La relazione del presidente dell'Ordine degli avvocati di Trieste, Alessandro Cuccagna, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario 2022. Eccellentissimo Signor Presidente della Corte Eccellentissimo Signor Procuratore Generale Illustrissimi Magistrati, Autorità Civili e Religiose, Colleghe e Colleghi Gentili Signore e Signori,Sono fuggito ai pescecani. Ho evitato le tigri. Ma mi hanno divorato le cimici”, Bertold Brecht “Epitaffio per M.”. Se un pregio può essere ascritto agli operatori del mondo del diritto, e quindi anche all’Avvocatura, è quello di avere una visione del possibile svolgimento delle vicende e delle questioni di diritto, così come si sviluppano nei procedimenti, i quali, inevitabilmente, rappresentano anche uno spaccato del vivere e del sentire della nostra Società. Mi trovo personalmente al volgere della fine del mio mandato, un anno mi attende per portare a compimento il quadriennio e, ripensando ai precedenti discorsi e alle provocazioni iniziali rappresentate dagli incipit, mi rendo conto che, sebbene inconsciamente vista la mia pochezza, vi è un filo conduttore che li lega. Nel 2020 affrontai, in prima battuta, il ruolo dell’Avvocato della nostra società, quale elemento cardine della Legalità e della Giurisdizione. Nel 2021, prendendo spunto da Ernest Hemingway (“Per chi suona la campana”), ho ricordato cosa significhi l’impegno sociale, politico, civile, e il non mantenere gli impegni presi, facendo riferimento a quello che si stava già verificando in Afghanistan e che oggi è giunto a pieno compimento, rappresentando il non isolato esempio, ma sicuramente il più eclatante, di che cosa vuol dire l’assenza di una cultura, anche della Legalità, in cui si stanno perpetuando  ripetute violazioni dei più elementari diritti umani. Stiamo vivendo dei tempi particolarmente difficili, che si riverberano anche sul fondamentale settore della Giustizia; apparteniamo a un Distretto nel quale i rapporti di fattiva collaborazione, nel rispetto delle reciproche prerogative e ruoli, tra la Magistratura e l’Avvocatura, hanno consentito lo svolgimento, senza lo svilimento, dell’attività giudiziaria, superando gli ostacoli che si sono posti, e di un tanto va dato atto. Ricollegandomi a quanto già espresso lo scorso anno, osservo come, nello sviluppo delle riforme sul versante civile e su quello penale, si è ritenuto di non coinvolgere pienamente l’Avvocatura, ed in parte la Magistratura, nella ricerca di soluzioni atte a garantire il funzionamento più efficiente della Giustizia. Occorre doverosamente dare atto che, da ultimo, grazie all’impulso dato dalla Ministro Professoressa Marta Cartabia, si è dato corso all’istituzione dei gruppi di lavoro per la riforma del processo civile, e questo rappresenta un passo realmente significativo, che coinvolge e responsabilizza tutti i protagonisti del nostro mondo e dimostra che queste riforme – quantomeno sotto forma dell’enunciazione di principio e confidiamo lo siano nel merito - vanno considerate come espressione di partecipazione e non octroyées, come le pur importanti carte dei diritti di fine settecento e primi ottocento. Per quanto attiene poi al processo penale, la Ministro Guardasigilli, con la sensibilità e la competenza che le vengono riconosciute, ha introdotto temi che aprono a nuovi scenari, mi riferisco alla forte spinta propulsiva rappresentata dalla giustizia riparativa; il tema è comprendere se tale istituto sarà l’elemento cardine del nostro sistema penale oppure verrà considerato come qualcosa di alternativo o complementare alla giustizia penale. Ciò detto, rileviamo che da più parti si è assistito a prese di posizione volte a limitare l’esercizio di quei diritti, espressione di principi di civiltà giuridica che hanno caratterizzato, e caratterizzano, il processo penale. Sotto questo profilo, l’Avvocatura ritiene che non può parlarsi di una giustizia reale ed efficiente in assenza di una difesa caratterizzata da effettività, forse, pur rendendoci conto delle indubbie difficoltà che vi sono, per garantire un celere svolgimento del processo penale occorrerebbe riscoprire ed applicare le norme di attuazione al codice di procedura penale, invece di auspicare l’abolizione del processo accusatorio; è inevitabile che un tanto comporterebbe una rivoluzione nei ruoli dei Magistrati, ma oggi è ben difficile che i processi possano chiudersi celermente quando il Giudicante ha decine di procedimenti fissati nella stessa giornata. Una delle cause principali di questo stato di cose è stata, ed è, pur in presenza di un significativo cambio di rotta – le recenti assunzioni ed interventi lo dimostrano - l’assenza di uomini e di mezzi, che ha afflitto, per troppo tempo, il settore della Giustizia. Le vicende legate alla pandemia hanno indubbiamente inciso profondamente sulla nostra Società e hanno avuto riflessi, non solo operativi, anche nel nostro mondo. L’Avvocatura ha dovuto prendere atto della smaterializzazione delle udienze, sia nel settore civile che in quello penale e, nel nostro Distretto, non può non apprezzarsi che l’uso della tecnologia da parte della Magistratura sia avvenuto con attenzione e discernimento, usando tale strumento ed applicandolo con cautela, in particolare con riferimento al settore penale. L’Avvocatura ha dato buona prova nell’adattarsi alla mutata situazione, ma ritiene essenziale che le innovazioni tecnologiche, che indubbiamente consentono di superare determinate barriere – pur presentando ancora oggi degli inconvenienti, anche tecnici - non possano supplire a quello che è il confronto nelle aule di giustizia, né sostituirlo. La ricerca dell’efficienza a tutti i costi, in uno alle urgenze e alle necessità dell’attuale momento, e qui mi riferisco anche ai fondi europei legati all’attuazione dei progetti previsti per il settore Giustizia dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, non possono incidere sulla tutela dei diritti fondamentali, ecco perché l’Avvocatura è pronta a dare il proprio apporto nell’ambito di una riforma organica, la cui visione deve essere quella di una efficiente e reale Giustizia illuminata da principi cardine, non comprimibili. La Ministra della Giustizia, nel passato marzo, ha chiaramente indicato le linee programmatiche che presiedono alla di lei azione nell’ambito della Giustizia; nel suo apprezzato intervento al Congresso dell’Avvocatura tenutasi a Roma, ha reso evidente qual è il suo personale intendimento e la sensibilità per i temi che le sono stati sottoposti dall’Avvocatura, le lodevoli intenzioni della Ministro devono, all’atto pratico, cosa per nulla scontata, essere fatte proprie dall’intero Governo. A tale riguardo, non possiamo non osservare che le questioni legate all’Ordinamento Penitenziario, al sovraffollamento degli Istituti Carcerari, all’espiazione della pena, al tema dell’ergastolo ostativo - rispetto al quale, a breve, scadrà il termine dato dalla Corte Costituzionale -, in uno a quello dell’ineludibile ed indispensabile riassetto dell’Ordinamento Giudiziario, non hanno avuto un concreto sviluppo, pur a fronte del personale impegno della Ministro. Come già rappresentato negli anni scorsi, dolendomi della circostanza che a parlare non siano anche gli altri Presidenti del Distretto, con i quali è fortissimo il rapporto di sincera e profonda collaborazione - e in questo senso permettetemi di rivolgere un caloroso saluto ed un augurio per l’importante compito che ha accettato di assumere al già Presidente del COA di Gorizia Avv. Francesco De Benedittis, insediatosi nel ruolo di Consigliere del Consiglio Nazionale Forense, ed un benvenuto al neo eletto Presidente del COA di Gorizia Avv. Piero Macoratti che, da subito, ha dato la propria disponibilità a me ed ai Colleghi Avv. Alberto Rumiel, Presidente del COA di Pordenone e Avv. Massimo Zanetti, Presidente del COA di Udine –, la perdurante situazione emergenziale ha rinsaldato ulteriormente i rapporti tra i vertici della Corte d’Appello e dei Tribunali del Distretto con l’Avvocatura, ove possibile sono stati riconfermati i protocolli già in essere, apportando, ove serviva, modifiche a quelle già esistenti, il che ha consentito lo svolgimento dell’attività giudiziaria, non senza difficoltà legate alle già evidenziate carenze nel settore amministrativo che, rispetto a quanto già osservato negli anni scorsi, si sono ulteriormente acuite. Occorre dare atto che vi è stato uno sforzo notevole da parte dei vertici degli Uffici Giudiziari, per porre rimedio alle giuste doglienze degli Avvocati rispetto agli accessi agli uffici ed alle cancellerie e questo ha comportato un miglioramento della situazione, anche con l’adozione di nuovi strumenti informatici e relative prassi, anche se, lo si deve riconoscere, è difficile poter sopperire a carenze d’organico così pesanti. Duole dover segnalare la situazione in cui versa il patrocinio a spese dello Stato, in particolare presso il Tribunale di Trieste, nonostante gli sforzi impressi e l’apporto dato da tutte le componenti, all’atto pratico gli Avvocati attendono il pagamento dei compensi loro riconosciuti, con un arretrato di molti anni, ed un tanto porta a riflettere sul significato delle locuzioni “patrocinio a spese dello Stato” o, come correntemente si dice, “gratuito patrocinio”, che di fatto, nella realtà, si rivela “gratuito” per chi effettua l’attività difensiva (ma non solo, pensiamo agli interpreti ed ai consulenti), perché non viene retribuito, è una situazione questa non più accettabile. Non si vogliano indicare capri espiatori, ma trovare soluzioni, ed è per questo che, ancora una volta, mio tramite, si esprime un sentito ringraziamento ai dipendenti amministrativi per l’attività che hanno svolto e continuano a svolgere, pur in presenza di conclamate difficoltà. Permettetemi di allargare l’orizzonte e plaudere all’attività svolta dal Consiglio Nazionale Forense - i cui rinnovati vertici la Presidente Maria Masi ed i Vice Presidenti Patrizia Corona e Francesco Greco saluto , volgendo un sincero ringraziamento a chi li ha preceduti, mi riferisco, per tutti, all’Avv. Andrea Mascherin, per quanto ha fatto per l’Avvocatura e per aver consentito di superare, grazie alla determinazione assunta, un pericoloso stallo -, in uno all’Organismo Congressuale Forense, anche con riferimento al XXXV° Congresso Nazionale Forense, che si terrà a Lecce nell’ottobre di quest’anno, con il titolo “L’Avvocatura e il suo ruolo costituzionale, risorsa necessaria per un cambiamento sostenibile. L’effettività della tutela dei diritti, garanzia dello sviluppo sociale”. I temi individuati dal comitato organizzatore rappresentano il paradigma di quella che è la svolta epocale che ci attende: 1) un nuovo ordinamento per un’Avvocatura protagonista della tutela dei diritti nel tempo dei cambiamenti globali; 2) l’attuazione delle riforme e gli effetti, anche economici, sull’esercizio della professione; 3) Giustizia predittiva e salvaguardia del “giusto processo”. Il ruolo e le nuove competenze degli avvocati nella tendenziale automazione della decisione giudiziaria. Non posso tacere che, all’evidenza, per una questione anagrafica e di habitus mentale, l’approcciarmi al terzo tema mi pone in uno stato di profonda inquietudine circa il ruolo effettivo dell’Avvocato, ma anche di quello che potrebbe essere quello del Magistrato, avendo io una sola certezza, che solo ove il ruolo dell’Avvocatura sarà forte, permarrà integro quello della Magistratura. Se siamo intellettualmente onesti, dobbiamo riconoscere che l’esercizio di una preparata e puntuale difesa non costituisce un intralcio alla Giustizia, proporre un’impugnazione rappresenta un diritto, non può essere vissuto come un abuso del diritto (la circostanza che parte delle impugnazioni vengono accolte è indice della bontà del rimedio), così come il numero importante delle assoluzioni, che ogni anno si ha nei nostri Tribunali è indice non solo dell’attività del Magistrato, ma anche della valenza dell’attività difensiva che si esplica anche attraverso la proposizione di eccezioni, dovendo essere caratterizzata da capacità, conoscenza, tecnicismo e lealtà; al pari, l’apporto dell’Avvocatura non può essere visto come un ostacolo al buon governo della Giustizia. È innegabile - quantomeno nella mia esperienza personale e per quanto ho avuto modo di apprezzare, anche dei miei Colleghi Presidenti dei COA del Distretto - che i rapporti con i Magistrati, ed in particolare con le figure apicali, sia caratterizzato da leale e franca collaborazione nella comune ottica di dar soluzione, o meglio di ricercare strade percorribili che consentano al locale settore Giustizia di poter funzionare; settore che, nel nostro Distretto, quanto a produttività ed efficienza, si colloca ai vertici a livello nazionale e che sarebbe in grado, ove messo nelle condizioni, di raggiungere risultati ancora più apprezzabili con le conseguenti ricadute positive in termini sociali ed economici sul nostro Territorio a statuto speciale. Se dunque questa è la realtà, non si comprende l’ostracismo alla fattiva partecipazione dell’Avvocatura ai Consigli Giudiziari, manifestato da una significativa parte della Magistratura. Se un salto culturale è stato richiesto all’Avvocatura che si è adeguata con tutte le difficoltà, ma vi ha dato corso, è indispensabile, lo dico con fermezza e con il rispetto che  contraddistingue il mio essere, che anche la Magistratura muti il proprio atteggiamento, considerando la presenza e l’apporto dell’Avvocatura in seno ai Consigli Giudiziari  come una risorsa che va utilizzata e valorizzata, non relegando  al ruolo di meri osservatori, i nostri rappresentanti, come se fossero una sorta di “intrusi”. Un tanto affermo avendo bene a mente quello che è stato uno degli aspetti più pregnanti di questa mia esperienza, ossia l’interlocuzione con le figure apicali della Magistratura del Distretto che, sotto il profilo personale, mi hanno, e di un tanto ringrazio, profondamente arricchito. Confido quindi che, alla luce di quella che è e sarà l’attività propulsiva del CNF, dell’OCF  e dell’Unione Triveneta, l’apporto dell’Avvocatura al processo di riforma dell’intero settore Giustizia e dell’Ordinamento Giudiziario non sia osteggiato, diversamente dovrei fare rimando a quanto veniva riferito ad un nostro connazionale - qui provocatoriamente riprendo il tema dell’Afghanistan - ossia che : “I coloniali inglesi dicevano che gli afghani guardavano al Generale Avitabile con lo stesso timore e la stessa ammirazione con cui gli sciacalli guardano alla tigre”. Ora, i metodi e la dialettica di Paolo Avitabile non erano, né mai potrebbero essere, quelli dell’Avvocatura e della Società Civile, ritengo che la nostra voce verrà considerata, ove però così non fosse, l’Avvocatura dovrà trovare forme decise per farsi ascoltare nell’interesse, di tutti i cittadini e della Giustizia.