E' un momento magico che non ha precedenti quello che sta vivendo in questi giorni il nostro paese. L’Italia s’è ritrovata su gran parte delle prime pagine dei più autorevoli giornali del mondo che hanno raccontato del presidente del Consiglio Mario Draghi come di una risorsa dell’Europa e dell’Occidente oltre che del nostro paese. Una pioggia di giudizi positivi arrivati da tutti i leader e i capi di Stato con noi alleati che in queste settimane e in questi giorni hanno incontrato, in Italia o all’estero, Draghi e/ o il Presidente Mattarella.

È difficile trovare nella storia italiana, non soltanto in quella della repubblica ma a partire da Cavour, un riconoscimento tanto ampio e convinto per il Belpaese. Stiamo vivendo un apprezzamento inedito, pieno e positivo, dei nostri vertici istituzionali fondamentali, dal presidente del Consiglio Draghi al Presidente Mattarella che Draghi l’ha scelto e in qualche modo, complice il covid, l’ha “imposto” a un mondo politico italiano che versava in una grave crisi e il cui prestigio si trovava in caduta libera. Una circostanza, quest’ultima, che va tenuta presente per leggere i possibili sviluppi della vicenda italiana.

L’Italia, grazie al governo Draghi, e alle strategie dispiegate da quand’è in carica, per la prima volta viene avvertita sullo scenario internazionale come risorsa anziché come problema. Ma paradossalmente questa crescita di aspettative rischia di complicare il cammino del paese. La debolezza e la crisi del sistema politico e dei partiti italiani, i due fenomeni che hanno spinto verso la formazione del governo Draghi, sono tutt’altro che risolti. La politica dei partiti si è fermata, come aspettando che passi la fiumara Draghi, magari con l’illusione di riprendere il cammino dal punto in cui è stato interrotto. Ma Draghi, avvertono i sondaggi, continua a veleggiare alto nel consenso mentre cresce il numero degli italiani che al momento scelgono (sceglierebbero) l’astensione dal voto perché trovano insoddisfacente l’offerta che c’è (cfr. Radar Swg). Insomma, è come se i partiti, tutti e senza eccezione, fossero in attesa di un improbabile e pericoloso “addà passà a nuttata”.

In questa quadro, non sarà facile sciogliere le difficoltà presenti nel nodo dell’elezione del presidente della Repubblica mentre ormai non è più possibile alcuno scioglimento del Parlamento.

Il centrodestra s’è attestato su Berlusconi. Così pare. Salvini e la Meloni, dopo e forse grazie alla batosta delle ultime amministrative, appaiono entusiasti. Non costa nulla sposare un’ipotesi quasi irrealizzabile ed è l’unico modo per calmierare la possibile implosione del centrodestra che abbiamo conosciuto mentre ognuno dei due pensa di potersi impadronire, piaccia o no a Brunetta, Carfagna e Gelmini, di quel che resta di Fi.

L’area del centrosinistra è ampia ma sempre più divisa e contrapposta, vedi l’insieme delle mosse che hanno accompagnato con diffuse e non univoche furbizie l’intera vicenda Zan. I nomi che circolano, - Amato, Casini, Gentiloni (Prodi dice di essersi chiamato fuori) - non sembrano, al momento, poter risolvere il nodo del nuovo presidente della Repubblica.

Continua quindi a crescere il convincimento, se si dovesse confermare e prendere atto della rinuncia di Mattarella a farsi rieleggere al Quirinale, di dover puntare direttamente sull’elezione di Draghi. Una scelta che non darebbe vita a una interruzione dell’attuale legislatura (come invece vorrebbe la Meloni e non vorrebbero invece né i parlamentari di tutti i partiti, né soprattutto il M5s).

Draghi da quando è apparso sulla scena della politica italiana non ha mai espresso alcuna opinione sulla vicenda ma non ha neanche mai fatto intendere di non essere disponibile ad assolvere a questo ruolo. È però noto che il nostro presidente del Consiglio sia molto impegnato a rafforzare e ad offrire una sponda ai convincimenti e alle prime valutazioni della Commissione europea che pare sia molto impressionata dalla precisione e dalla capacità “inedite” del governo italiano di tener fede agli impegni presi con l’Unione europea.