«Noi più di quello che stiamo facendo, per Draghi, tecnicamente, è impossibile...però proviamo ad andare avanti, vediamo». A sera, quando sulle agenzie rimbalza la notizia del passo indietro di Silvio Berlusconi, i Dem provano a mettere in fila le dichiarazioni e aggiornare i numeri. Ora che l’ex Cavaliere si è chiamato fuori, lo schema di gioco per il Pd non cambia: il centrodestra non aveva la golden share per esprimere una prelazione sul leader di FI e non la ha adesso per imporre un nome che provenga dalla propria area culturale.

Quirinale, cosa scrive Letta dopo il passo indietro di Berlusconi

La linea resta quindi quella di sempre: un presidente super partes di unità nazionale, sostenuto da una maggioranza larga almeno tanto quanto quella che sostiene l’attuale esecutivo. «Ora col ritiro di Berlusconi e lo scontro deflagrato all’interno del centrodestra tutto è chiaro. Ora ci vuole accordo alto su nome condiviso e #PattodiLegislatura», twitta Letta. Se ci faranno tre nomi di centrodestra (leggi Casellati, Pera e Moratti), si ragiona al Nazareno, noi bocceremo tre nomi di centrodestra. E Pier Ferdinando Casini? «Lui non è di centrodestra», è la risposta tranchant di chi segue le trattative. L’ex leader Udc, ricorda chi è attento ai particolari (decisivi, a volte) «è stato eletto con il Pd». Non solo. «Casini sarebbe quasi una scelta win-win per noi: mette d’accordo il partito e non è di destra, però...».

Quirinale, da Casini ad Amato: le ipotesi in campo

Un però, com’è ovvio, esiste. La trattativa, finora tanto parallela quanto ipotetica, che vede Mario Draghi al Quirinale è ad un punto «talmente avanzato» che ai più appare «molto difficile che il premier resti a palazzo Chigi». Con Casini al Quirinale, poi. «Perché dovrebbe?», si chiede qualcuno. «La vedo dura che rimanga», dice sicuro qualcun altro, spesso in contatto con l’ex leader Bce. «L’unica cosa per farlo restare è che resti anche Mattarella. O che arrivi Amato, forse». Così, è la sintesi, «si potrebbe votare Casini anche con una maggioranza ampia e poi avere comunque la crisi di Governo. A quel punto gli unici che si possono permettere di andare a votare - ragionano i dem - siamo noi e Meloni».

Quirinale, la posizione di Renzi e del M5S

I renziani, da questo punto di vista, non sono così catastrofici. «Ma come fa Draghi ad andarsene? Fa l’offeso? Maddai», commentano. Il M5S, intanto, ribolle. «Lo avevamo affermato in modo chiaro: la candidatura di Silvio Berlusconi era irricevibile. Con il suo ritiro facciamo un passo avanti e cominciamo un serio confronto tra le forze politiche per offrire al Paese una figura di alto profilo, autorevole, ampiamente condivisa», scrive su Twitter Giuseppe Conte. Nel MoVimento, però, i dubbi sul passaggio di Draghi da Palazzo Chigi al Colle restano. Il tema viene affrontato nuovamente nella riunione della cabina di regia del mattino, con i big del partito: nessun veto sul nome del premier, viene ribadito, ma poche certezze. E tra queste la necessità di tenuta del governo.

Oggi nuovo incontro tra Pd, M5S e Speranza

Il centrosinistra dovrebbe votare scheda bianca domani alle prime votazioni per il Quirinale. Lo spiegano fonti parlamentari, dopo il vertice tra Letta, Conte e Speranza di stamattina alla Camera. Una decisione definitiva, legata anche alle scelte del centrodestra, verrà presa domani mattina alla nuove riunione delle delegazioni di Pd, M5s e Leu.

Il discorso di Letta ai Grandi elettori

«Questo passaggio per il Colle è peculiare, unico. Nel passato (nel 1999, 2006, 2013, 2015) noi eravamo maggioranza relativa e sulle nostre spalle c’era responsabilità di indirizzare scelte. Stavolta no, siamo all’incirca il 15 per cento, abbiamo però un ruolo politico centrale e la responsabilità in più che avvertiamo dipende dalla nostra storia, dalla nostra ambizione, dalla nostra presenza al governo». Così, secondo quanto si apprende da fonti del Nazareno, il segretario Pd Enrico Letta aprendo la riunione dei grandi elettori dem per il Quirinale. «Ora c’è bisogno di un nome condiviso. Nei prossimi giorni dobbiamo mettere in campo tutta l’iniziativa politica per arrivare al profilo di una personalità super partes. Nessuno dopo deve festeggiare da solo perché ha vinto. Nessuno deve vincere affinché tutti vincano. Se ci si infila in piccoli interessi di parte viene giù tutto. Non è mettendo il cappello su qualcuno che si vince, anzi i candidati si bruciano tipo 10 piccoli indiani. Facciamo un appello a tutti: il rispetto per gli altri è rispetto per se stessi. Bisogna agire con questo spirito» ha aggiunto Enrico Letta.