Siamo Avvocati, spesso e volentieri ce ne dimentichiamo e, altrettanto spesso e volentieri, siamo i primi a non considerarci tali, sia verso gli altri che verso noi stessi. Seppur sia entrato a farne parte da qualche anno ho sempre respirato a pieni polmoni, fin da piccolo, questo mondo fatto di dinamismo, di ceca abnegazione e di confronto professionale sempre vivo, pulsante e mai irrispettoso o banale. Nei banchi dellUniversità, i più acuti, ci definivano laltra faccia del diritto, magistratura e avvocatura, due professioni che si completano, si perfezionano e compenetrano a vicenda. Cosè cambiato ora? Cosa sta rendendo la Nostra amata professione così difficile, contorta e, purtroppo, alle volte anche umiliante per qualcuno? Al di fuori di quegli stessi banchi, nella realtà che quotidianamente viviamo, lAvvocato viene visto quasi con sospetto e biasimo, un uomo che per il dio denaro è disposto a tutto, difendendo o accomunandosi anche con la peggior specie di essere umano. Stiamo, sostanzialmente, subendo in prima persona una devoluzione e un inaridimento sociale e culturale che, purtroppo, non riusciamo più ad arginare e a contenere. Veniamo snaturati della dignità della nostra professione anche, e soprattutto, da chi sa benissimo che il nostro ruolo non solo è costituzionalmente essenziale e centrale ma, altrettanto bene, sa che la prescrizione non è un istituto di nostra creazione che usiamo a nostro completo appannaggio quando ci è più comodo e consono per allungare i vari procedimenti giudiziali. Delegittimati fuori ed umiliati anche attraverso dei sistemi automatizzati e telematici di difficile utilizzo nonché divisi dalle lotte interne e di potere nei singoli Ordini Forensi. Divide et impera amavano dire gli antichi. Tutte queste crepe e spaccature non fanno altro che degradare ancora di più ciò che siamo facendoci sentire, soprattutto noi giovani Avvocati, come dei moderni Don Chisciotte della Mancia che combattono tutti i giorni contro dei mulini fatti di pregiudizi sterili e superficiali. Ma lavvocatura è ben altro e non dobbiamo mai dimenticarlo, neppure ora che le tante difficoltà sembrano soverchiarci e la fiducia nella nostra professione potrebbe iniziare a vacillare. Non siamo un semplice e superfluo ornamento nelle fasi processuali e nella vita di relazioni benché meno una figura professionale che merita di essere sinonimo connivenza, di arrivismo e di mediocrità. Al contrario, rappresentiamo e rappresenteremo sempre, malgrado ci sia chi voglia far apparire il contrario, lunico baluardo di difesa contro le risposte punitive indiscriminate dello Stato verso ogni individuo sia esso cittadino italiano od extracomunitario, poiché la toga che noi indossiamo con fierezza e dignità non conosce lingua, confini e pregiudizi di alcun genere. Cari Avvocati, se vogliamo ridare alla nostra amatissima professione la dignità che merita abbiamo, prima noi, il compito e il dovere di ricordarci qual è il suo intriso e fondamentale significato. Troppo spesso abbiamo acconsentito, alle volte anche con i nostri stessi comportamenti, che venissimo delegittimati ed avviliti attraverso dichiarazioni e comportamenti fuori luogo finalizzati palesemente a sminuire noi stessi e ciò che simboleggiamo. Questo non possiamo più condividerlo ed accettarlo, uno Stato di diritto che dubita e mina la propria classe forense è uno Stato che indebolisce e logora i suoi stessi valori nonché le sue basi del vivere civile e democratico. Lavvocatura tutta, mai come ora ed in un momento storico simile, deve far sentire nelle sedi opportune e legittime la sua voce in maniera coesa e corale. Non possiamo più essere il capro espiatorio delle lentezze processuali, non possiamo più essere le vittime di un malgoverno del comparto giustizia ma, soprattutto, non possiamo e non dobbiamo più essere una categoria professionale disgiunta e scissa. È decisamente arrivato il momento, cari Colleghi, di essere coraggiosi e tornare ad essere un unicum.