Fabrizio Cicchitto, che conosce bene Silvio Berlusconi e che dopo essere stato a lungo suo colonnello ora è presidente di Riformismo e Libertà, spiega che il Cavaliere renderà nota la sua vera volontà «solo all’ultimo» e che in previsione della corsa al Colle «l’importante è non perdere Draghi, che sia a palazzo Chigi o al Quirinale, in primis perché ha prestigio e credibilità internazionale, ma anche perché ha capacità tecniche ed è portatore di una cultura riformista fondamentale in questo momento».

Presidente Cicchitto, il centrodestra sarà in grado di gestire il seppur piccolo vantaggio di grandi elettori rispetto al centrosinistra?

Questo andrebbe domandato ai singoli esponenti del centrodestra. La questione è complicata perché non c’è un candidato di quell’area che abbia la maggior udienza possibile nel campo del centrosinistra. Allo stato attuale la candidatura è quella di Silvio Berlusconi, ma questa ipotesi è affidata tutta ai numeri e non alla politica.

Cioè?

Non emerge nel centrosinistra la benché minima disponibilità a trattare su Berlusconi, ma il centrosinistra a sua volta è in stato confusionale. Alcuni esponenti dicono «meglio un candidato, o meglio ancora una candidata, del centrodestra che sia resiliente e non divisivo». Ma quando poi si passa ai nomi dicono di no a chiunque. Poi c’è un’altra parte del centrosinistra che vorrebbe un candidato al di sopra delle parti non etichettabile in un modo o nell’altro. Ciò che unisce le due parti è che tutti dicono di no a Berlusconi. Il quale peraltro viene presentato con un carico da undici cioè il ragionamento per cui se Draghi viene eletto capo dello Stato Forza Italia esce dal governo.

Insomma non crede che Berlusconi possa farcela dalla quarta votazione in poi.

È la prima volta che il centrodestra può dettare le carte ma la maggioranza è solo relativa. Mancano comunque una cinquantina di voti per raggiungere i fatidici 505 grandi elettori dal quarto scrutinio in poi. Ma non sarà facile in primis per una questione numerica, visto che ci sarà anche una cifra fisiologica di franchi tiratori.

Crede che Berlusconi possa ritirarsi dalla corsa, magari all’ultimo e intestandosi un’altra candidatura a lui gradita?

Non lo sapremo mai. Credo che non lo saprà mai nemmeno la persona della quale Berlusconi si fida ciecamente, cioè sua figlia. Berlusconi non farà mai un passo indietro in questo momento, perché il suo stesso potere contrattuale crollerebbe subito, se lo si sapesse adesso. La variante di Berlusconi può avere il massimo peso solo se messa in campo a due ore dalla quarta votazione. Ora come ora non può scoprire le carte. Sul piano formale nel centrodestra dicono che lo votano, ma vai a sapere…

L’unico che può unire la maggioranza di governo è Draghi?

Siamo in una situazione paradossale e molto preoccupante. Draghi può piacere e non piacere ma è l’unica carta forte che ha l’Italia al suo interno e a livello internazionale, sia da presidente del Consiglio che da presidente della Repubblica. Senza di lui è la catastrofe. In primis perché ha prestigio e credibilità internazionale, ma anche perché ha capacità tecniche ed è portatore di una cultura riformista fondamentale in questo momento.

Non condivido quasi per nulla quello che dice sulla scuola ma su una cosa sono d’accordo: i no vax sono la vera tragedia di questo paese e la causa principale dei guai in cui stiamo. Secondo me l’obbligatorietà della vaccinazione andava introdotta molto prima, con sanzioni ben più alte che cento euro.

Quali possono essere le spine nel fianco del presidente del Consiglio nella corsa al Colle?

Il vero problema di Draghi è che è contestato dall’opposizione di Meloni, e ci sta, ma anche dalla Lega di Salvini, che ha dovuto cedere sul green pass e altro ma non ha condiviso la scelta. Fortunatamente il leader della Lega è stato sedotto da Zaia, Fedriga e Fontana, che sono persone responsabili, più che dai vari Borghi e Bagnai. Draghi ha fatto molto ma non è stato sufficiente perché non ha potuto fare tutto quello che voleva a causa dell’opposizione interna di Salvini. Due componenti su tre del centrodestra contestano aspetti fondamentali della linea non solo del governo ma dell’unica linea ragionevole per salvare vita ed economia degli italiani. E questo può essere un problema.

È preoccupato per la crisi di governo che si aprirebbe con Draghi al Quirinale?

Non siamo in tempi normali, in cui togliamo Draghi e se ne mette un altro. Senza Draghi l’Italia diventerebbe ingovernabile, sia a livello sanitario che finanziario. Palazzo Chigi o Quirinale, l’importante è non perderlo come figura di stabilità e garanzia per il paese. Fare dei nomi tipo Casini, Cartabia o Amato ha poco senso, perché dipende da come si comporterebbe il centrodestra e da come la prenderebbe lo stesso Draghi. Il mondo è pieno di “Travaglio” che hanno com unico obiettivo la vendetta di Conte rispetto all’usurpazione di Draghi, ma lì siamo sul terreno dell’irresponsabilità assoluta.

E se alla fine i grandi elettori fossero costretti a tornare ancora su Mattarella?

Non possiamo dire nulla su questo terreno perché l’unica cosa che può rimettere in gioco Mattarella è che si arrivi a una fase di stallo, magari con una situazione difficile a livello sanitario, e a quel punto sarebbe difficile dire no. Ma, chiaramente, vorrebbe dire essere in una situazione di emergenza ancora maggiore rispetto a quella attuale e non possiamo augurarcelo.