Un processo mediatico. Una gogna durata otto anni, per aver assunto il personale a chiamata diretta. L’incubo di 13 ex consiglieri regionali del Lazio finisce con un’assoluzione piena. L'ottava sezione collegiale di Roma ha fatto cadere mercoledì scorso le accuse, con la formula perché il fatto non sussiste, per l'ex capogruppo del Pd ed attuale sindaco di Fiumicino, Esterino Montini, per l'attuale senatore del Pd, Bruno Astorre, per l'attuale deputato Pd Claudio Mancini, per vicesegretario del Pd Enzo Foschi, Marco Di Stefano e Claudio Moscardelli e altri consiglieri. L'indagine riguardava fatti che risalgono al periodo compreso tra il 2010 e il 2013. «Che vita è se per un avviso di garanzia o un rinvio a giudizio ci si deve dimettere?», ha dichiarato Astorre, che ha ricordato la gogna subita, i titoli dei giornali e le accuse degli avversari politici. Anche da parte del M5s, oggi alleato del Pd e alle prese, esso stesso, con le indagini a carico dei propri amministratori. Come Virginia Raggi e Chiara Appendino, quest’ultima condannata per i disordini in piazza San Carlo. «Se fossi stato un sindaco avrei firmato anche io in sua difesa», ha sottolineato Astorre, in un lungo intervento su Facebook, col quale ha contestato i tempi del processo, lunghi in maniera irragionevole, nonostante «io non abbia messo messo in atto alcuna tecnica dilatoria». Ma nonostante ciò di Astorre e gli altri hanno dovuto attendere quasi un decennio per poter avere una sentenza. Il senatore dem lo ha annunciato in diretta: si batterà per una giustizia più giusta. Anche contro la riforma della prescrizione voluta dagli alleati del suo partito. Ma non solo: il senatore ha anche sottolineato la barbarie della gogna mediatica, gli attacchi subiti a mezzo stampa anche da parte di grandi firme, «che hanno costruito una carriera» sulle vicende giudiziarie a carico degli altri, ribadendo che «un avviso di garanzia non può essere percepito come una condanna». Un appello al mondo dell’informazione nel quale lo stesso Astorre crede poco: da domani, ha sottolineato, toccherà a qualcun altro subire la stessa tortura mediatica, fino a sentenza passata in giudicato e anche oltre.

Astorre ha descritto i dieci anni sotto processo come un periodo di tempo lungo e difficile, tale da precludere possibilità e occasioni, ma anche capace di deteriorare i rapporti umani. «Non è stata tanto dura difendersi nel processo - ha sottolineato -, anche se sono stati 8 anni, con un dispendio economico anche importante». L’aspetto più grave, ha sottolineato, sono stati «gli attacchi mediatici, gli avversari scatenati, la freddezza da parte della comunità, la stampa scatenata». Ed è stato durissimo, ha sottolineato, far riportare la notizia dell’assoluzione, una difficoltà inversamente proporzionale alla facilità con la quale, una volta ricevuto l’avviso di garanzia, è stato «condannato» dal tribunale della stampa, che non ha risparmiato epiteti e facili slogan. «Se si viene rinviati a giudizio - ha evidenziato - allora si va incontro ad una condanna eterna e del processo non frega più niente a nessuno. Mi batterò sempre contro questa situazione, perché chi fa l’amministratore pubblico può sempre finire in vicende giudiziarie» . Non c’è stato, dunque, alcun illecito nelle nomine dei collaboratori assegnati al gruppo consiliare del Pd e ai singoli consiglieri negli anni 2011/ 2012. Tutto legale, tutto tracciato, tutto secondo legge. «Nel corso dell’istruttoria dibattimentale - ha evidenziato Astorre - è stata dimostrata l’assoluta infondatezza del reato di abuso d’ufficio contestato anche al sottoscritto, allora vice presidente del Consiglio Regionale, come sostenuto dall’avvocato Alicia Mejía Fritsch che ringrazio. Con questa sentenza il Tribunale riconosce che la nomina dei collaboratori del gruppo è di natura fiduciaria». I collaboratori potevano infatti essere assunti direttamente dal gruppo consiliare e la legge, contrariamente a quanto sostenuto dalla Procura, non prevedeva l’obbligo di ricorrere al personale interno della Regione o della Pubblica Amministrazione.

Soddisfatto anche l’ex senatore ed attuale sindaco di Fiumicino Esterino Montino. «Sono sempre stato fiducioso - ha evidenziato in un post su Facebook -, ma non nascondo che ho aspettato con ansia la conclusione di questo processo durato tanti anni. La sentenza ha ristabilito l'ordine vero delle cose: il gruppo di allora del Pd alla Regione Lazio aveva solo fatto il proprio dovere lavorando in totale trasparenza e onestà. Mi hanno amareggiato le tante polemiche, anche molto velenose che, purtroppo, sono nate anche al nostro interno e che qualcuno ha pensato di utilizzare per farsi spazio nel partito. Ringrazio l’avvocato Antonio Andreozzi per l’eccellente lavoro svolto fino ad oggi. Ora si apre una fase nuova, per me e per la mia famiglia che si libera di un peso portato per tanto tempo. Continuerò a lavorare con la passione e l'onestà che hanno sempre guidato la mia azione politica e di amministratore» .