https://youtu.be/4VKX99PsZaM *Servizio video di Nicola Campagnani e Lorenzo Tardioli, collettivo Lorem Ipsum «Mi hanno insultata perché facevo il mio lavoro: da avvocata assistevo un accusato di stupro». Ilaria Perruzza ha incontrato a Rimini Roberto Sensi nel suo viaggio oltre i pregiudizi per raccontare la sua storia. Il tema del diritto alla difesa non sembra ancora compreso o accettato da alcuni. E a pagarne le conseguenze sono spesso avvocati trattati alla stregua di criminali. «Nel mio caso - aggiunge Perruzza - il fatto che fossi donna era un'aggravante». Che cos'è il diritto alla difesa?  Premetto che un paese civile e democratico si riconosce dal suo ordinamento giuridico, che deve garantire a chiunque, sia indagato che imputato, il diritto a un processo equo.Il complesso delle norme costituzionali, il codice penale e di procedura penale esprimono un principio fondamentale che dovrebbe essere necessariamente conosciuto e rispettato anche da chi non abbia cognizione specifica di materie giuridiche: la presunzione di innocenza della persona accusata, finché non intervenga una sentenza definitiva, che sia di condanna o di assoluzione, rappresenta il cardine fondamentale del processo. Ma spesso gli imputati scontano un pre-giudizio prima ancora di essere giudicati. Perché?  Purtroppo succede, soprattutto nei procedimenti penali relativi a fatti che suscitano particolare attenzione per la loro gravità. Accade che gli organi di informazione puntino la loro attenzione esasperata sul caso, suggestionando nell’opinione pubblica un pregiudizio negativo e a volte infondato, che può essere causa di gravi danni a carico di accusati o anche di persone offese dal reato. Frequentemente assistiamo a dibattiti televisivi nei talk show nel corso dei quali, presunti più o meno esperti pretendono, sulla base di pochi elementi a loro resi noti, di avere magari, già la certezza della colpevolezza di un indagato, senza possibilità che questi possa replicare. E così si ritrova addosso un pregiudizio anche l'avvocato difensore. È incredibile vedere come molti profani, nascondendosi dietro l’anonimato di una tastiera, si scaglino anche contro l’avvocato. Non comprendendo che il difensore garantisce unicamente che nel processo vengano rispettati i diritti degli imputati e ciò certamente - non dovrebbe essere necessario sottolinearlo - non comporta alcuna approvazione del reato per il quale si procede. Nel suo caso come è andata? Mi era stata conferita una nomina d’ufficio per la difesa di una persona arrestata con una pesante accusa di stupro in concorso con altri soggetti. I fatti ebbero enorme risonanza: l’indagato era un giovane ragazzo africano e tutti gli organi di informazione, persino di altri Paesi europei, per giorni assediarono anche il mio studio con richieste pressanti di informazioni sul caso. Inoltre, non appena era stato reso noto il mio nome in qualità di difensore, assurdamente fui oggetto, attraverso i vari social, di attacchi violenti e di minacce assolutamente irragionevoli e ingiustificabili. Posso fare l’esempio di più persone che mi auguravano di essere vittima della stessa violenza e abusi subiti dalla vittima, scatenando una vera e propria campagna di odio e di incitamento al linciaggio mediatico. Pensa di aver scontato anche il fatto di essere donna?  Sì, qualcuno mi rivolgeva pesanti insulti e minacce anche in quanto donna. Evidentemente riteneva che non avrei dovuto accettare l’incarico, senza considerare che tale atteggiamento era oltremodo offensivo nei confronti di tutte le donne, in quanto un avvocato, donna o uomo che sia, nell’ambito del processo è solo un professionista che adempie a un alto dovere. Sarebbe stato sufficiente comprendere che in Italia nessun processo può essere celebrato senza che l’imputato abbia un difensore. Quello che fu per me motivo di grande delusione, venne da violenti attacchi sui social che mi furono rivolti da donne. Ma ci fu anche una grande manifestazione di solidarietà espressami dalla maggior parte di colleghi e colleghe. La domanda che molti Le farebbero è perché un reo che confessa il peggiore dei crimini deve essere difeso. Una domanda che viene rivolta frequentemente a me come anche a tutti gli avvocati penalisti: “come fai a difendere un reo confesso?”.  Sinceramente è una domanda che mi pare banale quanto ingenua. Molte persone assolutamente disinformate o forse poco ragionevoli, sono forse condizionate dal verbo “difendere” e pensano che un avvocato in pratica approvi il reato che una persona ha commesso o abbia qualche particolare affinità con le persone che difende, approvandone la condotta: nulla di più sbagliato. Mi pare inutile doverlo sottolineare ancora una volta, ma deve essere chiaro che il dovere di un avvocato è quello di interpretare coscienziosamente il suo ruolo, al fine di garantire a chi compare al cospetto del giudice, tutti i suoi diritti, senza alcuna eccezione.Se sei brava puoi far assolvere un colpevole, questo aspetto del tuo lavoro a molti non va giù. Cosa risponde a chi descrive il suo mestiere come quello di una complice di criminali?  In realtà nell’ambito del processo penale esistono regole che l’accusa e la difesa sono tenute a rispettare rigorosamente. L’avvocato incorrerebbe in un infedele patrocinio se non facesse rilevare eventuali errori commessi da chi rappresenta l’accusa e pertanto assume persino una importanza secondaria che l’imputato sia colpevole, quando si riesce ad ottenere una assoluzione. Questo a sottolineare che il compito dell’avvocato è quello di articolare una difesa “tecnica” nel miglior modo possibile, che faccia riferimento al complesso di principi e di norme che regolano lo sviluppo dell’iter processuale.