Quando nel 1895 Oscar Wilde viene condannato a due anni di bagno penale per omosessualità (gross public indecency) era un uomo di successo che irritava i bigotti custodi della morale vittoriana ma riscuoteva grandi consensi e apprezzamenti tra il grande pubblico per i suoi romanzi e le sue pièces teatrali (quellanno Limportanza di chiamarsi Ernesto fece il tutto esaurito). Fino ad allora le accuse di immoralità rivolte alle sue opere gli procurano una fama equivoca che lo scrittore irlandese vive con noncuranza quasi compiaciuta, liquidando i detrattori con le sue celebri frasi ad effetto. È sposato con la giovane Constance Lloyd, ma trascorre gran parte del tempo in albergo dove incontra amici e ammiratori, tutti di sesso maschile. Le voci sul suo conto iniziano a farsi insistenti, le illazioni lievitano, tuttavia nulla interviene a cambiare il corso delle cose. Fino a quando non viene denunciato da Lord John Sholto, marchese di Qeensburry (noto per aver fissato le Queensburry rules, le regole della moderna boxe); Sholto lo accusa di aver traviato il figlio Lord Alfred Douglas, detto Bosie, che per almeno quattro anni è stato il suo amante. Inizialmente è Wilde a denunciare Sholto per diffamazione, ma il processo si trasforma inesorabilmente in una via crucis per il dandy più famoso di Londra. Wilde tiene banco, risponde alle accuse con la consueta impertinenza, fa battute, inanella freddure, irride il giudice e lavvocato del marchese, Edward Carson. Un atteggiamento sbruffone che gli costa lostilità della giuria che però sospende il suo giudizio, mentre lopinione pubblica aizzata dai commenti pruriginosi dei giornali gli volta le spalle. Gli stessi che lo applaudivano quando nelle sue opere fustigava lipocrisia dei costumi vittoriani ora non lo difendono più. Alla fine spuntano due testimoni, due ragazzi reclutati da Carson che dichiarano di aver avuto rapporti sessuali con lo scrittore, il suo difensore gli consiglia di ritirare la querela per diffamazione ma è ormai troppo tardi: è condannato per la sua «grossolana indecenza» a due anni di lavori forzati in un bagno penale.«Signor Wilde, deve ritenersi fortunato perché la vecchia legge prevedeva la pena di morte per i sodomiti e le assicuro che non avrei esitato a mandarla dal boia», esclama il giudice pronunciando la sentenza. Una fortuna davvero molto relativa.I bagni penali allepoca erano infatti il vero inferno in terra. Un reportage del quotidiano francese Le Temps pubblicato nellestate del 1895 descrive con crudezza la misera condizione dei condannati ai lavori forzati nei campi britannici. Se molti di noi hanno negli occhi le immagini dei prigionieri che spaccano le pietre sotto il sole cocente, il trattamento subito da Wilde è decisamente più sadico e feroce. Al punto che anche la spietata giustizia dellepoca vietava soggiorni più lunghi di due anni in quelle strutture. Quando entrano nel campo i detenuti vengono pesati perché uno degli obiettivi della pena è «farli dimagrire in modo estremo». Lo strumento di lavoro principale si chiama treadmill, un mulino disciplinare grande come la ruota di una nave a vapore azionato dal movimento, perpetuo, dei prigionieri rinchiusi e legati in una piccola gabbia tra gli ingranaggi dove afferrano degli anelli con le braccia mentre spingono dei pannelli con i piedi.Sono costantemente sorvegliati da arcigni guardiani che li colpiscono con la frusta al minimo rallentamento, alla minima esitazione. Per chi stramazza al suolo o si rifiuta di continuare il lavoro cè il sinistro gatto a nove code, unoscudiscio che ti strappa via la pelle a ogni colpo. Per non farli morire di fatica il treadmill non può durare più di tre ore, suddivise in tre sessioni da unora.Il resto del tempo i detenuti si dedicano ad attività più classiche, come tagliare le pietre, annodare delle grosse corde, conciare il cuoio, trasportare pesi.Poi cè lisolamento, alienante: per i primi tre mesi non possono ricevere lettere e non hanno diritto alle visite dei familiari per sei mesi. La natura disumana dei bagni penali scandalizza le componenti più liberal della società britannica e gli intellettuali europei: Bernard Shaw e André Gide scrivono una petizione per far liberare Wilde, ma cade nel vuoto, osteggiata peraltro da altri intellettuali noti come Emile Zola, che ritiene Wilde sconcio e svergognato.Uscirà dal bagno penale il 29 maggio 1897, ma suo mondo non esisteva più: i beni confiscati, i libri messi al bando, nessun editore è più disposto a pubblicare una sua singola riga, nessun direttore di teatro a mettere in scena le sue pièces. La moglie e i figli non vogliono più avere a che fare con lui e cambiano cognome.Wilde decide allora di lasciare lInghilterra dove non tornerà mai più; si trasferisce nella più tollerante Parigi e farà qualche viaggio in Italia per ritemprarsi, ma la sua salute è irrimediabilmente compromessa dai due anni di lavori forzati, sfibrato nel corpo e nello spirito, sofferente per lesilio dalla sua Londra, muore lanno successivo a Bagneux (cittadina a pochi chilometri dalla capitale francee) per una meningite folgorante a soli 46 anni. Dieci anni dopo i suoi resti verranno sepolti nel celebre cimitero di Pere Lachaise di Parigi.