Italia quasi tutta arancione da domani. In rosso restano solo Valle d’Aosta, Sardegna, Campagna, Puglia e la provincia di Firenze. Tutte le altre regioni potranno tirare un pò il fiato con un leggero allentamento delle restrizioni: potranno riaprire infatti negozi, parrucchieri e centri estetici. E torneranno in classe anche gli alunni della seconda e della terza media, mentre per le scuole superiori le lezioni in presenza saranno almeno al 50 per cento. La provincia di Torino passerà in zona arancione come il resto del Piemonte da lunedì, mentre per quella di Cuneo la misura scatterà da mercoledì 14, alla luce del decreto che, per i territori con una incidenza superiore a 250 casi su 100mila abitanti, prevede misure più restrittive fino al rientro sotto la soglia di allerta. La conferma è arrivata oggi durante la riunione convocata dalla Regione con gli epidemiologi e gli esperti dell’Unità di crisi. L’analisi tecnica dell’andamento epidemiologico indica che il valore dell’incidenza, ovvero il numero di persone contagiate su 100mila abitanti, è già sceso in queste ore sotto la soglia di allerta di 250 casi nel Torinese (alla rilevazione di oggi 226.9) e lo stesso con elevata probabilità accadrà prima di mercoledì 14 aprile per Cuneo, la cui provincia ha al momento un’incidenza di 261.6. Ma il balletto sulle date delle riaperture non è andato giù alle associazioni di categoria. «I servizi alla persona e le nostre imprese stanno applicando i protocolli anticovid e sono attività sicure. Siamo delusi e insoddisfatti per questa decisione del Governo di colorare a macchia di leopardo la regione. Le imprenditrici e imprenditori non ci stanno e attendono le risposte», afferma il segretario della Cna Piemonte, Delio Zanzottera. E non solo. La Confesercenti Torino, attraverso il presidente Giancarlo Banchieri, è sbottata: «Ieri abbiamo assistito a un altro incredibile balletto a danno di decine migliaia di commercianti: un comportamento inaccettabile». A tenere sempre banco è il dibattito sulle riaperture. I ristoratori del movimento "Io apro", già sulle barricate da diverse settimane, saranno in piazza lunedì a Roma con l’intenzione di arrivare davanti a piazza Montecitorio. Ma anche il mondo delle palestre, condizionato dall’incertezza, fa sentire la propria voce. Sulle riaperture «non si sa niente, ma nessuno ne parla. Abbiamo un sottosegretario allo Sport (Valentina Vezzali, ndr) che è ormai un fantasma», dice a LaPresse Giampiero Guglielmi, numero uno dell’Anpals, Associazione nazionale palestre e lavoratori sportivi. «Decideranno di aprire a maggio, a giugno? Sappiamo benissimo che in questi due mesi l’attività sportiva non è nel clou. Quindi, saranno due anni di attività perse. Ce ne vorranno almeno altri tre per potersi riprendere per quelle che rimarranno in piedi, perché almeno il 30 per cento delle strutture chiuderà», avverte. «Il 20 per cento delle palestre in Italia ha riaperto sapendo di andare contro il decreto legge, perché è una necessità. Questa percentuale - continua Guglielmi - potrebbe salire sicuramente nei prossimi giorni, anche perché il settore dello sport è quello più danneggiato tra tutte le attività non essenziali».