«Se nella fase della pandemia è stato necessario ricorrere alle udienze a distanza, tale eventualità rimanga una parentesi resasi necessaria nei mesi della pandemia ma, terminata l'emergenza, rappresenti solo un ricordo». A parlare così al Dubbio è il dottor Nello Rossi, già magistrato, direttore della rivista Questione giustizia. «Nell'ambito della giurisdizione prosegue - c'è bisogno di digitalizzare tutto ciò che è possibile e legittimo informatizzare: mi riferisco alle attività a valle e a monte dei procedimenti. Tuttavia, quello che va preservato intatto è il nucleo centrale del processo, che deve continuare ad avere le caratteristiche dell'oralità, dell'immediatezza, deve lasciare spazio alle repliche, al contraddittorio». Una piena convergenza dunque con quanto da sempre ribadisce l'avvocatura.

Diverso è per il processo civile: «Anche in quest'ambito vi sono esigenze di oralità: penso ad esempio al processo del lavoro oppure ai giudizi sulla posizione dei migranti. È però evidente che nei processi più sofisticati e tecnici uno scambio di memorie può essere molto utile e quasi esaustivo». Tuttavia quello dell'informatizzazione resta un problema ma su questo Rossi è ottimista: «Nel Recovery Plan, per quanto concerne il settore della giustizia, non solo vengono garantiti nuovi investimenti e nuove assunzioni ma c'è anche la promessa di assumere nuove professionalità per immettere informatici, tecnici, ingegneri, figure diverse da quelle tradizionali che daranno un impulso alla digitalizzazione e alla complessiva innovazione del sistema giustizia».

La presenza degli avvocati negli uffici giudiziari

Un altro tema di attualità che interessa il mondo dell'avvocatura è senza dubbio quello della presenza degli avvocati nei Consigli giudiziari. L'analisi di Rossi prende in considerazione tre elementi: «Partiamo dal fatto che a mio parere, come detto più volte, le valutazioni di professionalità possono essere rese migliori e più fedeli a due condizioni. La prima: responsabilizzando maggiormente i dirigenti degli uffici che scrivono il primo rapporto sul magistrato. La seconda: rendendo effettivo il diritto di Tribuna degli avvocati nei Consigli giudiziari. Si badi bene che tale diritto deve essere considerato come ' diritto di parlare alla Tribuna', cioè di partecipare attivamente alla discussione, non un semplice ' diritto di stare in Tribuna', presenziando silenziosamente ai lavori». La questione si fa più complessa per quanto concerne il voto: «La questione non è all'ordine del giorno e una scelta di questo genere susciterebbe molte preoccupazioni. Ne indico due: i pubblici ministeri potrebbero trovarsi a dover essere giudicati da loro contraddittori; oppure un avvocato potrebbe, quale captatio benevolentiae, assumere un atteggiamento di piaggeria nei confronti di un magistrato. Al di là di questo ritengo importante valorizzare l'apporto di conoscenza degli avvocati».

A proposito di avvocati, c'è stato apprezzamento per l'ordine del giorno accolto dal governo in merito alla necessità dell'autorizzazione del gip per l’acquisizione dei tabulati telefonici. Su questo punto Rossi mostra delle perplessità: «Mi auguro che se introdotta, questa modalità procedurale non si traduca in un appesantimento della fase delle indagini. Spesso si può avere la necessità di acquisire un tabulato ad horas per lo sviluppo stesso delle indagini. Le faccio un esempio: immagini un’inchiesta su un traffico di stupefacenti durante la quale emerge il cellulare di un soggetto indagato. In quel caso avere immediatamente il tabulato di quella persona può aiutare a individuare la rete dei suoi contatti. Quindi auspico che rimanga l'opportunità di acquisire con la massima tempestività possibile i tabulati su iniziativa del solo pubblico ministero, prevedendo semmai una convalida da parte del gip».

Bene il rafforzamento del rispetto della presunzione di innocenza

Rossi invece accoglie positivamente il recepimento della direttiva europea che rafforza il rispetto della presunzione di innocenza: «Giusto ribadire il concetto», ci dice ancora il direttore di Questione giustizia, che ci partecipa la sua personale esperienza come procuratore aggiunto a Roma per 8 anni: «Io, come tanti altri colleghi, ho partecipato a conferenze stampa, che ritengo siano fondamentali in presenza di misure cautelari, per spiegare le ragioni di tali provvedimenti. Gli arresti segreti e immotivati si fanno solo nelle dittature. Naturalmente io, al pari di altri colleghi, non ho mai presentato i risultati raggiunti come una verità assoluta. Innanzitutto rappresentano risultati di una indagine di parte e, anche quando i fatti fossero evidenti, la loro lettura giuridica da parte del giudice potrebbe essere completamente diversa». Sul ruolo del pm, la cui comunicazione dovrà seguire nuove regole data la direttiva Ue, ci precisa: «È evidente che il pm alla fine delle indagini abbia una storia da narrare, mentre il processo, che verrà dopo, è oggi molto frammentario. Questo complica anche l'operato della stampa che spesso si trova a raccontare solo le indagini e non gli sviluppi del processo. Probabilmente processi più rapidi e scadenzati potrebbero offrire la possibilità di una narrazione altrettanto compiuta». Spesso però il racconto è chiaramente colpevolista da parte dei magistrati requirenti: «È sempre importante fare un richiamo alla presunzione di non colpevolezza e dare ragione della parzialità dei risultati raggiunti che sono elementi di prova da sottoporre al vaglio del dibattimento. Chi, tra i pubblici ministeri, non lo fa, e c'è qualcuno che non lo fa, sbaglia. Però mi lasci dire che la stragrande maggioranza dei magistrati rispetta questa regola aurea, senza rappresentare il proprio lavoro come una verità assoluta o parte di una crociata diretta a debellare fenomeni criminali. Abbiamo un sistema penale improntato al rispetto delle garanzie: osserviamo le regole per lavorare al meglio nell'interesse della giustizia».

D'accordo con la Cartabia: combattere le degenerazioni, preservando il pluralismo della magistratura

Ultimo punto che affrontiamo è quello delle correnti: la ministra Cartabia ha detto che bisogna combattere le degenerazioni, preservando il pluralismo: «Condivido il pensiero della signora Ministro. Le correnti non sono state né sono solo brutali macchine di potere descritte nell'attuale vulgata. Pensi al vasto panorama delle riviste della magistratura: rappresentano un mondo di pensieri e di proposte che sono un riflesso del pluralismo culturale del mondo dei giudici. Perché dovremmo perdere questa enorme ricchezza? Che ci siano state delle degenerazioni, che si debba andare a fondo è innegabile ma non si può rinunciare alla fertilità delle idee e del confronto. I laudatores temporis acti che credono che ci sia stata un'età dell'oro dovrebbero ricordare che anche nel passato i conflitti tra le correnti erano molto aspri e le critiche nei loro confronti non meno dure di quelle attuali».