La proposta del Pd che vorrebbe dare diritto di tribuna e voto agli avvocati nei Consigli giudiziari ha creato fermento e contrarietà nella gran parte della magistratura. Ne parliamo con il dottor Marcello Basilico, presidente della sezione Lavoro del Tribunale di Genova, già componente della Giunta Anm per AreaDG. Cosa ne pensa di quanto sta emergendo? Credo che la proposta abbia dato luogo ad un dibattito che potrebbe rivelarsi molto fruttuoso. Non vi vedo una minaccia per l'indipendenza della magistratura, e maggior trasparenza non può far che bene, in quanto ho sempre pensato che i controlli incrociati siano utili. Tuttavia, per la magistratura progressista a cui appartengo esistono delle contrarietà di ordine pratico e storico. La proposta potrebbe avere una ragion d'essere, ma soltanto in un contesto culturale diverso. Può spiegare meglio? Sono stato in due Consigli giudiziari e partecipo ad un gruppo di confronto sulle attività dei consiglieri in carica. Devo dire che a oggi l'esperienza degli avvocati nei CG purtroppo risulta molto deludente: da quando dal 2008 ne fanno parte, abbiamo constatato una iniziativa inesistente da parte degli avvocati in ordine alle questioni organizzative. Le occasioni in cui formulano delle proposte o delle critiche all'organizzazione degli uffici giudiziari sono molto rare e spesso sono legate a ragioni di singoli o di gruppi di avvocati. Quindi a suo parere non hanno l'autorevolezza per esprimersi sulle valutazioni di professionalità? L'organizzazione degli uffici è uno temi che maggiormente dovrebbe stare a cuore dell'avvocatura perché investe la rapidità e l'efficacia dei processi e anche la scelta delle priorità nella trattazione degli affari giudiziari. I Coa dovrebbero dunque esprimere una avvocatura matura su questo versante, ma troppo spesso constatiamo invece il contrario: la gran parte degli avvocati ha una conoscenza minima dell'ordinamento giudiziario, ignora cosa siano i Consigli giudiziari o le tabelle. Emerge inoltre una diffusa tendenza degli avvocati nei Consigli giudiziari ad assecondare i "capi di Corte", in una visione di fatto ancora molto gerarchica, che evidenzia un profondo deficit culturale. Difetta l'idea della distinzione dei magistrati solo per funzione che è alla base dell'autonomia del singolo magistrato e che dovrebbe esprimersi pienamente proprio qualora gli avvocati dovessero occuparsi delle valutazioni professionali. La presenza nel Consiglio del Presidente dell'Ordine degli avvocati potrebbe essere una soluzione? O gli avvocati sono nei Consigli giudiziari per incidere veramente sulla qualità delle valutazioni professionali o è inutile la loro presenza. Si rischiano solo ulteriori tensioni. Quindi benissimo il Presidente del Coa ma dovrebbe essere un organo capace di selezionare le criticità e cadute di professionalità in maniera autorevole, consapevole del quadro ordinamentale in cui il magistrato opera. Già oggi i Coa hanno la facoltà di fare delle segnalazioni in materia, ma i casi sono in realtà pochissimi e alcuni attingono non i peggiori magistrati ma quelli che hanno dato fastidio per un singolo processo o indagine. Cosa propone allora? Occorre rafforzare la cultura comune dell'ordinamento giudiziario di magistrati e avvocati; da questo punto di vista anche l'esperienza delle scuole di formazione post universitarie è molto deludente. Se non lavoriamo in quella direzione, la presenza degli avvocati nei Consigli Giudiziari resterà sempre legata a contributi estemporanei, anziché un valore aggiunto per la giurisdizione.