Non sono carceri o centri di permanenza, ma sono luoghi di segregazione informale dove di fatto c’è una grave restrizione della libertà e violazione dei diritti umani. Sono luoghi dove le condizioni di vita sono difficili, talvolta drammatiche con scarso se non inesistente accesso ai beni essenziali come cibo, acqua, servizi igienici, assistenza sanitaria. Parliamo delle tendopoli dove vivono i migranti che fanno i braccianti nei campi. Alcune di queste baraccopoli si trovano ad ospitare i braccianti della Piana di Gioia Tauro, in Calabria.

Ed è qui che nel mese di dicembre, la clinica mobile di Medici per i Diritti Umani (Medu) è tornata, per l’ottavo anno consecutivo, a fornire prima assistenza sanitaria ed orientamento socio-legale ai braccianti che trovano impiego nella raccolta agrumicola in condizioni di grave sfruttamento. Circa 600 persone popolano infatti i diversi insediamenti precari dell’area, in particolare la tendopoli di San Ferdinando, il campo container di Rosarno e i casali abbandonati nel Comune di Taurianova.

In relazione agli insediamenti precari - come hanno denunciato i Medici per i Diritti Umani ( Medu) - la tendopoli di San Ferdinando ospita circa trecento persone, in condizioni di totale abbandono. È presente solo un presidio costante dei Vigili del Fuoco nel piazzale limitrofo, ma da agosto del 2020 la cooperativa che gestiva la tendopoli dal 2018 ha lasciato il campo per mancato rinnovo del contratto.

Il sindaco del Comune di San Ferdinando ha comunicato ai braccianti, tramite un volantino affisso nella tendopoli, l’obbligo di lasciare l’insediamento entro il 15 agosto, ma in assenza di soluzioni abitative alternative, circa duecento migranti sono rimasti nell’area in attesa che le autorità trovino delle soluzioni.

Medu denuncia anche quest’anno lo stato di terribile abbandono e fatiscenza della tendopoli che versa oggi in condizioni drammatiche, in assenza di servizi essenziali quali l’elettricità, l’acqua calda, un servizio di smaltimento rifiuti e di manutenzione dei servizi igienici.

All’interno delle tende, più persone condividono spazi molto limitati e per riscaldarsi accendono fuochi o allestiscono stufe di fortuna alimentate con piccoli generatori o con materiali di risulta, con un elevato rischio di incendi e gravi conseguenze per la salute come purtroppo ci raccontano le cronache.

Poi c’è il campo container di Rosarno – costruito all’indomani della rivolta dei braccianti del 2010, senza prevedere in seguito alcun investimento per il suo mantenimento – che invece ospita altre duecento persone in condizioni meno precarie, dal momento che sono garantiti alcuni servizi essenziali, ma pur sempre in un contesto estremamente isolato e senza alcun tipo di supporto da parte delle istituzioni. I container richiedono infatti una manutenzione periodica e l’impianto elettrico presenta pericolose problematiche dovute al sovraccarico di corrente.

Circa settanta braccianti, infine, trovano riparo presso i casali diroccati siti in Contrada Russo, nel Comune di Taurianova, in condizioni disumane, in assenza di qualsivoglia servizio di prima necessità, completamente abbandonati a se stessi. Come denuncia a gran voce Medu, l’unico punto acqua disponibile si trova a circa cinquecento metri di distanza dalle abitazioni, all’inizio di una strada sterrata che in caso di pioggia diventa inaccessibile a causa del fango e delle pozzanghere che rendono penoso attraversarla.

Per rifornirsi dell’acqua necessaria per lavarsi e cucinare, i braccianti sono costretti a percorrerla più volte al giorno, trasportando le taniche su carriole o biciclette. «Per l’ennesimo anno, le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti appaiono desolanti, l’accesso ai diritti fondamentali una chimera e gli interventi istituzionali tardivi e poco lungimiranti», denuncia aspramente Medu nel suo report.