La "tagliola" del centrodestra si è abbattuta sul disegno di legge contro lomotransfobia: lAula del Senato ha approvato con 154 voti favorevoli, 131 contrari e due astenuti le richieste di Lega e FdI di non passaggio allesame degli articoli del ddl Zan. Il disegno di legge, già approvato alla Camera, torna così in Commissione Giustizia da dove, con ogni probabilità, non riemergerà più. «Chi per mesi, dopo lapprovazione alla Camera, ha seguito le sirene sovraniste che volevano affossare il Ddl Zan è il responsabile del voto di oggi al Senato. È stato tradito un patto politico che voleva far fare al Paese un passo di civiltà. Le responsabilità sono chiare», spiega Alessandro Zan, primo firmatario del disegno di legge. «Sconfitta l'arroganza di Letta e dei Cinque Stelle: hanno detto di no a tutte le proposte di mediazione, comprese quelle formulate dal Santo Padre, dalle associazioni e da molte famiglie, e hanno affossato il disegno di legge Zan. Ora ripartiamo dalla proposta della Lega: combattere le discriminazioni lasciando fuori i bambini, la libertà di educazione, la teoria gender e i reati di opinione», replica il leader della Lega, Matteo Salvini, dopo il voto segreto A votare in blocco contro il disegno di legge è stato il centrodestra, una scelta che ha provocato le dimissioni dagli organi interni del partito di Elio Vito, storico pasdaran berlusconiano, da mesi in rotta con il Forza Italia sui temi dei diritti. Ma a far discutere è anche la strategia adotta dal Partito democratico. Il segretario Enrico Letta, due giorni fa, aveva dato incarico proprio a Zan di portare avanti le trattative con le altre forze politiche per valutare alcune modifiche. Lapertura della linea di dialogo, nelle speranze del segretario dem, avrebbe dovuto scongiurare la tagliola che, però, è stata ugualmente posta al Senato e, per di più, con voto segreto. Hanno quindi avuto campo libero i franchi tiratori e, alla fine, sarebbero stati 16 a "tradire". Complicato individuarne i nomi, anche se fra i parlamentari nel Partito democratico si guarda a chi, fra coloro che facevano parte dellex maggioranza renziana, ha mostrato immediatamente perplessità sulla linea scelta dal Nazareno. A conferma dei malumori presenti nel gruppo in Senato cè una dichiarazione attribuita alla senatrice Valeria Fedeli, poi smentita così: «In merito a quanto riportato da unagenzia di stampa a seguito del voto sul Ddl Zan, smentisco del tutto di aver mai parlato di dimissioni per qualcuno. La mia richiesta è ben diversa: serve a mio avviso un chiarimento e un confronto franco su quanto accaduto». Dunque, dimissioni no, ma un chiarimento politico. A Fedeli fa eco Andrea Marcucci, senatore Pd già capogruppo durante la segerteria di Matteo Renzi: «Sono amareggiato per lesito del voto del Senato. Per mesi ho messo in guardia in tutti i modi per una gestione fallimentare del provvedimento. Alla positiva apertura del segretario Letta, non è seguita una linea volta a trovare un accordo. Credo che il Pd dovrà interrogarsi a fondo su quanto è avvenuto». Il segretario Enrico Letta, tuttavia, è netto nel rivendicare la bontà della legge e degli sforzi fatti in Parlamento per portarla avanti. «Hanno voluto fermare il futuro. Hanno voluto riportare lItalia indietro. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da unaltra parte. E presto si vedrà», scrive su Twitter. Dello stesso tenore la reazione del presidente del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte: «Chi oggi gioisce per questo sabotaggio dovrebbe rendere conto al Paese che su questi temi ha già dimostrato di essere più avanti delle aule parlamentari». Un coro di entusiasmo si è infatti levato dal centrodestra: «Chi troppo vuole nulla stringe. È stata sconfitta larroganza», dice Ignazio La Russa dopo il voto. «Il ddl zan è affondato definitivamente. Evviva, vittoria. Grazie alla mia richiesta di non passaggio allesame degli articoli e di voto segreto si è posto fine, definitivamente, al ddl Zan, affossato con ben 23 voti di scarto. Quando i professionisti scendono in campo è meglio che i dilettanti che restino in panchina», chiosa il vice presidente leghista del Senato, Roberto Calderoli.