a tutti su Dostoevskij per «evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto è un momento di forte tensione». Unoffesa alla cultura mondiale e anche alla resistenza ucraina, certamente non interessata a bruciare i libri. Sempre che qualcuno non rimproveri ai combattenti pure di difendersi con dei russissimi kalashnikov e delle moscovite molotov.