Il Comitato nazionale per la bioetica (Cnb) ha appena emesso un parere sul pass vaccinale e il suo presidente, Lorenzo D’Avack, spiega: «Siamo consapevoli di essere di fronte a soluzioni parziali ma che certamente possono aiutare ad aumentare la mobilità e risollevare l’economia», mentre sui brevetti parla di «uno strumento che motiva la ricerca e quindi bisogna essere molto cauti» perché «se aboliamo completamente i brevetti il rischio è che le case farmaceutiche vengano meno alla spinta necessaria di fare ricerca nel settore».

Presidente D’Avack, perché un vostro parere sul pass vaccinale?

È un tema di grande discussione non solo nel nostro Paese ma nell’intera Unione Europea. La questione centrale è che quando parliamo di certificazione vaccinale ci occupiamo di uno strumento utile per cercare di riattivare i rapporti sociali e l’economia. Dobbiamo tenere tuttavia conto delle difficoltà dal punto di vista etico, e noi abbiamo sottolineato che attraverso la certificazione vaccinale si cerca di gestire i rischi e ma non bisogna illudersi che questo risolva la situazione.

Cosa avete proposto?

Abbiamo indicato tre requisiti: l’avvenuta vaccinazione, il test sierologico attestante la presenza di anticorpi in quantità sufficiente o un attestato di guarigione, il tampone negativo. Sono requisiti profondamente diversi l’uno dall’altro e dal punto di vista della gestione del rischio quello che appare più tranquillizzante è la vaccinazione, quindi raccomandiamo che la campagna vaccinale possa estendersi il più rapidamente possibile.

Sappiamo che chi ha già avuto il coronavirus può reinfettarsi e che un tampone negativo nelle 48 ore precedente non è sinonimo di protezione. Perché non riservare il pass ai soli vaccinati?

Ci siamo resi conto che un pass vaccinale riservato ai soli vaccinati avrebbe creato delle discriminazioni, perché non siamo ancora riusciti a vaccinare la maggioranza della popolazione; inoltre esistono categorie di persone che non possono essere vaccinate e che quindi non meriterebbero certo di essere penalizzate. Il tema riguarda anche i minori e le donne in stato di gravidanza, fasce sulle quali non è stata ancora fatta una grande sperimentazione. Siamo consapevoli che siamo di fronte a soluzioni parziali ma certamente possono aiutare ad aumentare la mobilità. Dal punto di vista bioetico abbiamo sottolineato l’importanza di dare una spiegazione precisa di cosa sia il certificato vaccinale, affinché la popolazione non pensi di essere immune solo perché ha il certificato: dobbiamo continuare a fare attenzione attraverso l’uso delle mascherine e il lavaggio delle mani.

Ci sono altre questioni legate all’opportunità del pass vaccinale?

Un altro punto fondamentale è che il pass sia strettamente legato al Covid e quindi non possa essere usato per altre vicende mediche e non possa essere uno strumento che violi la privacy del singolo soggetto in merito al suo stato di salute. L’auspicio è che il pass cessi di essere necessario nel momento in cui si sia riusciti davvero a superare la pandemia.

Auspicate che il governo si muova in una determinata direzione?

Ci auguriamo che il pass venga introdotto e regolato da un’apposita legge statale che deve indicare con precisione l’ambito delle attività concesse ai possessori del pass. Sarebbe inoltre un danno se le singole Regioni finiscano per stabilire dei criteri singoli alla certificazione, che deve essere uguale in tutto il territorio. C’è poi una questione di costi: sarebbe opportuno che i tamponi fossero prevalentemente gratuiti o almeno detraibili dalla dichiarazione dei redditi, e questo dovrebbe valere anche per le mascherine.

Qual è la posizione del Cnb sulla liberalizzazione dei brevetti vaccinali?

Nel precedente parere abbiamo scritto che il vaccino è un bene comune, e questo implica una raccomandazione a una riduzione temporanea dei brevetti, perché da un lato l’esistenza dei brevetti determina l’impossibilità di produrre vaccini in alcuni paesi, dall’altro il brevetto è uno strumento che motiva la ricerca e quindi bisogna essere molto cauti perché liberalizzandolo rischiamo che si smetta di fare ricerca su vaccini e questo sarebbe quantomai dannoso e pericoloso.

Pensate a una sorta di liberalizzazione a tempo?

Probabilmente avremo a che fare con il Covid per lungo tempo e l’immunità è difficile da raggiungere se non si portano i vaccini anche nei paesi più poveri. Si può prevedere che in un momento di grande crisi le case farmaceutiche facciano un passo indietro nei brevetti e una volta raggiunta l’immunità di gregge a livello mondiale si possa poi tornare al profitto vero e proprio. Se aboliamo completamente i brevetti il rischio è che le case farmaceutiche vengano meno alla spinta necessaria di fare ricerca nel settore.

Siete soddisfatti della campagna vaccinale condotta fin qui?

Credo che abbiamo superato la prima fase, quella che ha trovato maggiori difficoltà nell’attuare la vaccinazione in determinati settori. Mi sembra di capire che più o meno la fascia delle persone particolarmente vulnerabili sia stata in gran parte coperta e mi sembra che rispetto al piano vaccinale si siano coperte anche categorie essenziali come docenti, forze dell’ordine o vulnerabili come i detenuti. Si è fatto un passo in avanti forse non tanto per colpa del precedente governo o per merito di quello attuale ma perché stanno arrivando molte più dosi e ora stiamo procedendo spediti.