«L’asserita incostituzionalità della separazione delle carriere, o meglio delle funzioni, nella magistratura è un argomento che viene ciclicamente proposto nel dibattito sulla riforma dell’ordinamento giudiziario», è la premessa da cui parte il professor Alessio Lanzi, ordinario di Diritto penale all’università di Milano Bicocca e attuale componente del Csm, eletto su indicazione di Forza Italia. La campagna referendaria alle porte e la recente proposta della commissione Luciani — voluta dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia per studiare modifiche all’ordinamento giudiziario — di limitare solo a due i passaggi di funzione consentiti durante la carriera del magistrato, hanno nuovamente infiammato la discussione sulla “separazione” fra pm e giudici. Il Dubbio ha ospitato sul punto in questi giorni diversi contributi di autorevoli giuristi, avvocati e magistrati. Fra i più contrari alle ipotesi formulate dal governo e dai quesiti referendari, si segnala l’ex presidente dell’Anm, il pm romano Eugenio Albamonte, segretario di Area, il gruppo della magistratura progressista.

Professor Lanzi, perché la previsione della separazione delle carriere, anzi, come dice lei delle funzioni fra giudicante e requirente, non sarebbe incostituzionale, diversamente da quanto sottolineato dal dottor Albamonte?

Guardi, tralasciando per un momento le solite polemiche e le prevedibili strumentalizzazioni, vorrei che l’attenzione si concentrasse sulla lettura di tre articoli della Costituzione: il 101 comma 2, il 107 comma 3, ed il 112.

Iniziamo dal primo.

“I giudici sono soggetti solo alla legge”. I giudici, non i pm. Si tratta di una norma a garanzia dei cittadini. Viene escluso che i giudici nella loro attività possano subire condizionamenti da soggetti esterni.

Il 107 comma 3?

“I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni”. Questa è una disposizione di tipo ‘ amministrativo’ che serve a dare pari dignità fra tutti i magistrati, in particolar modo per quanto concerne lo stipendio. A parità di anzianità di servizio non cambia l’emolumento del procuratore o del semplice sostituto.

E infine l’articolo 111: “Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale”.

È la norma che prevede l’obbligatorietà dell’azione penale nel nostro Paese.

Quindi non c’è nessuna preclusione, nella Carta, a una separazione di funzioni?

A supporto del mio ragionamento invito anche alla lettura dell’articolo 111 comma 2: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”. Non credo ci possano essere dubbi.

Scusi, ma allora perché queste continue polemiche?

Guardi, per dirla tutta, è essenzialmente un problema di potere.

Possiamo fare degli esempi?

Adesso i pm, nei Consigli giudiziari, si esprimono sulle valutazioni di professionalità relative ai magistrati giudicanti, pur essendo i pm stessi una parte del processo. Perché queste valutazioni, allora, non dovrebbero poter essere fatte dall’altra parte del processo, quindi dagli avvocati?

Un ‘ mantra’ che viene ripetuto spesso riguarda poi l’asserita unicità della giurisdizione. I fautori della carriera unica ripetono che il pm, essendo un magistrato, svolge accertamenti anche a favore dell’imputato.

Lei si riferisce all’articolo 358 del codice di procedura penale.

Sì.

Quell’articolo, secondo cui appunto “il pm svolge accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini”, è una grande mistificazione. Qualcuno deve avere il coraggio di dirlo.

Spieghiamo il motivo?

Certo. L’esperienza insegna il contrario. Senza andare troppo lontano è sufficiente leggere le cronache degli ultimi giorni su alcune intercettazioni a favore degli imputati fatte sparire in un importante processo. Mi pare di tutta evidenza quanto questa disposizione venga disapplicata nella prassi.

Anche perché, aggiungo, non prevede alcuna sanzione nei confronti del pm inadempiente, di quello che indaga a “senso unico”...

Esatto. Citare l’articolo 358 del codice di procedura penale in una discussione del genere rappresenta una tesi di comodo. Io, ripeto, non vedo in giro tutti questi pm ‘ imparziali’ nello svolgimento delle indagini.

I pm, oltre all’asserita incostituzionalità, dicono che se ci fosse la separazione delle carriere finirebbero sotto il controllo dell’esecutivo, con conseguenti abusi di ogni tipo.

Anche questa obiezione francamente mi sorprende.

In che senso?

Si dà per scontato che il pm inserito in un diverso assetto ordinamentale commetta illeciti di ogni genere. Ma chi lo ha detto? Come è possibile avere queste certezze?

In conclusione, quale contributo si sente adesso di dare?

Io credo che serva una riflessione serena, senza preconcetti. Prendendo atto da quello che normalmente accade nelle aule dei tribunali, dall’esperienza di tutti i giorni. Invece, ed è questa la mia opinione, è forte il sospetto che i pm non vogliano perdere il loro potere. Sinceramente non mi sentirei di affermare che anche i giudici siano, allo stesso modo dei magistrati requirenti, tutti contrari alla separazione delle funzioni.