L’appello ha un tono drammatico, a tratti struggente. Il mittente è Piercamillo Davigo, l’ex magistrato più potente d’Italia caduto in disgrazia dopo il penoso caso Amara: quella strana fuga di notizie che ha terremotato la già instabile magistratura italiana. Ma questa è un’altra storia. Il destinatario, invece, è Matteo Salvini, l’ex Capitano che voleva buttare le chiavi delle patrie galere e che ora si ritrova al fianco dei radicali nella promozione dei referendum più garantisti della storia della Repubblica. E così, Davigo, dalle pagine del Fatto Quotidiano di Travaglio chiede al leader leghista di rinsavire… «Ma come - gli dice - non ti rendi conto che il referendum sulla carcerazione preventiva metterà a piede libero migliaia di immigrati irregolari?». Il che, peraltro, la dice lunga sui motivi per cui le nostre carceri sono così sovraffolate: sono piene di poveri disgraziati colpevoli di fuggire da fame, guerra e povertà. Ma questo Davigo preferisce non dirlo. Fatto sta che l'ex magistrato del pool milanese non si rassegna e rivolge il suo appello al Salvini di un tempo, quello che fermava le navi cariche di migranti per giorni e giorni impedendo lo sbarco a bambini, donne e uomini fiaccati da giorni di navigazione su barconi clandestini pronti a colare a picco al minimo sbotto di mare; al Salvini del “marciscano in galera”, sentenziato dalla “bestia” social in occasione di ogni fattaccio di cronaca. Ma Matteo, ingrato, ormai è sulla nave radicale e non sente le suppliche del povero Davigo il quale appare come una sirena afona che prova a ricordare al vecchio amico di bisbocce i bei tempi andati, quando un paio di giorno di galera preventiva non si negavano a nessuno, neanche a un “presunto innocente”.