Nemmeno il tempo di esultare per le proposte della commissione istituita dalla ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che Enrico Costa, deputato e responsabile Giustizia di Azione, torna alla carica per inserire nella riforma alcuni aspetti ancora necessari, a parer suo, di accorgimenti. Come nel caso della responsabilità civile dei magistrati, tema del quale si discute da decenni (il referendum targato radicali con il quale oltre l80% si schierò a favore di un cambiamento delle regole è del 1987) e del quale si torna a parlare dopo la pubblicazione dei dati in cui si attesta che dal 2010 al 2021 sono state depositate 544 cause contro lo Stato per responsabilità civile dei magistrati e su 129 sentenze emesse finora ci sono state solo otto condanne. Numeri che hanno fatto sobbalzare Costa sulla sedia e gli hanno fatto dire che «la legge sulla responsabilità civile dei magistrati va rivista subito e loccasione giusta può essere proprio la riforma Cartabia». Il deputato spiega che attraverso la lettura dei dati «chiunque si potrà rendere conto» della gravità della situazione, visto che «solo l1,4 per cento delle cause iscritte contro i giudici si è conclusa con una condanna definitiva». E pensare che nel 2015 lallora ministro della Giustizia, Andrea Orlando, aveva soppresso il filtro di ammissibilità, ragione per cui, ragiona Costa, le maglie per mettere sotto processo i giudici avrebbero dovuto allargarsi, ma non è stato così». Rispetto al 2015 in effetti il confronto tra le responsabilità contestate prima e quelle contestate dopo non subisce grandi mutamenti. A leggere i dati non c'è stata né la pioggia di cause che i magistrati temevano, tanto che lallora presidente dellAnm, Rodolfo Maria Sabelli, parlò di una «rivoluzione contro la giustizia e contro l'indipendenza dei magistrati», né tantomeno la pioggia di condanne. Di quella riforma, arrivata soltanto un anno dopo il taglio di cinque anni delletà pensionabile dei magistrati, i magistrati contestarono sia leliminazione del filtro di ammissibilità dei ricorsi sia il passaggio da un terzo alla metà della rivalsa dello Stato sullo stipendio della toga, ma lo scontro già aspro arrivò sullattività di interpretazione della legge. In quel caso la voce dellAnm, assieme alle pressioni politiche, ebbe la meglio e la norma fu eliminata. Evidentemente, però, non era quello il vero problema. A dire la verità soprattutto nelle grandi città un cambio di passo dopo la riforma Orlando si può notare: come a Roma, dove rispetto alle 28 cause tra il 2010 e il 2015, ce ne sono state 66 dal 2016 al 2021; o a Milano, con 3 cause prima del 2015 e 11 nel periodo successivo. Come è noto, la responsabilità civile dei magistrati non è diretta ma ricade sullo Stato, che poi si rivale sulle toghe. Delle otto condanne avvenuta dal 2010 a oggi, tre sono arrivate dai tribunali, su 62 sentenze, nessuna dallappello, su undici sentenze, e otto dalla Cassazione, su 23 sentenze. Nel distretto di Perugia, per citare un caso emblematico, ci sono state 136 richieste in undici anni e sei sentenze, di cui nessuna di condanna. Un altro dato che salta allocchio è che la riforma Orlando prevedeva, in proiezione, una spesa per lo Stato di 540mila euro allanno in seguito a condanne per i magistrati, frutto della media dei dieci anni precedenti in cui cerano state otto condanne totali con risarcimenti medi di 54mila euro. Ebbene, non solo non si è realizzata la previsione di una decina di condanne allanno, ma a quelle dieci condanne non si è arrivati nemmeno in undici anni. È per questo che Costa parla della responsabilità civile post Orlando come di «un flop» e da qui nasce lidea di emendare ancora la riforma Cartabia con modifiche anche sulla responsabilità civile dei magistrati. «La legge va cambiata di nuovo perché anche palesi responsabilità non si riescono a perseguire - conclude il deputato - Per questo motivo, presenteremo degli emendamenti sulla responsabilità civile al testo di riforma del Csm e della magistratura. Se i magistrati sbagliano devono pagare. Non è possibile costringere i cittadini a vere e proprie peripezie giudiziarie per ottenere dopo anni e anni un risarcimento».