«Noi siamo al governo, e ci rimarremo». Il giorno dopo lannuncio di un possibile obbligo vaccinale da parte di Mario Draghi, Matteo Salvini torna a parlare del ruolo della Lega allinterno della maggioranza. Il Carroccio non ha alcuna intenzione di smontare le tende, nonostante le insistenze giallo-rosse e nonostante il percorso indicato dal premier: dalla parte opposta rispetto alla propaganda salviniana. Il numero uno di via Bellerio non si scompone, incassa il colpo, ma promette fermezza sulle battaglie storiche della Lega: no ius soli, no riforma Quota 100, no ddl Zan e no obbligo vaccinale. Il partito di Alberto da Giussano resta «per aiutare gli italiani ad uscire dallemergenza sociale, sanitaria ed economica», dice. E per portare a casa tutte le riforme necessarie per utilizzare al meglio le risorse del Recovery: dal fisco alla giustizia, dalla pubblica amministrazione alla concorrenza. «Ciò non toglie che, in caso di divergenze su singoli provvedimenti, la Lega confermerà in Parlamento le sue posizioni di sempre, evidentemente diverse da quelle della sinistra su temi come aumento delle tasse, immigrazione, taglio delle pensioni e obbligo vaccinale (che non esiste in nessun Paese europeo)», mette in chiaro Salvini, provando a fare la voce grossa in maggioranza.Ma è proprio sulla gestione dellemergenza che il leader del Carroccio sembra perdere consensi allinterno del suo stesso partito. La Lega del Nord, quella degli amministratori, quella di chi quotidianamente fa la conta dei posti letto disponibili in terapia intensiva, comincia a scalciare, a marcare differenze dalla linea del capo. Lala moderata del partito, quella che già aveva rumoreggiato dopo il no di Borghi al Green pass e si era indignata per le posizioni di Durigon, sembra non riconoscersi più nella linea ondivaga del segretario: un giorno convinto sostenitore di Mario Draghi e laltro nostalgico delle battaglie sovraniste per non lasciare campo libero a Giorgia Meloni. Le posizioni di Borghi e Siri sul green pass hanno accentuato le divisioni, divenute ormai insanabili dopo la partecipazione dei due parlamentari - a capo di un drappello di leghisti - alla manifestazione con i no vax. E la differenza di vedute sullobbligo vaccinale è solo la goccia che traboccare il vaso. A poco servono a rasserenare il clima le parole di Giancarlo Giorgetti, punto di riferimento per la Lega istituzionale, che a proposito del leder dice: «Il premier Mario Draghi ha detto che nella Lega cè un capo, che è Matteo Salvini. Quindi, quello che dice Salvini a me sta bene. È un principio filosofico». E sullobbligo vaccinale prova a stemperare: «Credo sia una misura su cui riflettere molto bene», argomenta Giorgetti, «a me piace molto ciò che ha scritto la Corte svizzera in termini etici: se si arriva allobbligo vaccinale si arriva a una forma coercitiva che, se possibile, deve essere evitata». Stessa musica suonata anche dal governatore del Veneto, Luca Zaia, anche lui scettico rispetto allintroduzione di obblighi, ripudiando però ogni vocabolario barricadero. «Non commento un eventuale obbligo, perchè bisogna vedere come è strutturato», commenta il presidente veneto. «Ricordo che in Italia ci sono già undici vaccini la cui somministrazione è in via teorica obbligatoria. Arrivare alla obbligatorietà è unpò una sconfitta socialmente», spiega Zaia, prima di precisare: «Noi non siamo contro i vaccini: penso che sia chiaro. Del resto la Lega è al governo in un governo nel quale la vaccinazione non viene ripudiata. Salvini stesso si è vaccinato. Dopodiché che ci sia un dibattito penso che sia il sale della democrazia». Anche il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, esprime una posizione analoga: mai «contro» lobbligo vaccinale, ma «è meglio che la gente si convinca». Di certo, «il vaccino sta dimostrando che anche se è stato fatto in poco tempo, funziona, quindi non ci sono motivazioni per sostenere il contrario», aggiunge il presidente lombardo, evitando qualsiasi ammiccamento al popolo no vax.Insomma, la linea della fermezza annunciata da Salvini sembra non fare breccia nel vecchio corpaccione nordista della Lega. Il segretario dovrà tenerlo in conto, se non vorrà trovarsi a guidare un esercito senza più generali.