Il referendum è una buona occasione «per dare uno scossone a questa pergamena marcita che è la giustizia». E l’abrogazione della legge Severino non solo è giusta, ma anche necessaria per far ripartire il Paese. A dirlo è Carlo Nordio, ex procuratore aggiunto a Venezia. Radicali e Lega propongono l’abrogazione della legge Severino. È d’accordo? Sostengo da sempre l’abrogazione di questa legge, che è nata male, in quanto è stata applicata subito nei confronti di Berlusconi in modo retroattivo. E da lì si è vista l’anomalia di questa legge, perché aveva colpito una persona per un fatto commesso prima dell’entrata in vigore della legge stessa. Alle critiche come la mia, si rispose che la sanzione della decadenza dall’incarico pubblico non era una sanzione penale, che come tale sarebbe stata ovviamente irretroattiva, ma e amministrativa. Al che io risposi, e non fui il solo, che si trattava di una risposta ignorante, perché anche le sanzioni amministrative sono irretroattive, come previsto dalla legge del 1989 e anche dal 231 sulle sanzioni amministrative degli enti. Al che si disse che si trattava di una sorta di condizione di permanenza in una carica pubblica e che quindi, non essendo sanzionatoria, poteva essere retroattiva. Ma il punto è che si tratta pur sempre di una norma afflittiva e tutte le norme afflittive seguono il principio dell’irretroattività. Cosa dimostra questo? Che questa legge non è stata fatta dopo una opportuna valutazione tecnica, ma per ragioni di demagogia politica. Ed è nata male come tutte le norme che nascono con questa motivazione. In secondo luogo confligge con la Costituzione, che stabilisce la presunzione di innocenza, dato che è applicabile anche alle sentenze che non sono passate in giudicato. Ma secondo me è anche inopportuna perché ha un effetto deterrente nei confronti di chiunque ambisca a cariche pubbliche. E qui mi aggancio ad un’altra proposta -che non è nel referendum ma io spero che questo o il prossimo governo attui - che è in questo momento invocata dai sindaci, ovvero l’abolizione di reati come l’abuso d’ufficio e il traffico di influenze, che sono alla base della cosiddetta amministrazione difensiva. È tutto un complesso di norme che secondo me va eliminato, per ridare fiato alla pubblica amministrazione e, quindi, per un’utilità concreta, in vista anche di una ripresa economica del Paese. È la famosa “paura della firma”. Esatto e provoca la paralisi o il rallentamento della pubblica amministrazione per la paura che un domani si possa essere denunciati. I sindaci chiedono da anni questa revisione e se non avviene la pubblica amministrazione non riparte. E se non riparte la pubblica amministrazione non riparte nemmeno l’economia. C’è un discorso concreto e urgente da fare, in vista anche dei soldi che l’Europa dovrà darci con il Recovery Fund. Il referendum, secondo lei, è una buona occasione o ha ragione chi dice che in questo modo il Parlamento viene esautorato? Sulla formulazione tecnica dei quesiti ho qualche dubbio, ad esempio sulla responsabilità civile dei magistrati, ma questi dubbi spariscono o sono superati da un fatto molto più strategico: questo referendum è l’unica occasione per dare un forte scossone al sistema giudiziario italiano che è incancrenito e che questo Parlamento non riuscirà mai a cambiare. Non è un sovrapporsi al Parlamento, è fare ciò di cui il Paese ha bisogno e che il Parlamento non è in grado di fare, perché sulla giustizia penale è dannatamente diviso e, anzi, è dominato da una corrente che potremmo dire “giacobina”, giustizialista. Una maggioranza che probabilmente col prossimo Parlamento cambierà, ma che con questo non è assolutamente in grado e non ha nemmeno intenzione di fare quelle riforme fondamentali, con la revisione totale del nostro sistema, soprattutto penale. E poiché questo governo, anche giustamente, ha delle altre priorità, come la sanità e l’economia, l’urgenza della riforma della giustizia è messa da parte. Quindi manca la volontà politica? Si vede perfettamente che questo Parlamento, al di là delle priorità, le riforme sulla giustizia non le vuole fare, perché si è già diviso su tutte le questioni più importanti.E poiché le riforme sono indispensabili, ma non sono certo quelle proposte da Cartabia, che ha le mani legate dall’esistenza di un Parlamento che non glielo farebbe mai fare, il referendum è l’unica, vera, grande occasione per dare un forte scossone a questa pergamena marcita che è la giustizia italiana, che va rifatta da capo a fondo. Altra cosa è avere dei dubbi, ed io li ho, sulla perfezione tecnica di alcuni quesiti e se devo dirla tutta anche sull’opportunità della responsabilità civile dei magistrati.Perché è inutile colpire un magistrato incapace sul portafoglio, dal momento che è assicurato, va colpito sulla carriera o addirittura sul mantenimento del posto che occupa. Un magistrato che non sa fare il magistrato va cacciato via dalla magistratura.