di Sandra Berardi (ASSOCIAZIONE YAIRAIHA ONLUS)

Pittelli è tornato a casa. Bene. Il suo sciopero della fame contro l'assurda revoca degli arresti domiciliari (ottenuti per motivi di salute gravi) è stato ascoltato da tanti, e anche dal Gip. A Pittelli la misura domiciliare era stata riconosciuta per la condizione di “devastazione psicologica” causata dai 9 mesi circa di carcerazione preventiva.

Allora perché non considerare quei 9 detenuti su 100, attualmente quasi 5000 persone, che soffrono di patologie psicologiche e psichiatriche ( tra i quali la percentuale più alta soffre di nevrosi dovute alla detenzione in sé) meritevoli di attenzione pubblica e di misure alternative al carcere al pari di Pittelli? È di ieri l'ennesima notizia di suicidio in carcere: Manuela Agosta non aveva ancora 30 anni e si è impiccata a poche ore dall'arresto. Dal suo ingresso in carcere non ha mai smesso di piangere e nessuno ha tenuto in considerazione l'evidente “devastazione psicologica” che l'ha annientata fino a portarla a farla finita. È stato il decimo suicidio dall'inizio dell'anno di persone giovanissime. Ora siamo arrivati a 12 suicidi.

Una riflessione bisogna pur farla altrimenti si rischia di far passare per giustizia l'ennesimo privilegio. Quando si tratta di diritto alla salute dei detenuti, a prescindere dalla singola posizione giudiziaria se ancora imputati o se già condannati in via definitiva, gli esempi favor rei da fare non sono tanti. O meglio, le norme a tutela dei diritti dei detenuti vengono facilmente applicate per gli indagati e/ o condannati “eccellenti” mentre divengono inapplicabili per chiunque altro.

Basti pensare alle migliaia di detenuti che soffrono di patologie fisiche o psicologiche - oppure di entrambe - gravissime, e magari rimangono in regime di custodia cautelare anche per anni, oppure hanno diversi decenni di detenzione alle spalle, ai quali l'applicazione degli istituti di tutela viene sistematicamente negata. E ancor più negata è l'attenzione pubblica e istituzionale.

Quanti detenuti e detenute che non si chiamano Formigoni, che hanno quindi più di 70 anni, si trovano in carcere? Quanti detenuti e detenute che non si chiamano Dell'Utri, con patologie ben più gravi anzi, gravissime, si trovano ancora in carcere?

Voglio ricordare la storia di alcune persone tra le tante per le quali abbiamo sollecitato interventi urgenti: Salvatore Giordano (due morti di tumore in carcere per un 2019 da dimenticare – Il Dubbio); Carmelo Caminiti, un detenuto in attesa di giudizio che si è sempre professato innocente, con gravissime patologie che ha iniziato uno sciopero della fame (dopo tre anni di custodia cautelare in carcere) affinché venisse ascoltato da un procuratore.

Dopo due mesi di sciopero della fame venne ricoverato ormai in coma, morirà dopo pochi giorni e assolto per non aver commesso il fatto a due mesi dalla morte (ha gravi patologie ma le sue condizioni sono ritenute compatibili con il carcere. Ora è in coma – Il Dubbio). E ancora, il caso di Domenico Papalia: ha 77 anni, da 44 anni in carcere e un tumore ormai in metastasi (Domenico Papalia in carcere da 44 anni con gravissime patologie e senza speranza di uscire – Il Dubbio); quello di Carmelo Latino, che dopo 5 mesi di isolamento con gravi problemi psichici è arrivato a cucirsi la bocca (Carcere di Parma, ha gravi problemi psichici e da 5 mesi è in isolamento totale – Il Dubbio) oppure quello recente di Vincenzino Iannazzo, lasciato morire in carcere, in 41 bis e in condizioni disumane, nonostante le gravissime e plurime patologie per cui più volte era stata presentata, e rigettata, istanza di differimento della pena che, anche in tal caso, sarebbe dovuta essere obbligatoria (L’agonia di Iannazzo: lasciato al 41bis nonostante fosse gravissimo – Il Dubbio).

L'elenco sarebbe ancora lungo. E già nel 2018 rivolgemmo un appello alle autorità competenti, rinnovato con l'esplosione della pandemia (Appello: Sospensione della pena per tutti detenuti malati e anziani - Osservatorio Repressione), affinché venisse riconosciuto il diritto alla salute e le garanzie costituzionali a quelle diverse migliaia di persone anziane e ammalate che da sempre, e ancora oggi, subiscono la spada di una Giustizia garantista solo con i forti.