Il carcere a vita non è la soluzione, ma il problema da risolvere. Parliamo dell’ergastolo e il motivo del suo superamento è da ricercare nel recente libro “Contro gli ergastoli”, frutto della collaborazione tra Futura/ Ediesse e l’associazione La Società della Ragione. Il volume è a cura del garante regionale del Lazio Stefano Anastasìa, l’ex sottosegretario alla Giustizia e garante di Udine Franco Corleone e il professore di Diritto Costituzionale Andrea Pugiotto.

Da un bel po’ di anni a questa parte, il dibattito parlamentare sull’ergastolo è sceso vertiginosamente di livello. Tra i banchi del Parlamento, è arduo trovare chi argomenta con cognizione di causa e coraggio la necessità del suo superamento: si parla dell’ergastolo, ma difendendolo con le unghie e con i denti, solo quando diventa notizia del giorno. Vuoi per taluni articoli sensazionalistici e poco informati, vuoi per le pronunce della Corte Europea di Strasburgo e la Corte Costituzionale stigmatizzate dalla potente lobby dell’indignazione.

Eppure c’è stato un tempo in cui la sinistra e la corrente liberale, in Parlamento, poneva con profonde argomentazioni il superamento della pena perpetua. E lo si faceva quando la stagione stragista si era appena conclusa, grazie alla sconfitta militare della mafia corleonese. Correva l’anno 1998 e lo spiega molto bene Corleone nel libro “Contro gli ergastoli”.

Con 107 voti a favore, 51 contrari e otto astenuti l'assemblea di palazzo Madama ha approvato in prima lettura il disegno di legge per l'abolizione del carcere a vita. Al voto si è arrivati con i due Poli sostanzialmente divisi dal momento che i gruppi avevano concesso ai propri parlamentari libertà di voto. Molti degli allora Democratici di Sinistra, Rifondazione Comunista, Verdi, ma anche del Partito Popolare, hanno approvato con convinzione il provvedimento, portando avanti argomentazioni che oggi sono un lontano ricordo tra i banchi del Parlamento.

Corleone ricorda che il relatore del provvedimento approvato in Senato è stato Salvatore Senese, tra i fondatori di Magistratura Democratica, giurista colto e rigoroso, scomparso recentemente nel giugno 2019. Nel ‘ 98 siamo nella prima parte della stagione dell’Ulivo. Come ministro della Giustizia c’è Giovanni Maria Flick che, da una parte ha dato atto della ricchezza, dell’altissimo livello tecnico e politico di Senese, ma dall’altra, a titolo individuale, ha dichiarato di non ritenere opportuno il superamento dell’ergastolo. Ma Corleone, nel libro, sottolinea che è giusto ricordare che l’opinione attuale di Flick non è più quella di prima. Lo abbiamo visto con gli incrementi dell’ergastolo ostativo, i quali lo hanno condotto a rivalutare la scelta abolizionista.

A opporsi con forza al disegno di legge, è stata la destra. Dalla Lega, passando per Forza Italia ( ma non tutti), fino all’ex Alleanza Nazionale. Le argomentazioni sono simili a quelle che oggi, invece, fa anche gran parte della sinistra. Purtroppo nel 1998 si è perso il treno. L’iter per approvare il disegno di legge si è bloccato. Dopo quell’anno, non solo non sarà più messo in discussione l’ergastolo, ma nemmeno l’abrogazione del Codice Rocco, quello fascista e quindi da Stato Etico. Il paradosso che fa notare Corleone è che gli ergastoli sono aumentati di quattro volte, mentre sono diminuiti gli omicidi. Sono passati quasi 30 anni dalla fine delle stragi mafiose, ma ancor si vuole difendere a tutti i costi l’ergastolo ostativo.

Non è un caso che il libro parla di “ergastoli”. Il professor Pugiotto lo spiega bene. C’è l’ergastolo comune, quello con isolamento diurno, oppure ostativo alla liberazione condizionale. Non solo. Fino al 1994, abbiamo convissuto a lungo con l’ergastolo minorile. Pugiotto ricorda che è stato abolito grazie all’intervento della Corte Costituzionale. Così come, nel 2018, la Corte ha abolito l’ergastolo ostativo “estremo”: per alcuni delitti, anche se collaborava con la giustizia, il condannato poteva chiedere l’accesso ai benefici dopo 26 anni di detenzione.

La pena perpetua c’è. Parliamo, per usare una definizione coniata dall’ex ergastolano ostativo Carmelo Musumeci, di una pena di morte viva. Il professore Stefano Anastasìa nel libro parla di tecniche di neutralizzazione del misfatto nella propria coscienza: «La rimozione della realtà è la condizione che consente ai sostenitori della pena fino alla morte, di esserlo senza sporcarsi le mani con una pena di morte».

Interessante anche il capitolo a firma di Susanna Marietti dove si smentiscono i negazionisti dell’ergastolo. Snocciolando numeri e percentuali, dimostra che in Italia la pena perpetua c’è eccome. «Esiste sulla carta, nella rigidità delle norme. Ed esiste dentro le celle, nella vita effettiva delle persone condannate. A volte fino al suo ultimo giorno», conclude Marietti nel suo capitolo del libro.

Interessante l’intervento del magistrato di sorveglianza Riccardo De Vito, che spiega come una pena esagerata non funziona da deterrente. Anzi. Rischia di creare più nemici di quelli che pretende di neutralizzare. Ma allora si può sostituire l’ergastolo comune? Secondo il giurista Giovanni Fiandaca, sì. E lo spiega nel libro.

Un volume impreziosito anche dal testo contro il populismo penale redatto da Papa Francesco, a seguire quello di Aldo Moro, Salvatore Senese e Aldo Masullo. Il libro “Contro gli ergastoli” va letto perché smaschera la pena di morte che, di fatto, vige ancora in questo Paese. Una pena difesa non solo dalla destra, ma anche dalla sinistra che è diventata sempre più reazionaria.