Scontro aperto tra governo e Regioni a due giorni dalla riapertura delle scuole dopo le vacanze natalizie. A infiammare il dibattito è la scelta del presidente della Campania, Vincenzo De Luca, di tenere chiuse fino a fine mese elementari e medie. Con la conseguente intenzione dell’esecutivo di impugnare l'eventuale ordinanza nel prossimo Consiglio dei ministri. «In questa condizione credo che sia irresponsabile aprire le scuole il 10 gennaio - ha detto De Luca nella consueta diretta Facebook - In queste ore stanno lavorando le nostre strutture sanitarie, credo che ci sarà a breve un’unità di crisi, che penso prenderà atto di questa situazione in maniera responsabile». Tradotto: scuole elementari e medie ancor chiuse in Campania fino a fine gennaio, come del resto De Luca aveva già anticipato giorni fa dicendo che il governo avrebbe dovuto prendere in considerazione l’ipotesi di prolungare le vacanze di venti-trenta giorni. «Per il resto vedremo di seguire con attenzione la situazione del contagio, cercando di fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per garantire ai docenti, ai presidi, alle famiglie il massimo possibile di assistenza sanitaria e di prevenzione per evitare situazioni pesanti e gravi - ha aggiunto il presidente della Campania - ma le Asl dovrebbero fare in media tremila tamponi al giorno per accompagnare le autorità scolastiche nel controllo del contagio nelle scuole ma questo non è possibile, per il livello di personale che abbiamo e perché dovremmo perdere una settimana di tempo per dare i risultati». Infine, l’attacco più duro al governo. «Ho la sensazione - conclude De Luca - che si mettano in piedi provvedimenti che finiscono per trasformare i nostri bambini in cavie sull’altare della politica politicante, dell’opportunismo e degli ideologismi: chi prende decisioni cervellotiche e non rapportate alla realtà vera dell’Italia è nemico della scuola, non amico». Sulla stessa lunghezza d’onda di De Luca anche Nello Musumeci, presidente della Sicilia, che commenta: «avevamo anticipato al ministro che con queste norme nazionali sulla riapertura delle scuole sarebbe stato il caos, ora spero ci ascoltino». La richiesta di «posticipare l’apertura delle scuole di 15 giorni e magari allungare di due settimane la frequenza in presenza a giugno» come «decisione di buonsenso» arriva anche da Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, ma la riapertura delle scuole viene confermata dall’esecutivo e difesa dal ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che ha sottolineato l’obiettivo di «garantire una didattica in presenza e in sicurezza». Obiettivo certamente condiviso anche dai sindacati, che tuttavia non nascondono la preoccupazione per l’impennata dei contagi, soprattutto nelle fasce di popolazione più giovani. «La situazione è complessa, ci aspettavamo delle reazioni come quella di De Luca perché molti sindaci avevano già interrotto le attività per le scuole che avevano programmato la riapertura ieri - ragiona Lena Gissi, segretari di Cisl Scuola - Sappiamo che ai dirigenti scolastici stanno arrivando comunicazioni per quarantene e contagi ed è per questo che ci eravamo posti il problema di come evitare una riapertura sulla carta ma che non ha validità dal punto di vista dell’offerta formativa». Anche perché, è l’analisi del sindacato, «ritrovarsi in classe con pochi alunni o insegnanti non serve a nessuno, né alla scuola come istituzione né ai ragazzi». Un caos al quale si aggiunge la differenza fatta dal governo tra studenti vaccinati e non, con soltanto quest’ultimi in dad alle medie e alle superiori in caso di due casi positivi in classe. «La formula scelta non risolve il problema - prosegue Gissi - non si può impedire il diritto allo studio per la scuola dell’obbligo ma certo va contemperato al diritto alla salute: forse prendersi del tempo in più sarebbe stato utile per una riflessione più approfondita». Chi è contrario alla scelta di De Luca è invece Attilio Fratta, presidente dell’associazione DirigentiScuola, il quale si chiede «a quale titolo il presidente della Campania prende una decisione del genere». Il problema, secondo Fratta, è che «in teoria nel nostro sistema ognuno avrebbe delle competenze, mentre in pratica tutti si occupano di tutto». Dovrebbero essere gli esperti sanitari, commenta, «a indicare la via: se ritengono che la scuola va chiusa si chiude, se invece ci sono presupposti perché la scuola possa funzionare è giusto assicurare il diritto allo studio». Per poi rimandare la questione a un incontro che si terrà martedì, dunque a scuole già riaperte, al ministero dell’Istruzione con il ministro Bianchi. «Parleremo anche di quegli studenti che per questioni sanitaria non possono vaccinarsi ma ai quali va comunque garantita la didattica, ad esempio attraverso un ripensamento degli spazi - conclude Fratta - l’importante è ragionare lucidamente e non “di pancia”».