«Preferiamo non ancorarci ad alcuna forma, quello che ci interessa è il contenuto». L'attivista Jovana Kuzman delinea senza orpelli l'essenza del movimento «Italiani senza cittadinanza». Kuzman, lo Ius soli rappresenta uno dei cardini del programma politico del nuovo segretario Pd Enrico Letta. Ciò la fa ben sperare? Come movimento, abbiamo sempre chiesto una modifica della legge che tenesse conto non solo di chi nasce in Italia ma anche di chi vi arriva da piccolo. Per chi giunge in Italia in tenera età, infatti, la procedura è molto più lunga e difficile rispetto a chi vi nasce. Sono anni che ci battiamo in piazza, organizzando manifestazioni e incontri e dialogando con politici di varia estrazione, aspettando che i tempi siano maturi e si riscontri un reale impegno politico. Questo è un governo appoggiato da un'ampia maggioranza: in teoria, se ci fosse una volontà comune, i numeri non mancherebbero. Sicuramente ciò che serve è una legge che tenga conto delle nostre difficoltà. Ce ne potrebbe parlare? Per chi nasce in Italia, aspettare fino ai diciotto anni per ottenere la cittadinanza rappresenta senz'altro un'attesa lunga, nonostante dal 2013 ci si possa avvalere di certificati vaccinali o scolastici per coprire eventuali buchi di residenza. Diverso il discorso per chi vi arriva da piccolo ma non vi nasce: nel caso in cui il genitore ottenga la cittadinanza quando il ragazzino è ancora minorenne, anche lui diventa cittadino italiano, ma se il genitore ha fatto domanda e nel mentre il figlio diventa maggiorenne, tutta la famiglia risulta italiana e il ragazzo, a livello documentale, rischia di rimanere uno straniero. Inoltre, sono stati spesso indetti viaggi d'istruzione a cui i ragazzi con permesso di soggiorno non potevano prendere parte – perché magari i visti erano molto costosi – o banditi concorsi rivolti esclusivamente a cittadini italiani o dell'Unione europea. Durante l'attuale emergenza, sono stati emessi diversi bandi per medici o operatori sanitari che non contemplavano individui senza cittadinanza italiana o permesso di soggiorno di lungo periodo. C'è stata una battaglia di diversi movimenti per la cittadinanza per far riconoscere che, in un momento come questo, i bandi debbano essere aperti a ragazzi che, pur non essendo cittadini italiani, hanno studiato e si sono formati in Italia. Altro problema fondamentale: non possiamo votare. Il voto rappresenta un grande gesto di partecipazione che ti fa sentire parte di un Paese, mentre invece noi, cresciuti in Italia, parte integrante del suo tessuto socio-economico, dobbiamo accettare passivamente le scelte di altri senza poterci esprimere attivamente. Da non trascurare, infine, la paura costante di essere rimandati indietro in quanto, facendo spesso i nostri genitori lavori precari, il permesso di soggiorno un giorno potrebbe non essere rinnovato. Giuseppe Brescia, presidente grillino della Commissione Affari costituzionali della Camera, preferisce parlare di Ius culturae. Condivide? Come attivista, penso che sarebbe necessaria una legge inclusiva, concepita da esperti che conoscono le problematiche del settore, non una mera disposizione calata dall'alto. Ai tempi in cui si presentò la questione dello Ius culturae, vi era chi voleva legare la cittadinanza al profitto scolastico. Intendimento che non condividevo, poiché il rendimento scolastico non sempre dipende esclusivamente dal ragazzo ma è influenzato anche da fattori esterni. Alcune forze politiche ostacolano lo Ius soli, sostenendo che in questo periodo vi siano altre priorità. Cosa si sente di rispondere? Da quando sono attiva sul tema della cittadinanza ho sempre sentito parlare di altre priorità. Rimandare una legge essenziale come questa non definendola una priorità equivale a dire che anche le nostre esistenze non sono una priorità. Credo che sarebbe ora di dimostrare che i giovani – non solo i figli di genitori stranieri, ma i giovani in generale – siano una forza da prendere in seria considerazione non solo quando fa comodo. Sarebbe un gesto di civiltà.