Cinque anni di Dubbio, cinque anni dalla parte sbagliata. E sì, tanto vale ammetterlo: siamo dalla parte più scomoda in questo brandello di storia, eppure siamo a nostro agio e non potremmo essere altrove perché siamo dalla parte dei diritti, delle libertà e dello sguardo disincantato e severo sul grumo mediatico-giudiziario che in questo ventennio ha condizionato e infestato la politica, la giustizia e il giornalismo italiano. Siamo in direzione ostinata e contraria, potremmo dire in un eccesso di vanità. Ma permettetecelo almeno nel giorno del nostro compleanno. Del resto non esiste nulla di simile al Dubbio nel panorama editoriale italiano. Nato da una geniale intuizione di Piero Sansonetti e Andrea Mascherin, e grazie al coraggio visionario di ogni singolo consigliere del Cnf, il Dubbio è arrivato nelle edicole italiane per sfidare il racconto scorretto di un soggetto cardine del sistema democratico italiano: lavvocato. E sì, lavvocato è il simbolo di tutto ciò che il nostro giornale rappresenta.È lui, lavvocato, il custode dei diritti e delle libertà fondamentali di ogni cittadino; è il san bernardo che corre in soccorso di chiunque finisca travolto dalla valanga, spesso spietata, della nostra giustizia. E corre in aiuto anche di chi fino al giorno prima lo aveva criticato, messo in croce. E lo fa perché è la sua missione. Proprio come un medico, lavvocato non chiede carte di identità né atti di fede: è lì per far rispettare i diritti dellimputato, che sono però i diritti di tutti noi. Per questo è volgare e fallace laccusa ricorrente di intelligenza col nemico ed è scorretta la sovrapposizione tra avvocato e indagato: il legale difensore non è il complice di un presunto colpevole ma è colui che in ogni processo, in ogni singola udienza difende ciò che è scritto nella nostra Costituzione, il nostro Stato di diritto, le nostre libertà e tutto ciò che ogni imputato, anche quello accusato dei reati più gravi, rappresenta e incarna.Per questo è nato il Dubbio: per assestare e correggere questa parte del racconto che è deragliata. Ma non crediate che sia un caso. Chi in questi anni ha gettato legna nel fuoco del giustizialismo più duro, lo ha fatto per i propri interessi. Sitratta dei professionisti del legalitarismo, potremmo dire parafrasando Leonardo Sciascia, uno che ha vissuto sulla propria pelle la violenza di chi intendeva sacrificare il diritto sullaltare di quello che oggi, con una formula fortunata, chiamiamo panpenalismo. Ma dopo cinque anni è giusto fare anche qualche bilancio. E allora chiediamoci: abbiamo spostato qualcosa? I valori per i quali siamo in edicola hanno fatto qualche passo avanti? Noi siamo certi di sì.Oggi, anche grazie al lavoro quotidiano del Dubbio, i valori e gli interessi dellavvocatura - che sono anche e soprattutto quelli di centinaia di giovani e di donne che spesso subiscono ingiustizie e pregiudizi - sono sul tavolo delle istituzioni e della politica; e i temi cari allavvocatura, oggi più che mai, sono nellagenda delle nostre istituzioni.Nelle ultime settimane abbiamo moltiplicato il nostro impegno e la nostra voce. Oggi, oltre al quotidiano, abbiamo due newsletter, un sito aggiornato h24 e un settimanale. Tutti strumenti che ci consentono di raggiungere i vari strati della popolazione e dellinformazione. Certo, cè ancora molto da fare. Serviranno ancora molti anni di lavoro per riuscire a scalfire quel racconto sballato sullavvocatura. Unutopia?Forse. Ma su questo ci può soccorrere la bellissima frase di Eduardo Galeano: «Lutopia è là nellorizzonte.Mi avvicino di due passi e lei si distanzia di due passi.Cammino 10 passi e l'orizzonte corre 10 passi. Per tanto che cammini non la raggiungerò mai. A che serve l'utopia? Serve per questo: perché io non smetta mai di camminare». E allora, chissà, forse anche qualcun altro si accorgerà che non siamo noi a camminare nella parte sbagliata della storia.