«L’avvocatura sarà ben lieta di fornire un contributo. Ed è già pronta a farlo». Maria Masi accoglie come un ottimo auspicio l’interesse e la «priorità» riservati da Mario Draghi alla giustizia, in particolare alla giustizia civile. La presidente del Cnf ne parla in un’intervista messa in rete ieri pomeriggio dall’agenzia giornalistica Agi, e offre subito, al premier incaricato, una chiave, che potrà orientare il nascente governo: «Efficacia ed efficienza», la «necessità ed esigenza di digitalizzazione», sono premesse «tutte applicabili a una proposta seria di riforma» e che però vanno «declinate in maniera giusta: dietro numeri e statistiche vi sono sempre le esigenze di tutela dei cittadini».

Ed è un piano di lettura che la massima istituzione forense ha già tradotto in road map per la riforma: lo ha fatto con la “Proposta” sul Recovery plan per la giustizia, inviata nelle scorse settimane al governo e al guardasigilli. Documento basato appunto su quel concetto: l’efficienza deve guardare all’interesse della persona. A maggior ragione, come spiega la presidente del Cnf all’Agi, una riforma complessiva della giustizia «non può intervenire ed esaurirsi solo sul codice e sulle procedure, ma deve mirare a un nuovo e rinnovato approccio al sistema». Un approccio appunto non efficientista ma umanistico.

Masi interviene in un giorno importante, in cui di nuovo Draghi lascia trapelare la necessità di arrivare presto a «processi più veloci» : uno dei primi “virgolettati di programma” direttamente attribuibili all’uomo scelto dal Colle. La giustizia non è in cima all’agenda solo perché lo chiede l’Ue: Draghi fa intendere che sente personalmente il peso della questione. Ed è chiaro come dal Cnf non possano che arrivare «apprezzamento» e «condivisione» nel «verificare che tra le priorità sia indicata la riforma della giustizia civile». Non ci si potrà limitare d’altronde a «colmare le evidenti inefficienze attuali», serve una nuova prospettiva. Ci vorranno «coerenza degli obiettivi, bilanciamento degli interessi» e appunto «digitalizzazione». Il Cnf, ricorda Masi nell’intervista, crede particolarmente in tre direttrici, esposte nella citata “Proposta” per il Piano di ripresa: «Semplificazione del quadro normativo esistente, organizzazione della giustizia, anche di tipo manageriale» e attenzione al «problema, mai trascurabile ma spesso trascurato, dell’accrescimento delle competenze per gli operatori del settore». Di fronte ai «problemi atavici» della giustizia civile, a cominciare dallo «smaltimento dell’arretrato» e dai «tempi mediamente lunghi dei processi», sono necessari, ricorda la presidente del Cnf, «investimenti funzionali e allocazione di risorse anche umane». Un progetto organico, complessivo, non banale: di fronte a una prospettiva del genere, assicura dunque Masi, «l’avvocatura sarà ben lieta di rinnovare le sue proposte al nuovo governo e la disponibilità a fornire un contributo».

L’OCF: NON SI DIA ASCOLTO SOLO AI MAGISTRATI

Il progetto deve essere organico e contemplerà anche operazioni di microchirurgia. A riproporre il cahier de doleance della giustizia è stato ieri l’Organismo congressuale forense. Che ha diffuso un comunicato- appello a Draghi per chiedere di essere «convocato» in modo da «parlare di riforme». Nel sollecitare un incontro, l’Ocf lamenta una asimmettria strutturale fra avvocatura e magistratura: «Lungi dal voler innescare una polemica sterile», ricorda il coordinatore dell’Organismo, Giovanni Malinconico, «non possiamo non tenere a mente il fatto che, ad esempio, in tutti i ministeri, non solo in quello della Giustizia, sono oltre 200 i magistrati distaccati. Un fenomeno che inevitabilmente condiziona», dice Malinconico, «da un punto di vista tecnico le scelte della politica. Ci piacerebbe che, nella fase della programmazione, la voce dell’avvocatura fosse parimenti ascoltata nelle sedi in cui si decidono gli indirizzi politici da imprimere alla macchina dello Stato».

Anche secondo l’Organismo congressuale forense «una riforma organica della giustizia» deve recuperare «la civiltà della tutela dei diritti, soprattutto rispetto alle esigenze delle fasce più deboli della società, in questo momento storica di grande sofferenza». Non serve «andare avanti con interventi tampone che non risolvono nulla o magari con provvedimenti estremamente divisivi come la riforma della prescrizione. Ben altre», dice ancora Malinconico, «sono le strade da intraprendere. La digitalizzazione della giustizia, resa necessaria dalla pandemia, avrebbe potuto rappresentare», ad esempio, «una svolta del sistema, snellire una burocrazia lenta e farraginosa, se non fosse stata colta», invece, «solamente come occasione per allontanare avvocati e utenti dagli uffici giudiziari, divenuti così ancor più inaccessibili». Ocf ricorda anche «la condizione di grande difficoltà economica dell’avvocatura italiana, la cui indipendenza e autonomia, anche economica, sono un baluardo imprescindibile della democraticità del nostro sistema di tutele». Tema che pure ha fatto ingresso, seppur indirettamente, nelle consultazioni, con il richiamo all’equo compenso e a un fisco più giusto per i professionisti» contenuto nel documento programmatico lasciato ieri a Draghi dal Pd.

Di sicuro la giustizia sarà una partita decisiva. E forse il cambio del terreno di gioco e del principale protagonista farà in modo, come auspica Maria Masi, che si dia ascolto e valore alla prospettiva messa sul tavolo dall’avvocatura.