Tra poco più di un mese, esattamente il 13 agosto, ricorre il secondo anniversario della tragedia, evitabile, che ha coinvolto Elena Casetto, la giovane brasiliana morta carbonizzata a 19 anni in un letto del reparto di psichiatria dell’ospedale “Papa Giovanni” di Bergamo. Non poteva muoversi, perché era in contenzione meccanica. Aveva appena vent’anni Elena Casetto. H vissuto per sette anni da sola a Salvador de Bahia, studiava, era autonoma. Sognava di dedicarsi alla filosofia, a Londra o ad Amsterdam. Coltivava una vocazione poetica. Aveva anche vinto un premio con un componimento intitolato “Terra de bandidos” dove si evinceva la paura di restare in Brasile, il paese d’origine della madre. Forse era stato quel timore espresso nella poesia a persuadere Elena ad accettare l’invito della madre di raggiungerla in Italia, nell’appartamentino preso in affitto a Osio Sopra. L’ultimo periodo della vita di Elena è un rapido precipizio, fino a un epilogo che attende più di una risposta.L’ 8 agosto 2019 tenta il suicidio. Vorrebbe lanciarsi da un ponte, la bloccano i carabinieri. Viene ricoverata prima a Brescia e poi a Bergamo. L’ 11 agosto supplica la mamma perché la riporti a casa. Il messaggio è rimasto nel cellulare, sequestrato dopo la sua morte. La mattina del 13 agosto cerca nuovamente di togliersi la vita, stringendosi al collo un lenzuolo. La salvano due infermieri. Viene sedata e contenuta. L’allarme anti- incendio scatta attorno alle 10. I vigili del fuoco trovano Elena Casetto carbonizzata nel suo letto. C’è ancora chiarezza da fare sulla vicenda. Ricordiamo che il Garante nazionale, proprio nel caso della ragazza, ha rivelato alcuni disappunti. Dal registro aggiuntivo telematico “Psicheweb” delle contenzioni attuate presso l’ospedale il Garante ha rilevato che, nelle disposizioni sui controlli da effettuare sulla persona sottoposta a tale misura privativa della libertà, non si prevede, come dovrebbe, un periodo iniziale di osservazione del paziente immediatamente successivo alla contenzione stessa, nella misura di 15- 30 minuti consecutivi prima di attivare periodicamente i controlli delle funzioni vitali, registrandone appositamente gli esiti ogni quarto d’ora. Nel caso della ragazza, il Garante ha rivelato con particolare disappunto che «non è stata osservata la specifica raccomandazione rivolta al personale sanitario relativa al controllo dell’eventuale possesso di accendini o fiammiferi da parte del paziente, così come prevede il paragrafo 8 del Protocollo sulla procedura specifica “La contenzione fisica in psichiatria”». Ma a gennaio scorso c’è stata la chiusura delle indagini sulla morte di Elena. Sono indagati due addetti della ditta che aveva in appalto il servizio antincendio dell’ospedale. Gli interrogativi, quindi, rimangono. Ad esempio dovrebbe essere chiarito una volta per tutte, se esistessero i motivi dello stato di necessità per contenere e isolare la ragazza o se potessero essere adottate strategie alternative.