Avendo letto in gioventù qualcosa, non mi sorprende né indigna che il filosofo Giorgio Agamben insista nel fare assurde analogie tra green pass/ vaccini e dittatura sanitaria/nazismo. È un esponente, non tra i più originali se non per il gusto della provocazione e dell’assurdo, del relativismo foucaultiano, e forse per l’età il suo pensiero pare regredito allo stadio dogmatico e capriccioso di un preadolescente.

Trovo invece irriguardoso verso i cittadini che pagano lo stipendio ai Senatori della Repubblica, che costoro lo invitino alle audizioni ovvero dedichino parte del loro tempo ad ascoltarlo, ovvero gli facciano da cassa di risonanza. Non ci si lamenti se poi le pessime credenze si diffondono, cioè se i NoVax alzano il livello dello scontro. Diceva un predicatore inglese del secolo scorso che le falsità percorrono mezzo mondo prima che la verità si sia allacciata le scarpe, il che significa che le istituzioni, in primo luogo, dovrebbero evitare di accreditare come degne di “audizione” delle scempiaggini.

È vero che si ode la qualunque in Parlamento, da sempre, ma non tutte le situazioni sono uguali e poi abbiamo visto cosa ne è venuto fuori ad “audire” i detrattori delle biotecnologie applicate al miglioramento vegetale, o i Vannoni con Stamina, etc. A conferma che la politica è uno dei pochi campi dove l'esperienza non insegna niente.

Le tesi di Agamben non supererebbero, probabilmente, un esame maturità. Sia perché non è vero che Hitler fu il primo a stabilire l'obbligo della salute ( si possono citare decine di civiltà tribali o arcaiche con norme eugenetiche e salutiste coercitive), sia perché egli usa una fallacia che anche un adolescente riconosce come tale, cioè la reductio ad Hitlerum per cui stabilendo un paragone con il peggior criminale della storia si delegittima qualunque contro- argomento (un modo infantile e illogico di ragionare), sia poi perché sono impastate di complottismo e pseudoscienza, cioè di falsità che inquinano mortalmente il terreno di qualunque confronto civile.

Se Agamben e le sue analogie tra green pass/ vaccino e dittatura sanitaria/ nazismo sono i sintomi di una patologia narcisistica del pensiero, colpisce l’indifferenza per un fenomeno che vede il filosofo e altri suoi colleghi a rimorchio di una massa di negazionisti o sminuitori dell’Olocausto.

I manifestanti di Novara vestiti da ebrei deportati nei lager dai nazisti, le persone apparentemente normali che circolano in diversi Paesi d’Europa con disegnata una stella di David o scritte che mettono i green pass o i NoVax sul piano degli ebrei perseguitati ai tempi del nazismo, etc. non sono solo provocazioni demenziali.

Sono segnali che nella cultura civile non è chiaro o non si sa cosa sia stata la Shoah, soprattutto se la si usa come analogia per denunciare una presunta dittatura sanitaria che sarebbe oggi in vigore col lasciapassare verde. Questo sta accadendo nonostante da oltre venti anni celebriamo ogni anno una Giornata della Memoria.

Il green pass è stata una pessima scelta, a giudizio di chi scrive ( ma basta leggere numeri e fatti) si potevano usare approcci diversi, nella forma di incentivi o maggior responsabilizzazione di cittadini e medici, ma il lasciapassare verde non c’entra niente con le leggi eugeniche naziste o con i fondamenti ideologici o le pratiche dell’igiene razziale hitleriana. L’Olocausto non fu la conseguenza di qualche prescrizione salutista diretta a interferire con la libertà delle persone. Era un sistema tecnocratico alimentato da un’etica diffusa, perversa, antisemita, razzista e finalizzata alla pulizia etnica. Peraltro, gli abusi nei campi di sterminio da parte di medici non erano sperimentazioni ma comportamenti sadici e omicidi, per cui l’analogia nazista non va usata neppure per discutere di etica della scienza.

Ridurre quella tragedia a un problema di lasciapassare concesso sulla base del fatto che ci si sia vaccinati o meno, ovvero di mancato rispetto della libertà individuale, è offensivo verso la sofferenza delle vittime e profondamente diseducativo.

Soprattutto, è indice di una abissale ignoranza. Dopo il processo di Norimberga ai medici nazisti (1946- 47), l'etica medica si è aperta al rispetto dell’autonomia delle persone, bilanciato alla luce dei vincoli costituzionali e medico- scientifici dettati da contesto sanitario nel quale questa autonomia viene espressa. I valori della bioetica non sono forse i migliori che si potrebbero immaginare, ma come diceva Alexander Hamilton, gli uomini non sono angeli né sono governati da angeli.

E nel contesto di questa pandemia, la bioetica ha saputo guidare, con risultati più che accettabili, la ricerca e le decisioni. Sia al letto dei malati sia nell’ambito delle sperimentazioni dei vaccini e altri farmaci. Con buona pace di Agamben & Co.

Di fronte alle distorsioni della Shoah, del genere di quella a cui assistiamo, e a evidenti carenze formative dei medici sul piano etico, a livello internazionale si organizzano da anni attività rivolte a studenti di medicina e operatori sanitari, dove si insegna ciò che è stato l'Olocausto e si spiegano i fattori di rischio che possono portare ad abusi dei pazienti.

In tale prospettiva in Italia, dal 2011, la Sapienza Università di Roma e Fondazione Museo della Shoah organizzano corsi e iniziative e il 25 ottobre 2021 è stato siglato un accordo quadro tra Sapienza, Fondazione Museo della Shoah, Unione delle Comunità ebraiche italiane, Comunità ebraica di Roma, Fondazione Centro Documentazione Storia Ebraica Contemporanea e Museo Nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah. (*Ordinario di storia della medicina e docente di bioetica presso l'Università di Roma – Sapienza)